**Diario di Luca**
Non riesco a capire da dove venga tutta questa gelosia. Davvero non ci riesco. Ogni giorno, da quando abbiamo iniziato a stare insieme, non faccio altro che sentire accuse. Nei tuoi occhi cè sempre sospetto.
“Luca, cosè questo?” chiese la ragazza con tono severo, tenendo in mano una camicia. “Questa macchia rosa? È rossetto? E allora, sei rimasto più tardi al lavoro”
“Beatrice, ma cosa dici?” risposi stancamente, mentre sistemavo le mie cose. “Sono appena uscito dal turno. Che rossetto? In reparto cè solo linfermiera nonna Maria. Dai, per favore sono stanco.”
Beatrice strinse le labbra, strizzò la camicia e si diresse verso il bagno. Io sospirai profondamente.
Era ormai da più di sei mesi che io e Beatrice stavamo insieme. E sembrava che tutto nella nostra vita fosse perfetto, tranne una cosa: Beatrice era una ragazza estremamente gelosa. Trovava motivo di dubitare anche dove non cera alcun motivo.
“Guarda,” disse Beatrice, affranta. “Mi sta tradendo, ne sono sicura. Guarda questo.”
Porgendo la camicia a sua sorella e incrociando le braccia, sembrava sul punto di piangere.
Sofia, la sorella di Beatrice, esaminò la macchia, la annusò e scoppiò a ridere.
“Perché ridi?” si offese Beatrice.
“Ma è marmellata di frutti di bosco!”
Beatrice strappò la camcia di mano a Sofia e la annusò a sua volta. Sullo suo volto, la sorpresa si mescolava alla confusione.
“È ora che ti calmi. Non capisco da dove venga tutta questa paranoia.”
Beatrice si sedette di fronte a Sofia.
“Non è che ci siamo semplicemente messi insieme. Io lho portato via alla sua ex,” confessò, distogliendo lo sguardo. “Capisci? Lui ha tradito la sua ragazza con me. E io allinizio credevo che con me non lavrebbe mai fatto, ma poi ho capito che invece sì. Lo farà. E”
“Questo non è un motivo per pensare al tradimento. Devi imparare a fidarti.”
“Mi fido,” protestò Beatrice. “Ma ho paura di perderlo.”
Sofia scosse la testa, senza sapere cosa rispondere.
“Dove eri?” chiese Beatrice, incrociando le braccia. “È luna di notte.”
Sospirai, esausto.
“Beatrice, mi hai lasciato uscire con gli amici. Abbiamo visto la partita. Ci siamo fermati un po a chiacchierare. Cosa cè di male?”
“Marco è rientrato da ore, ho chiamato Giulia. Dove sei stato queste ultime due ore?”
“Marco è tornato prima perché aveva promesso alla moglie, io e Paolo siamo rimasti. Beatrice, basta. Vado a dormire.”
Entrai in camera e mi stesi sul letto. Volevo solo dimenticare, allontanarmi dalla sua gelosia cronica. Ritrovare un po di pace, come una volta. Ma Beatrice aveva rovinato tutto. Di nuovo.
Uscita dal supermercato, Beatrice camminava verso casa con lo sguardo fisso sul telefono, senza accorgersi di nulla. Ma quando girò la testa, trattenne un urlo. Dallaltra parte della strada, una bionda mi abbracciava ridendo, mentre io la stringevo senza vergogna.
Gli occhi di Beatrice si annebbiarono. Lasciò cadere le buste della spesa e corse verso di me. Afferrò la ragazza per un braccio e la spinse via.
“Lo sapevo!” gridò. “Sapevo che mi tradivi! Senza vergogna! Mi hai mentito per tutto questo tempo. No no. Avevo ragione! Sei un bugiardo!”
La guardai con freddezza, le mani strette a pugno per la rabbia, gli occhi che cercavano quelli della bionda, ancora confusa.
“Beatrice”
“Non parlarmi! So già cosa dirai. Non voglio sentire scuse inutili.”
“È mia cugina. La figlia di zia Elena. La conosci. Vittoria è cresciuta con me. È meglio che torniamo a casa. Ne parleremo lì.”
Beatrice obbedì, mormorando un frettoloso “scusa” alla ragazza sconcertata.
Tornai a casa tardi, ferito. Le labbra serrate, lo sguardo che evitava il suo.
“Luca”
“Ne ho abbastanza,” dissi. “Non capisco da dove venga tutta questa gelosia. Ogni giorno, da quando stiamo insieme, è unaccusa. Sospetti dei pazienti, delle infermiere, dei dottori perfino dei lampioni. E non ce la faccio più. Sono stanco.”
“Luca!” urlò Beatrice. “Vuoi lasciarmi? Ti prego ti amo! Perdonami, ti scongiuro. Non so cosa mi prenda, ma farò di tutto perché non accada più. Ti prego”
Quasi in ginocchio, mi afferrò le mani, cercando i miei occhi. Mi faceva pena. La amavo davvero, tanto da aver lasciato una relazione di cinque anni per lei. Non avrei mai pensato di farlo, ma Beatrice mi aveva conquistato. E ora ora i dubbi mi rodevano dentro.
“Ti amo,” sussurrai, stringendole la mano. “Ma quello che fai non è normale. Non posso vivere così”
“Non lo farò più,” singhiozzò. “Mai. Resta con me. Non capisci, non posso vivere senza di te.”
Espirai e la attirai a me. Non potevo lasciarla. Nonostante tutto.
Per qualche mese, tutto andò bene. Beatrice non era gelosao almeno non lo mostravae io mi godevo la sua compagnia, evitando di lavorare più del necessario.
Poi arrivò lautunno, con laumento dei pazienti. Ero esausto, tornavo tardi, cenavo e crollavo a letto.
E Beatrice ricominciò a dubitare. Allinizio cercò di credermi, ignorando il profumo estraneo sulle mie camiche. Dopotutto, in ospedale lavoravano soprattutto donne. Ma i sospetti crescevano. Mi controllava, frugava tra le mie cose, cercava indizi.
Una sera, appena tornato, andai subito sotto la doccia. Questa volta rimasi poco, volevo solo dormire. Aprendo la porta, la vidi sfogliare il mio telefono.
“Beatrice cosa stai facendo?”
Sussultò e lo scostò.
“Niente. Dovevo fare una chiamata.”
Indicai il suo telefono, sul letto, con la cover rosa.
“E il tuo?”
“È scarico.”
Lo schermo si illuminò per una notifica.
“Davvero? Così scarico? E poi mi accusi di mentire.” Scossi la testa. “Cè altro che dovrei sapere?”
“Perdonami,” mormorò.
“E hai trovato quello che cercavi, Miss Marple?” dissi irritato. Troppo irritato.
Lei scosse la testa.
In silenzio, iniziai a riempire una borsa. Beatrice balzò dal letto e mi afferrò un braccio.
“Ti prego, no! Non farlo. Non lo farò più. Mi fido di te Luca!”
“No, Beatrice. La prima volta ti ho perdonato, ma non voglio ripetere lerrore. Sono stanco. Voglio solo vivere in pace. Fidarmi ed essere fidato. Ma questa non è vita”
In mezzora misi insieme le mie cose, mentre Beatrice singhiozzava sul letto, abbracciata alle ginocchia.
“Ti amo. Davvero. Ma non posso più andare avanti così. E tu? Tu non cambierai.”
Lasciai lappartamento in affitto e tornai dai miei genitori. Ero davvero sfinito.
**Riflessione finale:**