Non Puoi Neppure Camminare!” Lui derise—Ma Lei Fecce Un Passo Che Cambiò Tutto

“Non puoi neanche camminare!” La derise—ma con un solo passo cambiò tutto.

Lui continuò. “Beh… il tuo appartamento. La nostra vecchia casa. Insomma—era nostra, ma sai… ora sei qui. E io ho una vita nuova ora.”

La sua voce si affievolì. Un gesto appena accennato verso le sue gambe, come se fossero la spiegazione di tutto.

Eppure, Elena non disse nulla.

Si voltò lentamente verso il tavolo accanto a sé e prese una sottile cartella di carta. Era tutto già pronto. Gliela consegnò con un’aria fredda, controllata.

“Ecco,” disse. “Tutto quello che ti serve è dentro.”

Lui la prese, confuso.

“Che cos’è?”

“L’atto di proprietà. I documenti di trasferimento. Il testamento.”

Alessio rimase sbalordito. “Ci stai regalando la casa? Così, senza nulla in cambio?”

Anche Giulia fece un passo indietro. “Aspetta… fai sul serio?”

La voce di Elena era porcellana pura. “Sì. Ora è sua. Io ho altro da fare.”

Quella frase—*ho altro da fare*—rimbombò come un tuono nel vuoto.

Alessio rise. Troppo forte. “Altre cose? Tu? Elena, non puoi neanche camminare!”

Il silenzio cadde come un sipario.

Elena chiuse gli occhi. Non per arrendersi—ma quasi in pace.

Poi, con movimenti così lenti da sembrare studiati, scostò la coperta dalle ginocchia. Sotto, le sue gambe—un tempo rigide e senza vita—erano avvolte in morbidi pantaloni di lana. Slegò un bastone pieghevole dal lato della sedia.

E si alzò.

Un passo.

Un altro.

Il lieve *ticchettio* del bastone sul pavimento risuonò più forte di ogni sua offesa.

Alessio si bloccò. Giulia spalancò la bocca. L’aria divenne pesante, incredula.

“Ho avuto un incidente,” disse Elena, pacata, ferma. “Non una condanna a vita.”

Fece un altro passo. Il bastone marcava il ritmo con sicurezza.

“Ma… i dottori… tu hai detto…” balbettò Alessio.

“Ho detto che avevo bisogno di tempo. Di riposo. E di stare lontana da te.” Gli occhi di Elena lo fissarono, implacabili. “Mi hai dato tutto questo. Senza volerlo.”

Arrivò alla porta.

Ma prima di uscire, si voltò. Il volto sereno. Il tono definitivo.

“Tu mi hai tolto la casa,” disse.

Una pausa.

“Io ti ho tolto la libertà.”

Gli occhi di Alessio si strinsero. Giulia fece un passo avanti, ora incerta su tutto.

“Che vuoi dire?” chiese, la voce tesa.

La voce di Alessio si spezzò. “Elena, che cosa intendi?”

Elena sorrise, stanca—né gentile, né crudele. Solo… rassegnata.

“Leggi l’ultima pagina,” disse. “Con attenzione.”

Uscì dalla stanza.

Il suono del suo bastone svanì nel corridoio.

Dietro di lei, il silenzio non cadde—si frantumò. Echeggiò come il crollo di qualcosa di prezioso che non si sarebbe mai più ricomposto.

Le mani di Alessio tremarono mentre apriva la cartella.

Una pagina.

Poi un’altra.

Infine—l’ultima.

Le dita gli si serrarono. Il colore gli sfuggì dal volto.

“No…” sussurrò.

Giulia si avvicinò.

“Cosa? Cos’è?”

Less“Secondo i termini del documento allegato,” lesse con voce spezzata, “il trasferimento della proprietà è valido solo se i nuovi proprietari accettano la piena custodia del bambino nato dalla relazione extraconiugale.”

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