«Niente, avrò ancora il tempo di trovare una brava ragazza per mio figlio!» dichiarò la suocera. E quel giorno capii che tra noi non sarebbe mai andata davvero bene.
Quando Giulia sposò Matteo, era convinta che prima o poi avrebbe trovato un accordo con sua madre. Sì, una donna complicata. Sì, ama comandare. Ma il tempo guarisce tutto. Inoltre, con Matteo si amavano profondamente, lavoravano insieme per un obiettivo comune, risparmiavano, lottavano e supportavano a vicenda.
Dopo tre anni di matrimonio, finalmente avevano comprato un appartamento. Loro, non dei genitori. Non in affitto. Con un mutuo, sì, e senza mobili, ma era casa loro. Giulia sognava di scegliere insieme le piastrelle per il bagno, di vedere Matteo montare la cucina nei weekend, di sorseggiare il caffè sul loro balcone la sera. I sogni la riscaldavano il cuore, ma la ristrutturazione la sfiancava. Le chiamate della suocera erano diventate rare, quasi inesistenti. Nessuna visita, nessun controllo. Giulia pensò: “Di nuovo, si è sistemato tutto. Forse mi ha accettata. Ha smesso di intromettersi.” Si sbagliava.
Quel giorno, Matteo era in ritardo. Era già buio e ancora non lo vedeva. Giulia cominciò a preoccuparsi. Finalmente rispose:
«Arrivo. Dovevo andare a prendere la figlia di un’amica di mamma, ha un bambino. Me l’ha chiesto lei, non potevo dire di no.»
Quando entrò in casa, Giulia era già furiosa.
«Scusa, ma da quando fai il tassista? O sei diventato il salvatore di tutte le donne su ordine di tua madre?»
Matteo, stanco ma ancora tranquillo, si mise a spiegare. Quella donna una volta lo aveva aiutato con i documenti all’università. Era appena uscita da un brutto matrimonio, con un figlio piccolo. Non aveva nessuno che la venisse a prendere. E poi, sua madre gliel’aveva chiesto…
Giulia strinse i pugni. Certo, il dolore degli altri non è mai indifferente. Ma non proprio quella sera in cui aveva promesso di scegliere la carta da parati per la camera. Non la stessa settimana in cui lei aveva gestito tutto da sola: gli incontri con i muratori, le corse ai negozi di bricolage. Ma tacque. Gli credette. Pensò: “Va bene, capita. Una volta sola.”
Qualche giorno dopo, ricevette una chiamata da Anna, la sua amica che lavorava nello stesso ufficio della suocera.
«Giu’, non dire che te l’ho raccontato,» sussurrò. «Ma ho sentito per caso una conversazione. Tua suocera stava parlando con la direttrice di quanto la figlia della sua amica sia perfetta: intelligente, bellissima, con un bambino, ma piena di dignità. E soprattutto, ha detto che Matteo ci sta già parlando. Ci credi?»
Giulia sentì un vuoto allo stomaco.
«E non è tutto,» continuò Anna. «La tua suocera ha detto esattamente: “Niente, avrò ancora il tempo di trovare una brava ragazza per mio figlio.” L’ha detto ad alta voce! Davanti alla direttrice!»
A Giulia sembrò che qualcuno avesse acceso la luce nella sua mente. All’improvviso tutto era chiaro: perché quella donna “non aveva nessuno” che la venisse a prendere, perché improvvisamente Matteo si era trasformato in un “buon samaritano” su richiesta della madre. Tutto pianificato. Tutto calcolato.
Quella sera, Matteo non tornò a casa. Giulia lo chiamò, e lui rispose con la solita scusa:
«Sì, l’ho accompagnata di nuovo… Con il bambino è dura…»
Giulia riagganciò senza dire una parola. Le lacrime le bruciavano gli occhi, ma sapeva che piangere era inutile. Il loro matrimonio ormai non era più tra due persone, ma tre. Lei, lui… e sua madre. E la madre aveva deciso che era ora di “sostituire” la moglie del figlio con una che rispondesse ai suoi criteri: senza un passato complicato, senza difetti, ma “grata e malleabile”.
Perché la suocera manipolava Matteo con tanta facilità? Giulia se lo chiedeva ogni notte. Forse perché sapeva sempre come farlo sentire in colpa. Perché gli aveva ripetuto fin da piccolo: «Io so cos’è meglio per te.» E lui aveva imparato a obbedire. E obbediva ancora.
Giulia rimase a lungo in silenzio. Una sola domanda le ronzava in testa: «Ma io, in tutto questo, dove sono? Dove è il rispetto? I confini? Il minimo riconoscimento che sono sua moglie, e non una compagna temporanea?»
Sapeva che li aspettava un confronto serio. Forse più di uno. E forse avrebbe dovuto prendere una decisione che avrebbe cambiato la sua vita. Ma una cosa era chiara: se non avesse messo un punto ora, sarebbe stato un punto di sospensione a segnare tutto il resto. E non sarebbe stata lei a deciderne la fine.