Non piange, non aspetta, non si tormenta
Il marito di Donatella è sempre stato controllato, tranquillo, calmo ed educato. Ettore era esattamente così ventitré anni fa, quando le chiese di sposarlo.
Una tipica sera d’estate, passeggiavano fuori dal paese vicino al fiume quando lui si fermò improvvisamente, le prese le mani e sussurrò:
«Donatellina, ti propongo di unire le nostre vite. Dobbiamo stare insieme, è destino.»
Ettore la guardava sereno, certo che non avrebbe rifiutato. Sapeva che lei lo amava. La ragazza arrossì dalla felicità, il cuore le batteva forte:
«Sì, sì, Ettorino, sì. Ti sposerò.»
Erano entrambi felici.
«Costruirò una nuova casa per noi», disse lui. «Mio padre mi aiuterà. Abbiamo già scelto il posto, vieni, te lo mostro.»
Camminarono tenendosi per mano e si fermarono sotto un enorme ciliegio selvatico.
«Ecco qui. Dovremo tagliare quest’albero, è vecchio e un giorno potrebbe cadere sulla casa. Se vuoi, ne pianteremo uno nuovo.»
«Fantastico, Ettorino, dalla finestra si vedrà il fiume.»
Dopo il matrimonio, vissero con i genitori di lui, ma presto la casa fu pronta. Ettore continuò a costruire l’altra metà dell’abitazione, con un ingresso separato.
«Questa è per i nostri figli. Magari uno di loro vorrà vivere qui nel paese. Che abbiano il loro spazio.»
«Che previdente che sei», rideva Donatella, approvando il marito.
Non ebbero molti figli, solo una bambina. La crebbero con amore, finché non si iscrisse all’università e sconvolse i genitori:
«Mamma, papà, non contate su di me. Non resterò qui. Voglio vivere in città, e ho anche un ragazzo, Roberto.»
Così, l’altra metà della casa rimase vuota. Donatella la puliva, lavava le finestre, ma Ettore non ci entrava mai. Nella loro parte c’era spazio a sufficienza, tutto era ordinato e accogliente. Donatella e Ettore vivevano soli, la figlia era all’università. In ventitré anni di matrimonio, lui non aveva mai alzato la voce né fatto del male a Donatella. Sempre calmo, rispettato da tutti nel paese.
Poi, due giorni fa, quel marito gentile e silenzioso tornò dal lavoro e le disse:
«Donatella, è difficile dirtelo, ma la nostra vita insieme è giunta al termine. Sai com’è oggi… dopo vent’anni l’amore svanisce. Ho incontrato un’altra donna, ma ti sarò sempre grato per tutto. Non abbandonerò Sofia, la aiuterò a finire gli studi. Non preoccuparti per i soldi, la casa resta tua e sua.»
Ettore continuò a parlare, ma Donatella si sedette sul divano, le tempie che pulsavano, ascoltando distrattamente. Poi sentì:
«Mi dispiace.»
E lui uscì con una valigia, l’aveva preparata in anticipo. La porta si chiuse alle sue spalle.
Donatella pianse.
«Perché è successo proprio a me? So che capita a molti, ma non credevo potesse accadere anche a noi. Dove ho sbagliato? Vorrei chiudere gli occhi e credere che sia un incubo. Ma quando li riapro, lui se n’è andato per sempre.»
La prima settimana, forse più, sperò che tornasse. Ma non accadde. Non sapeva dove fosse andato, né con chi, e non le importava. Passò il tempo, si calmò, anche se a volte pensava:
«Cos’ho fatto per meritarmi questo? Prima mi ha dato un marito, poi me l’ha portato via. Ora devo abituarmi a stare sola. La nostra vita è cancellata, forse lui mi ha già dimenticato, ma io no. Pazienza, vada per lui.»
Non piangeva più, ormai. Ma ogni tanto i pensieri sul passato tornavano. Guardando fuori dalla finestra, rifletteva:
«Ettore è chissà dove, ha trovato un altro amore. Per me è stato un fulmine a ciel sereno. Non era mai stato un tipo allegro o donnaiolo, non me l’aspettavo da lui. Eppure…»
Trascorsero sei anni. Il risentimento si era affievolito, anche se non credeva che il tempo guarisse tutto. Ora aveva cinquant’anni, ma era ancora bella. Sofia si era sposata con un ragazzo di città e viveva con lui in provincia. Donatella aveva anche un nipote, che però vedeva raramente.
Un pomeriggio, tornata dal lavoro, beveva il tè nel gazebo. Faceva caldo, non voleva stare in casa. La vicina Natalina, un’infermiera, entrò nel cortile con fare vivace per tirarle su il morale.
«Ciao, perché questa faccia lunga?»
«Non lo so, mi è venuta malinconia», rispose Donatella.
«Ho una notizia importante», disse Natalina, con un’aria misteriosa.
«E cioè?»
Lei sorrise, trattenendosi, poi esclamò:
«Guardo il tuo giardino, queste rose magnifiche… come fai? È tutto così rigoglioso, e quasi nessuno lo vede.»
«Natalina, sbrigati, sai bene che non sei venuta a parlare di fiori», rise Donatella.
«Già, non dei fiori… Hai saputo che il dottor Stefano è andato in pensione? Al suo posto arriva un nuovo medico, si chiama Oliviero. Gli hanno promesso una casa, ma dovrà aspettare un mese o più. Gli ho proposto di stare da te.»
«Cosa? Perché proprio da me?»
«Perché hai quattro stanze vuote e un ingresso separato. Se tua figlia non vuole vivere con te, almeno che qualcuno le occupi!»
«Non voglio straniDonatella esitò ancora un momento, ma quando vide Oliviero entrare in cortile con quel sorriso sincero e i suoi occhi pieni di speranza, capì che forse la vita aveva un altro regalo per lei.