Elena lo incontrò per caso — nel sottopassaggio della stazione di Milano, dove l’aria era impregnata di umidità, odore di caffè economico, melodie di strada e passi frettolosi. Lui era lì, appoggiato a un muro scrostato, con una chitarra tra le mani, e cantava. Non forte, non per la folla, ma in un modo che ti trapassava il cuore. Cantava come chi non ha più paura di essere ascoltato o dimenticato. Cantava per sé, ma la sua voce, come un filo, si aggrappava al rumore della gente, la trovava, si stampava nella memoria. E lei lo riconobbe all’istante.
Una voce del passato.
Una voce che un tempo faceva battere il suo cuore più veloce, le notti sembrare infinite e le speranze ardere come le candele che accendeva da sola. Una voce che aveva cercato di soffocare per anni, ma che viveva ancora in lei, nascosta in un angolo della memoria dove tutto suona troppo chiaro, troppo doloroso.
Luca.
Indossava la stessa giacca — nera, consumata dal tempo, come un vecchio compagno dei suoi viaggi. I capelli più lunghi, la barba più folta, e negli occhi quella stessa scintilla inafferrabile, come se fosse sempre in cammino, a metà strada verso qualcosa di indefinibile. Si bloccò. Tirò fuori il portafoglio. Cercò qualche moneta. Le lasciò cadere nella custodia aperta della chitarra, e il tintinnio fu come l’eco del loro passato.
Non alzò subito lo sguardo. Quando lo fece, non sembrò sorpreso. Solo annuì, come se si fossero visti il giorno prima, come se il tempo non avesse fatto a pezzi le loro vite.
«Ciao,» disse piano. «Sei sempre la stessa.»
Lei sorrise amaramente:
«Tu invece sei cambiato.»
«La vita,» scrollò le spalle, e in quel gesto c’era tutta la sua storia. «A qualcuno lascia il volto, a qualcuno solo le canzoni.»
«E a te cosa ha dato?»
«La strada. E una dozzina di canzoni che non interessano a nessuno.»
Sorrise, ma nei suoi occhi non c’era più quella sfacciataggine che un tempo la faceva cadere. Nella canzone che stava finendo, si sentivano note di treni, di addii, dell’impossibilità di tornare indietro.
«Canti ancora?» chiese lei, anche se conosceva già la risposta.
«Ora canto soltanto,» rispose, e nella sua voce c’era una leggerezza che non ricordava. «È più onesto. Nessuno mi chiede perché. Nessuno si aspetta che diventi qualcun altro.»
«E ti basta?»
«Adesso sì. Prima correvo sempre dietro a qualcosa di più grande. Ora semplicemente vivo.»
Tacquero. La folla scorreva accanto a loro, la città rumoreggiava, ignara del filo sottile e fragile che un tempo li aveva legati. Che lei l’aveva aspettato sotto il lampione di casa, scritto lettere che lui non aveva letto, chiamato nel vuoto. Che lui era scomparso, senza una parola, senza una traccia. Se n’era andato, come se lei non fosse mai esistita.
«Non potevo fare altrimenti,» disse all’improvviso, guardando da un’altra parte. «Non mi giustifico. Ero vuoto. A pezzi.»
«E adesso?»
Guardò le sue mani, le corde della chitarra. Le sfiorò con un dito, e risuonarono piano, come l’eco di qualcosa di lontano.
«Adesso almeno canto. E non scappo più. È già qualcosa, no?»
Lei annuì. Lentamente, con cautela. Dentro di sé qualcosa si mosse — non dolore, non rabbia, ma qualcosa di morbido, quasi senza peso. Come se una vecchia melodia avesse ricominciato a suonare, ma senza trascinarla indietro, senza farla piangere. Nel petto sentiva una risposta leggera, senza quel peso che l’aveva oppressa per anni.
«Devo andare,» disse. «Mi aspettano.»
Non la trattenne. Solo le chiese, quasi sussurrando:
«Un caffè? Così, senza pensieri. Come una volta. Senza passato. Senza promesse.»
Lei lo guardò. Il sottopassaggio, la chitarra, gli occhi in cui viveva ancora il vento dei viaggi. Era sempre stato così — in movimento, un passo più in là, anche quando era accanto a lei.
«Non oggi, Luca,» rispose. «Grazie. Non bevo più “solo un caffè”. Diventa sempre qualcosa di più.»
E se ne andò. Passo dopo passo, sempre più decisa. Senza voltarsi. Come se ogni passo lasciasse indietro non lui, ma la se stessa che aveva atteso, sperato, creduto.
Dinanzi a lei, la frenesia degli appuntamenti, il lavoro, una serata tranquilla con un libro. La vita che non si ferma. Che va avanti, senza voltarsi, senza pause.
A volte le persone tornano. Non per restare. Ma per ricordarci che siamo già andati via. E che era la cosa giusta.
Se ne andò. E finalmente si sentì libera.