Non piange, non aspetta, non si rattrista.
Il marito di Marisa è sempre stato un uomo pacato, tranquillo, gentile. Anche ventitré anni fa, quando le chiese di sposarlo, era lo stesso.
Una sera d’estate, come al solito, passeggiavano fuori dal paese, vicino al fiume. Lui si fermò all’improvviso, le prese le mani e le sussurrò:
“Marisina, voglio unire le nostre vite. Dobbiamo stare insieme, è destino.”
La guardava con calma, sicuro che non avrebbe rifiutato. La ragazza arrossì per la felicità, il cuore le batteva forte:
“Sì, sì, Claudio mio, lo farò. Ti sposerò.”
Entrambi erano felici.
“Costruirò una casa nuova per noi,” le disse. “Mio padre mi aiuterà. Abbiamo già scelto il posto, vieni te lo mostro.”
Camminarono tenendosi per mano, fermandosi sotto un grande ciliegio.
“Eccolo qui. Dovremo togliere questo albero, ormai è vecchio, potrebbe cadere sulla casa. Se vuoi, ne pianteremo uno nuovo.”
“Che bello, Claudino! Dalle finestre si vedrà il fiume.”
Dopo il matrimonio, vissero con i genitori di lui, ma presto la casa fu pronta. Claudio continuò a costruire anche un’altra ala, con un ingresso separato.
“Questa è per i nostri figli. Magari qualcuno di loro resterà qui in paese. Meglio che abbiano un’entrata propria.”
“Che uomo previdente che sei!” rideva Marisa, sempre d’accordo con lui.
Non ebbero molti figli, ma una sola figlia. La crebbero con amore, finché non entrà all’università e li lasciò di stucco:
“Mamma, papà, non contate su di me. Non resterò qui. Voglio vivere in città, e c’è già Romolo che mi aspetta.”
Quell’ala della casa rimase vuota. Marisa la puliva, lavava le finestre, ma Claudio non ci entrava mai. La loro metà era spaziosa, accogliente. Vivere soli andava bene. La figlia studiava, e in ventitré anni di matrimonio, Claudio non aveva mai alzato la voce né fatto soffrire Marisa. Tutti nel paese li rispettavano.
Ma due giorni fa, quel marito pacato e gentile tornò dal lavoro e le disse:
“Marisa, è difficile dirtelo, ma la nostra vita insieme è giunta alla fine. Sai com’è, dopo vent’anni l’amore a volte svanisce. Io… ho conosciuto un’altra donna. Ti ringrazio per tutti questi anni. Non abbandonerò Dania, pagherò l’università. La casa resta a te e a lei.”
Continuò a parlare, ma Marisa scivolò sul divano, il cuore in gola, sentendo solo a tratti le sue parole. Poi lo vide prendere una valigia, già pronta, e uscire in silenzio.
Le lacrime arrivarono dopo.
“Perché proprio a me? So che capita a tanti, ma non credevo sarebbe successo anche a noi. Dove ho sbagliato? Vorrei svegliarmi e scoprire che è un incubo.”
Per una settimana, forse più, sperò che tornasse. Ma no. Non cercò neanche di sapere dove fosse andato. Col tempo si calmò, ma ogni tanto pensava:
“Che beffa del destino. Prima mi ha dato un marito, poi me l’ha portato via. Ora sono sola. Lui forse mi ha già dimenticato, ma io no. Pazienza, Dio lo perdoni.”
Non piangeva più, ma ogni tanto la assalivano i ricordi. A volte guardava fuori dalla finestra e rifletteva:
“Claudio è là fuori, ha trovato un altro amore. È stato come un fulmine a ciel sereno. Lui che non era mai stato un donnaiolo… e invece.”
Passarono sei anni. Il rancore svanì, anche se non credeva che il tempo guarisse tutto. Ormai aveva cinquant’anni, ma era ancora bella. Dania sposò un ragazzo di città e le diede un nipote, che però vedeva raramente.
