– Non sei di famiglia – disse la suocera e rimise la carne dal piatto della nuora nella pentola

Tu non sei della famiglia disse la suocera, rimettendo la carne dal piatto della nuora nella pentola.
Elena rimase immobile vicino ai fornelli, il piatto ancora in mano. Su di esso restava solo il sugo dello spezzatino che Raissa Petrovna aveva appena preparato. I pezzi di carne sparivano uno dopo laltro nella pentola, come se la suocera li stesse contando.

Scusa? chiese Elena, incredula.

Cosè che non capisci? Raissa Petrovna si asciugò le mani sul grembiule e la fissò. Noi non ti abbiamo voluta in questa famiglia. Sei stata tu a impicciarti.

In cucina scese un silenzio così denso che si sentiva solo il borbottio della minestra sul fuoco. Elena posò il piatto sul tavolo e si scostò una ciocca di capelli dalla fronte. Le mani le tremavano.

Raissa Petrovna, non capisco. Io e Vittorio siamo sposati da cinque anni! Abbiamo una figlia

E allora? la interruppe la suocera. Livia è sangue nostro, questo sì. Ma tu resterai sempre unestranea.

La porta della cucina si aprì ed entrò Vittorio. Capelli arruffati, camicia slacciata si vedeva che aveva sonnecchiato sul divano dopo il lavoro.

Che succede? chiese, guardando la moglie e la madre. Perché parlate così?

Non stiamo alzando la voce rispose placida Raissa Petrovna. Sto solo spiegando a tua moglie come ci si comporta in questa casa.

Vittorio aggrottò le sopracciglia e osservò Elena. Lei era pallida, le labbra serrate.

Mamma, che cosa le hai detto?

La verità. Che la carne non è per tutti. La famiglia è grande, i pezzi sono pochi.

Elena sentì un groppo salirle in gola. Ecco tutto. Cinque anni credeva di far parte di quella famiglia. Cinque anni passati a cercare di compiacere la suocera, a sopportare le sue frecciate, sperando che col tempo le cose migliorassero.

Vittorio, vado a casa sussurrò al marito. Da mia madre.

Che casa sarebbe? sbottò Raissa Petrovna. La tua casa è qui ora! Credi di poter entrare e uscire quando ti pare?

Mamma, basta fece un passo verso Elena. Cosè successo?

Elena tacque. Come spiegare a suo marito che sua madre le aveva appena fatto capire che lì lei non contava nulla? Che persino un piatto di spezzatino era troppo per lei?

Prendo Livia rispose invece. E poi la porto da mia madre per il weekend.

E perché mai? si agitò la suocera. La nonna è qui, perché trascinare la bambina in giro?

La nonna pensa che sua madre non sia famiglia mormorò Elena. Forse anche la nipote merita un posto migliore.

Si voltò e uscì dalla cucina. Vittorio le afferrò un braccio.

Elena, aspetta! Spiegami bene cosè successo.

Elena si girò. Lui la fissava stupito, mentre la suocera, vicino ai fornelli, fingeva di mescolare la minestra.

Chiedilo a tua madre disse Elena. Te lo racconterà meglio lei.

Nella cameretta, Livia di tre anni giocava con le bambole. Vedendo la mamma, la bimba le corse incontra, raggiante.

Mamma! Guarda, sto dando da mangiare alla mia bambola!

Brava, amore Elena si accovacciò e labbracciò. Hai fame?

Sì! La nonna ha detto che stasera cè lo spezzatino!

Ci sarà, tesoro. Solo che andremo a mangiarlo dalla nonna Silvia.

Dalla tua mamma? Livia saltellò. Evviva! E papà viene?

No, papà resta a casa.

Elena iniziò a preparare una borsa con le cose della bambina. Vestiti, calzini, giocattoli tutto ciò che serviva per qualche giorno. Mentre riordinava, Vittorio si affacciò alla porta.

Elena, ma che scena è? Andarsene per una sciocchezza del genere?

Sciocchezza? Elena si raddrizzò. Tua madre mi ha detto che non sono della famiglia! Mi ha tolto il cibo! Ti sembra una sciocchezza?

Mamma dice tante cose! Sai comè, è impulsiva. Domani se ne dimenticherà.

Io no, Vittorio! Non è la prima volta.

Ma lascia perdere! È solo stanca. Problemi al lavoro, ha sfogato la tensione.

Elena rise, ma la sua risata era amara.

Stanca, sì. Da cinque anni è stanca! E sfoga tutto su di me.

Non darle peso!

Non darle peso se mi trattano come unestranea in casa mia? Vittorio, senti cosa stai dicendo?

Lui si passò una mano sulla nuca, un gesto abituale quando non sapeva cosa rispondere.

Elena, dove vuoi andare? Siamo una famiglia. Abbiamo una figlia.

Proprio per questo me ne vado. Non voglio che Livia senta sua madre umiliata!

Chi ti umilia? Mamma ha espresso unopinione.

Unopinione? Elena smise di riempire la borsa. Vittorio, mi ha tolto il cibo! Mi ha chiamata estranea! Questa è unopinione?

Be lha detto in modo duro. Ma sai comè, mamma ha tirato su la famiglia da sola. Papà se nè andato presto, ha cresciuto me e mio fratello. È abituata a controllare tutto.

E io dovrei sopportare il suo controllo per tutta la vita?

Vittorio si sedette sul letto e le prese le mani.

Elena, non litighiamo. Parlerò con mamma, le spiegherò.

Cosa le dirai? Che sono una persona? Che ho dei sentimenti?

Esatto. Le dirò di non essere sgarbata.

Elena scosse la testa.

Vittorio, non è questione di maleducazione. È che tua madre non mi accetta! E tu lo sai.

Le serve solo tempo

Cinque anni non bastano? Quanti ancora?

Dalla cucina arrivò la voce di Raissa Petrovna:

Vittorio! Vieni a cena! Si raffredda tutto!

Lui si alzò.

Andiamo, ceniamo con calma. Poi ne parliamo.

No, grazie. Ho perso lappetito.

Vittorio esitò, poi uscì. Elena lo sentì parlare con sua madre, ma senza distinguere le parole. Le voci si alzavano e si abbassavano.

Prese il telefono e chiamò sua madre.

Mamma? Sono io. Possiamo venire da te per qualche giorno?

Certo, cara. Che è successo?

Te lo racconterò dopo. Partiamo ora.

Bene. Ho fatto il minestrone, ce nè per tutti.

Elena sorrise senza volerlo. Sua madre diceva sempre “ce nè per tutti”. Non contava mai i pezzi, non divideva le porzioni.

Livia era felice di andare dallaltra nonna. Chiacchierava per tutto il viaggio in autobus, raccontando delle sue bambole e dei piani per il giorno dopo.

Mamma, perché papà non viene con noi? chiese quando furono quasi arrivati.

Papà lavora, tesoro. Verrà più tardi.

Silvia li accolse sulla porta con un sorriso largo. Era lopposto di Raissa Petrovna dolce, gentile, sempre pronta ad aiutare.

Quanto mi siete mancati! Sollevò la nipotina tra le braccia. Nipotina mia! Come sei cresciuta!

Nonna,

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