Non proprio come nei film, ma quasi

Non come nei film, ma quasi

Annalisa adorava le telenovel e sognava che la sua vita assomigliasse a quelle storie sullo schermo, dove tutto finisce a lieto fine. Ma i sogni rimanevano sogni, mentre la realtà scorreva grigia e monotona in un piccolo borgo sulle colline dell’Abruzzo.

Sposò Sandro credendo fosse amore. Ma lui, irrequieto e incostante fin da giovane, non era cambiato. Portò la moglie nella sua vecchia casa e, dopo tre anni, le annunciò:

«Parto per la città. Vivi come vuoi. Qui mi sento soffocare, l’anima cerca libertà.»

«Sandro, di che parli? Stiamo bene così», balbettò Annalisa, incapace di comprendere.

«Tu stai bene. Io no.»

Con quelle parole se ne andò, prendendo il passaporto e uno zaino logoro con poche cose. Il paese si riempì di pettegolezzi, le vicine sussurravano:

«Sandro ha lasciato Annalisa, è partito per la città. Chissà, forse ha trovato un’altra.»

Annalisa tacque. Non pianse, non si lamentò, continuò a vivere nella casa di Sandro. Non aveva dove andare: a casa dei genitori, la sorella viveva già con la sua famiglia, non c’era spazio. Figli non ne aveva avuti.

«Forse Dio ha deciso che Sandro non fosse un padre, per questo non me ne ha dato», pensava, guardando i bambini del vicinato.

Ogni sera, finite le faccende, si sedeva davanti alla televisione. Guardava melodrammi dove passioni infuocate distruggevano destini. Li viveva attraverso se stessa, poi si rigirava nel letto, incapace di dormire.

Le giornate cominciavano con le solite incombenze: dar da mangiare al maiale, alle galline, al vitellino Peppino, legarlo nell’orto perché non scappasse con il gregge.

«Annalisa!», gridò una vicina. «Peppino si è liberato, corre per il paese!»

«Dove?!», uscì di corsa dal cancelletto. Il vitello sbatteva contro la staccionata del vicino, cercando di agganciare le corna appena spuntate.

«Peppino, Peppino», lo chiamava dolcemente, offrendogli del pane. Lui scuoteva la testa. «Ma che ti prende!», esclamò Annalisa, esasperata. Peppino si scosse, spaventando le oche del vicino.

Chissà quanto avrebbe continuato a rincorrerlo, se non fosse arrivato il meccanico Marco. Con un gesto sicuro afferrò la corda, avvicinò il vitello alla staccionata e lo legò. Annalisa osservò le sue braccia robuste, i muscoli che si intravedevano sotto la camicia logora. All’improvviso, desiderò che quelle braccia la stringessero, la avvolgessero.

Scacciò il pensiero:

«Che mi succede? Come una ragazzina che sogna carezze.»

Si vergognò. Marco era un compagno di scuola, sempre sorridente e pronto a scherzare, con quei capelli rossi. Viveva con Lucia, una donna forte, nella casa accanto. Non le serviva.

«Non ho mai provato niente per lui», pensò, distogliendo lo sguardo.

Con Sandro aveva divorziato subito, dopo la sua fuga. Altri uomini si erano fatti avanti, alcuni l’avevano persino chiesta in moglie, ma nessuno le piaceva. Viveva sola, senza amore.

Marco si asciugò le mani con l’erba, e Annalisa gli disse improvvisamente:

«Vieni in cortile, ti lavi le mani.»

Lui la seguì in silenzio. Sentiva il suo sguardo sulla schiena.

Notò che Marco la guardava in modo diverso e si chiese:

«Che gli è preso?»

Si lavò le mani, si asciugò con l’asciugamano, poi la fissò con intensità prima di andarsene.

Da quel giorno, tra loro sembrò tesserUn filo invisibile li univa, e ogni volta che lui passava, il cuore di Annalisa batteva più forte.

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