Una sera, dopo il lavoro, Marisa beveva un tè nel giardino. Entrò la vicina Natalia, un’infermiera, e cercò di tirarle su il morale.
“Ciao, perché quella faccia?”
“Non lo so, mi è venuta malinconia.”
“Beh, io ho una notizia!” esclamò Natalia, con un sorrisoioso.
“E cioè?”
“Vedo come curi il giardino… tutte queste rose! Ma quasi nessuno le ammira.”
“Natalì, vieni al punto. Non sei qui per parlare di fiori.”
“Già. Allora… sai che il dottor Stefano è andato in pensione? Al suo posto arriva un nuovo medico, anche lui Stefano, ma si chiama Oliviero. Gli hanno promesso una casa, ma deve aspettare un mese. Gli ho detto che potrebbe stare da te.”
“Da me? Perché proprio io?”
“Hai quattro stanze vuote! Se tua figlia non vuole vivere con te, almeno che ci sia qualcun altro!”
“Non voglio inquilini.”
“Troppo tardi, Marì. Arriva tra un’ora,” rise Natalia. “Andiamo a preparargli la stanza.”
Marisa sospirò, ma si alzò e la seguì. Poco dopo, un uomo alto ed elegante entrò nel cortile.
“Buonasera. Sono Oliviero Stefano, ma mi chiami pure Oliviero,” le disse, porgendole una mano calda.
“Marisa,” rispose, stringendogliela.
L’inquilino le piacque. Era più giovane di lei di cinque anni, e per un attimo le sfiorò un pensiero folle.
“Se fossi più giovane… ma ho cinquant’anni,” si ripeté, scacciando l’idea.
Presto presero l’abitudine di bere in giardino insieme. A volte Natalia si univa a loro, ma per poco. Marisa notò lo sguardo ammirato di Oliviero.
“Non è possibile,” pensava. “Sarà la solitudine che mi fa vedere cose. Eppure capiamo cose che altri non capirebbero.”
Oliviero parcheggiava l’auto in cortile, e un fine settimana propose:
“Andiamo in città? Cinema, caffè… siamo giovani e liberi, no?”
“Perché no?” rispose lei, sapendo che lui era divorziato.
Quel giorno fu perfetto. Tornarono felici, e il weekend dopo ripeterono l’esperienza. La gente mormorava:
“Marisa si è trovata un bel inquilino! Peccato sia più giovane… chissà quanto dura.”
Una sera, chiacchierando, Marisa gli chiese:
“Oliviero, dimmi… un uomo come te, perché è solo?”
“Mi sono sposato tardi. Prima gli studi, poi il lavoro al Nord. Volevo mettermi alla prova. Lì sposai un’infermiera, ma durò solo quattro anni. Beveva troppo, diceva che così si scaldava. Io capii che era malata. Poi mi trasferii qui.”
“E perché un paese?”
“Volevo una nuova sfida. E forse… sapevo che tu eri qui, sola,” rise lui.
Un silenzio improvviso, poi entrambi sorrisero.
“Marisina, sposami. Siamo fatti l’uno per l’altra.”
“Lo sento anch’io, ma ho cinquant’anni…”
“Quattro e mezzo in più, non è niente. Io mi sento più vecchio di te, e tu sei bellissima. L’aria di campagna ti fa bene,” la rassicurò.
“Allora… sì.”
Trascorsero tre anni felici. A volte Marisa ringraziava persino Claudio per averla lasciata. Un giorno, un’auto si fermò davanti al cancello. Ne scese un uomo invecchiato, con i capelli grigi. Era Claudio.
Entrò in cortile, guardandosi intorno. MarGuardò Claudio salire in macchina e allontanarsi, poi si voltò verso la casa, dove Oliviero la stava aspettando con un sorriso, pronto a riempire i suoi giorni di una felicità che, ormai, sapeva di aver meritato.