Non nascere bella, ma utile.

Ginevra fissò il marsala nel bicchiere mentre Donatella sbuffava attraversando la trattoria. “Ginè, ma sei uscita di senno?” appoggiò il bicchiere con forza sul tavolino di marmo. “Quello ti tratta come uno zerbino! Per lui esisti solo quando fa comodo!”

“Cara, non capisci,” replicò Ginevra, stanca. “Sandro è impegnato, ha gli affari, riunioni su riunioni. Ci vediamo quando trova tempo.”

“Che vadano a farsi benedire, gli affari!” esclamò Donatella, il collo arrossato. “Hai trentasei anni! Fino a quando farai l’aeroporto di riserva?”

Ginevra aggrottò la fronte. Donatella, sempre diretta come un treno. E aveva ragione, ma una ragione che feriva.

“Che mi resta?” bisbigliò, oltre la vetrina affacciata su una viuzza romana. “Le belle sono tante, io… comune. Almeno sono pratica. Niente scenate, pretese, capricci.”

“Santo cielo, ascoltati!” Donatella le strinse il polso. “‘Pratica’? Che sei, uno straccio? Hai la laurea, un buon posto, casa tua! Sei intelligente, buona, leale…”

“Ma non bella,” interruppe Ginevra con amarezza. “Gli uomini scelgono prima con gli occhi, lo sai.”

Donatella ripiombò sulla sedia, scuotendo il capo sconvolta. Vent’anni d’amicizia, e ancora Ginevra non vedeva il proprio valore. Dagli anni dell’università: sempre nell’ombra delle più appariscenti, pronta a cedere, compiacere, farsi da parte.

“Ricordi Enrico dell’università?” chiese improvvisa Ginevra.

“Certo,” rispose Donatella, guardinga. “Perché?”

“Mi piaceva da morire. Tre anni dietro a lui, appunti, aiuti per gli esami. Lui neanche mi vedeva. Poi arrivò quella… Serena Rossi, e subito la prima a corteggiare.”

“Ma è stata una vita fa!” alzò le mani Donatella.

“Per me è ieri,” sorrise triste Ginevra. “Capii la regola: le belle hanno tutto subito, le altre devono rendersi utili. Comode.”

“Ginè, ma Enrico finì alcolizzato! E Serena quante storie? Tre matrimoni falliti! Dove sono loro, e dove sei tu?”

“Loro vivono,” sussurrò Ginevra. “Io mi adatto.”

Squillò il telefono. Ginevra guardò lo schermo e si illuminò.

“Pronto? Sandro? Sì, son libera. Certo, arrivo. Tra un’ora? Bene, t’aspetto.”

Donatella osservò sgomenta la trasformazione di Ginevra: un’entusiasmo infantile, pronta a correre al primo cenno.

“Ginevra, non andare,” supplicò a bassa voce. “Digli che sei impegnata.”

“Non posso,” già Ginevra infilava la borsa. “Ha un paio d’ore fra due appuntamenti. Non ci vediamo da tanto.”

“Cinque giorni!”

“Tanto,” ripeté ostinata, alzandosi.

Donatella rimase sola, seguendo col pensiero l’amica che spariva in strada. Quando era accaduto? Quando quella donna intelligente, capace, era diventata un accessorio nella vita altrui?

Un tempo era diverso. All’università, Ginevra, pur senza eclatare, era l’anima del gruppo. Battute, gite, aiuto per gli esami. I ragazzi la volevano bene – non come donna, ma come amica fraterna. “Gin-frate”. E lei ne era fiera.

Dopo la laurea, economista in un’azienda seria, rapidi avanzamenti. Casa a Roma, auto. I genitori felici: la figlia realizzata. Solo l’amore, quello non decollava.

La prima storia seria a ventotto: Andrea, collega. Quieto, affidabile. Ginevra felice: un uomo che la apprezzava, non per la bellezza ma per l’indole, l’animo.

Due anni assieme. Cominciava a pensare al vestito bianco. Poi Andrea conobbe la nuova arrivata – giovane, carina, fresca di studi.

“Vedi, Ginè,” aveva tentato, imbarazzato, “tu sei meravigliosa, ma con Carlotta… è diverso. Passione, fuoco…”

“Con me sei tranquillo, vero?” aveva chiesto Ginevra. “Comodo?”

“Ebbene… sì,” ammise. “Troppa tranquillità.”

Fu allora che Ginevra capì definitivamente: la bellezza dà la passione, la comodità solo abitudine. E l’abitudine, prima o poi, stanca.

Dopo Andrea, altre storie. Stesso copione: uomini comparivano nei momenti bui – divorzi, licenziamenti, malattie. Ginevra curava, sosteneva. Poi, rimessi in sesto, ecco una bella a portarli via.

“Ginevra, sai,” spiegò l’ultimo di loro, “con te sto bene, ma manca… ecco… la scintilla.”

Capiva. Fin troppo.

Poi venne Sandro. Imprenditore, divorziato, figlia adolescente. Caso: Ginevra lo aiutò coi conti fiscali, lui era negato.

“Grazie per il salvataggio,” disse. “Sei una vera professionista. E una brava persona.”

“Una brava persona,” ripeté mentalmente Ginevra. Di nuovo. Non donna, non bellezza – persona. Buona, utile, comoda.

Quando Sandro propose un altro incontro, non di lavoro, il cuore di Ginevra sussultò. Forse quest’avrebbe visto la donna in lei?

Il primo appuntamento fu bello. Sandro conversatore brillante, attento. Parlava degli affari, dei progetti, persino della figlia Vitt
E finalmente comprese che il valore di una donna non risplende nell’essere accomodante come un mobile antico, ma nel farsi spazio vitale con le proprie radici, perché la felicità germoglia solo quando smetti di adattarti al vaso altrui e scegli di crescere nel tuo giardino.

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