**La vita è un attimo, e può sfuggire**
“Giulia, vuoi diventare mia moglie?” Matteo, rosso fino alle orecchie, allungò a Giulia una scatolina di velluto. Erano seduti in un accogliente bar dove profumava di cornetto appena sfornato e una musica soft riempiva laria. I suoi occhi brillavano di speranza, e le labbra tremavano leggermente per lemozione. Vedendo lesitazione della ragazza, aggiunse:
“Dai dimmi di sì. O?”
Giulia, che fino a quel momento sorrideva serena, si fece seria e unombra di fastidio le attraversò il viso. Allontanò il bicchiere di spumante e sospirò:
“Matteo, mi dispiace, ma non posso!”
“Come non puoi? Perché?” lui sbottò. “Pensa, siamo insieme da cinque anni. Luniversità è finita. Abbiamo un buon lavoro, una casa. Perché non ufficializziamo? Non vuoi che diventiamo una famiglia?”
Giulia scrollò le spalle:
“Matteo, capiscimi, non mi sento pronta! Voglio vivere per me stessa. Tutte quelle gioie domesticheminestrone, pannolini, visite ai parenti la domenicanon fanno per me ora! Voglio vedere il mondo, uscire con gli amici, fare quello che mi piace. Sono giovane, ho tutta la vita davanti! Non voglio legami adesso!”
“Quindi per te sono un peso?” chiese lui, ferito.
“Ma no, non è così! Ho solo altre priorità! E poi, stiamo male così, senza un timbro sul passaporto? Limportante è lamore, no?”
Ma nel cuore di Matteo ribolliva già lindignazione:
“Altre priorità? Credevo avessimo gli stessi obiettivi! Invece vuoi ancora fare la farfallina, come la cicala nella favola!”
“Ah, ecco! Io sono la cicala, e tu il formicotto perfettino che decide per tutti? Non ti importa nulla di quello che voglio io? Vaffanculo!”
La pretendente mancata si alzò di scatto e corse fuori dal bar, lasciando Matteo a bocca aperta.
Furiosa, sfrecciò per le strade di Roma finché non raggiunse un parco. Si lasciò cadere su una panchina, il rancore che le bruciava dentro come lava pronta a esplodere.
«Ma chi si crede di essere? Decide tutto lui! Non abbiamo nemmeno trentanni, e lui vuole già chiudermi in una gabbia di routine?»
Così immersa nei suoi pensieri, non notò la donna che le si sedette accanto. Fu lodore acre a farla sobbalzare. Una mendicantesporca, vestita di stracci, lo sguardo spento.
“Posso prendere?” indicò una bottiglia vuota sotto la panchina.
Giulia, ancora arrabbiata, la fulminò:
“Ma perché non cerchi un lavoro? Hai braccia e gambe, potresti fare qualcosa!”
Di solito era empatica, ma in quel momento voleva solo sfogare la rabbia che le torceva lo stomaco.
La donna annuì:
“Vorrei, ma chi mi assume? Con questo aspetto”
“E di chi è la colpa?”
“Di nessuno!” rise la donna, frugando in una tasca dei suoi pantaloni lisi. Tirò fuori una sigaretta mezzo fumata, ma poi la rimise via. Interpretando il silenzio di Giulia come un invito a continuare, disse:
“Mi chiamano Mara la Senzatetto. Se non fossi stata così stupida da giovane, forse ora non sarei qui. Magari avrei nipotini, farei le conserve per linverno, stiro le camicie a mio marito. Anche io ero bella come te!” tossicchiò. “Da giovani si pensa che il mondo sia ai nostri piedi, che tutto sarà sempre così. Invece”
“E poi?” chiese Giulia, ormai incuriosita.
“Poi niente. Cercavo il principe azzurro, mi divertivo come una pazza. Finché non incontrai un belloccio che mi riempì di chiacchiere. Mi abbagliò così tanto che non vidi quando mi rubò lappartamento che lo Stato mi aveva dato come orfana. Poi mi lasciò per strada come un oggetto rotto. Nessuno mi difesechi lo fa per una senza famiglia e reputazione? E quel bravuomo che mi amava, Marco si è sposato con unaltra. Figli, una bella casa. Una volta li ho visti al mercato. Mi sono nascosta, troppo vergogna. Quella potevo essere io”
Mara tacque, fissando il vuoto. Poi conclume:
“Ecco, ragazza. Non sprecare le occasioni che il destino ti offre. Corri dietro ai sogni, e il vero amore ti sfugge. La felicità è nelle piccole cose, mica nei principi azzurri!”
Si alzò e se ne andò senza salutare, infilando la bottiglia in tasca.
Giulia rimase a fissare il vuoto, poi un pensiero cinico le attraversò la mente: «Questa si è fatta fregare perché è stata ingenua. Io non sono così stupida!»
Si alzò e si incamminò verso casa, lumore nero. Il racconto di Mara le aveva sporcato i sogni come fango. Per scrollarsi di dosso quella sensazione, accelerò il passoe non vide il semaforo rosso. Un motociclista la investì di lato.
***
In ospedale, lodore di disinfettante si mescolava a quello delle arance che la vicina di lettoingessata a un braccioaveva condiviso.
“Mi piace quando la stanza profuma di agrumi!” disse allegra. “Ecco, per te!”
Poi, vedendo Giulia svegliarsi:
“Ah, la novella è tornata tra noi! Come stai?”
“Bene solo la gamba duole.”
“Be, non saltare più sotto le ruote!” rise la donna, indicando il gesso. Poi indicò la tavolinetta: “Che marito premuroso! Ti ha portato di tutto!”
“Chi?”
“Il tuo Matteo! È rimasto tutta la notte. Poi è corso al lavoro, ma è tornato con altra roba.”
Giulia non credeva alle sue orecchie. Forse lincidente le aveva cancellato la memoria? Ma no, impossibile!
La sera, Matteo riapparve con altro cibo e prodotti igienici.
“Come stai?”
“Così così”
“Sei andata in bagno?”
“Cosa?!”
“Il dottore dice che lo stress può bloccare lintestino. Vuoi che ti aiuti?”
“Assolutamente no!”
Per una settimana, Matteo tornò ogni giorno per assisterla. Finalmente, Giulia osò chiedere:
“Perché tutti ti chiamano mio marito?”
Lui sorrise triste:
“Altrimenti non mi avrebbero fatto entrare. Ma non preoccupartiappena guarisci, ti lascio in pace. È quello che vuoi, no?”
Giulia lo guardò come se lo vedesse per la prima volta. E capì che non voleva guarire mai, pur di non perderlo.
“Matteo, perdonami. Sono stata una stupida. Ma ora non voglio che te ne vada. Sposami, va bene? Prometto che sarò una brava moglie!”
P.S. Che nella vita ci sia sempre spazio per storie, bontà e piccoli miracoli. Buona giornata a tutti!




