Non puoi certo chiudere gli occhi e far finta di nulla

“Ma si può anche perdere di vista l’occasione…”
“Annalisa, vuoi diventare mia moglie?”
Massimiliano, arrossendo, porse ad Annalisa un cofanetto di velluto. Erano seduti in un accogliente caffè, dove laria profumava di dolci appena sfornati e una musica soft riempiva lambiente. I suoi occhi brillavano di speranza, mentre le labbra gli tremavano leggermente dallemozione.
“Dunque mi dici di sì? O”
Annalisa, che fino a quel momento sorrideva serena, improvvisamente si fece seria, e unombra di fastidio le attraversò il viso. Allontanò da sé il bicchiere di prosecco frizzante e sospirò:
“Massì, mi dispiace, ma non posso!”
“Come non puoi? Perché? Siamo insieme da cinque anni, abbiamo finito gli studi, un buon lavoro, una casa Perché non rendere tutto ufficiale? Non vuoi che diventiamo una famiglia?”
Annalisa scrollò le spalle:
“Massi, capiscimi, non mi sento pronta! Voglio ancora vivere per me stessa. Tutte quelle gioie domestiche minestroni, pannolini, visite ai parenti la domenica non fanno per me ora! Voglio vedere il mondo, uscire con gli amici, fare ciò che mi piace. Sono ancora giovane, ho tutta la vita davanti! Non voglio legarmi adesso.”
“Quindi per te sono un peso?” chiese Massimiliano, ferito.
“Ma no, non è così! Ho solo altre priorità! E poi, stiamo male così, senza quel timbro sul passaporto?” tentò di attenuare Annalisa. “Limportante è lamore, no?”
Ma nel cuore di Massimiliano ribolliva già lindignazione:
“Altre priorità? Credevo che i nostri obiettivi fossero gli stessi! Invece vuoi ancora divertirti come la cicala della favola!”
“Ah, ecco! Io sono la cicala, e tu la formica perfetta che decide tutto per me? Non ti importa di ciò che voglio io? Vaffanculo!”
La promessa sposa si alzò di scatto e fuggì dal caffè, lasciando Massimiliano sconcertato.
Infuriata, corse per le strade fino a raggiungere un parco. Si lasciò cadere sulla prima panchina che trovò, la rabbia che le ribolliva nel petto come lava incandescente.
“Come si permette? Crede di poter decidere per me! Non abbiamo nemmeno trentanni, non abbiamo ancora vissuto! E lui vuole già rinchiudermi nella routine?”
Era così presa dai suoi pensieri che non notò la donna che le si sedette accanto. Solo quando un odore sgradevole le arrivò alle narici, Annalisa si voltò. Accanto a lei cera una mendicante sporca, vestita di stracci, con lo sguardo spento.
“Posso prenderla?” indicò la donna, guardando una bottiglia vuota sotto la panchina.
Annalisa, ancora furiosa, la fulminò con lo sguardo.
“Non hai mai pensato di lavorare? Hai braccia e gambe, potresti trovarti un impiego!”
Di solito Annalisa era compassionevole, ma in quel momento voleva solo sfogare la sua rabbia.
La donna annuì:
“Lavorerei, ma chi mi assumerebbe? Donne come me non sono benvenute ovunque.”
“E di chi è la colpa?”
“Di nessuno!” rispose prontamente la donna, frugando in una tasca dei suoi vecchi pantaloni sportivi. Tirò fuori una sigaretta, ma poi la rimise via. Prese il silenzio di Annalisa come un invito a continuare:
“Mi chiamano Maria la Senza Dimora. Se non fossi stata così stupida da giovane, forse non sarei qui ora. Forse avrei già nipoti, conserve di pomodori nella mia cucina, stirato le camicie per mio marito. Anchio ero bella come te!” Sorrise senza denti, tossì. “Da giovani si pensa che il mondo sia ai nostri piedi, che tutto sia possibile. Ma non è così! Ero orfana, ma credevo di valere molto. Ragazzi e uomini mi corteggiavano, ma io li respingevo. Cercavo il principe perfetto. Cera un elettricista, semplice, di nome Enzo. Mi amava follemente. Mi portava fiori, poesie, mi avrebbe portata in palmo di mano! Tutti mi dicevano di sposarlo. Con lui sarei stata al sicuro Ma io? Che noia, Enzo! dicevo. Sognavo un principe su un cavallo bianco, ricco, affascinante, che mi conquistasse il mondo. E non volevo matrimoni. Sono un uccello libero, pensavo.”
Maria tacque, assorta nei ricordi.
“E poi?” chiese Annalisa, ormai incuriosita.
“Nulla! Cercai quel principe, festai senza freni Poi incontrai un belloccio, un imbecille! Parlava dolcemente, giurava amore eterno. Mi accecò tanto che non vidi come mi rubò lappartamento che lo Stato mi aveva dato. Poi quando finì con me, mi buttò fuori come un oggetto rotto. Sapeva che nessuno mi avrebbe difeso. E così diventai Maria la Senza Dimora. Enzo? Dicono che sia felice con unaltra. Hanno figli, una bella casa. Una volta li vidi in città. Mi nascosi dietro una fermata, troppo vergognosa per farmi vedere. Avrei potuto essere io al posto di sua moglie!”
Maria tacque, fissando il vuoto, poi conclume:
“Ecco, ragazza mia. Non sprecare le occasioni che il destino ti dà. Se insegui i sogni, rischi di perdere la felicità vera. La serenità di una famiglia è più preziosa di tutti i principi e i viaggi esotici!”
Si alzò e se ne andò senza salutare, infilando la bottiglia in tasca.
Annalisa rimase sconvolta, ma poi un pensiero cattivo tornò a insinuarsi: “Maria è stata stupida, ha perso tutto per colpa sua. Io non sono così ingenua, con me non succederà mai!”
Con questi pensieri, si avviò verso casa. Si sentiva stranamente sporca dentro, come se i sogni fossero macchiati. Per scacciare quella sensazione, accelerò il passo e, senza accorgersene, attraversò la strada col rosso. Sentì un colpo secco, si voltò verso una motocicletta che sembrava spuntata dal nulla e cadde sullasfalto.
***
In ospedale, lodore di disinfettante si mescolava a quello delle arance che una compagna di stanza con un camice a fiori aveva deciso di condividere.
“Adoro quando la stanza profuma di agrumi!” disse allegramente, distribuendo fette con la mano sinistra la destra era ingessata. “Quando arriverà il dottore, troverà unaria profumata!”
Porse alcune fette ad Annalisa:
“Oh, la nuova è sveglia! Come stai, piccola?”
“Bene, grazie,” mormorò Annalisa. “Solo la gamba fa male.”
“Be, non cè da stupirsi!” rise la donna, indicando il gesso. “Non si attraversa col rosso!”
Annalisa sospirò e guardò il comodino: frutta, brodo, i suoi dolcetti preferiti.
“Che marito premuroso!” disse la donna, invidiosa. “Con tutta questa roba, puoi evitare il cibo dellospedale!”
“Chi chi?”
“Il tuo marito, Massimiliano. È rimasto qui tutta la notte, aspettando che ti svegliassi. Poi è corso al lavoro, ma è tornato con queste cose.”
Annalisa non credeva alle sue orecchie. Aveva perso la memoria? No, impossibile!
Si rividero la sera, quando Massimiliano tornò dopo il lavoro, con altro cibo e prodotti per ligiene.
“Come stai

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