Forse è arrivato il momento di conoscere tuo figlio? Davide posò la tazzina di caffè sul tavolo di legno e fissò Giulia.
Lei rimase immobile, come se quelle parole lavessero colta di sorpresa.
Perché avere fretta? la sua voce era leggera, ma le spalle tese tradivano lansia di Giulia. Luca sta ancora abituandosi allidea che la mamma abbia qualcuno.
Siamo insieme da quattro mesi, le ricordò dolcemente Davide. Non ti chiedo di trasferirti o di fare subito una famiglia felice. Voglio solo capire chi è quel ragazzino così importante per te.
Giulia si volse verso la finestra.
Ha solo sette anni. Non voglio ferire il mio piccolo
Ferire? ribatté Davide. Giulia, capiscimi. Se intendi tenere me a distanza dalla tua vita, di che tipo di rapporto può parlare?
Giulia si girò. Nei suoi occhi brillò un lampo di timore, ma svanì così veloce da sembrare un gioco di luci.
Va bene. Tra due settimane, daccordo? Solo dammi il tempo di prepararlo.
Davide annuì. Due settimane si allungarono quasi a tre mesi. Ogni volta trovavamo una scusa per rimandare lincontro: Luca si ammalò, aveva una verifica, era di cattivo umore. Poi, un sabato, Giulia chiamò lei stessa e propose di venire.
Il bambino era magro, con occhi scuri e unespressione troppo seria per i suoi sette anni. Era seduto sul divano stringendo forte una macchinina, guardando attento.
Ciao, si sedette accanto a lui Davide, ma senza avvicinarsi troppo. Che bel bolide!
Luca rimase in silenzio, osservandolo.
Luca, non fare il timido, salutami, disse Giulia dalla porta, le braccia incrociate sul petto.
Buongiorno, mormorò il ragazzo.
Davide non insistentò. Tirò fuori il cellulare e mostrò una foto della sua auto.
È su questa che giro. Ti va di fare un giro?
Gli occhi di Luca si accesero, ma lanciò un rapido sguardo alla madre.
Posso?
Vedremo, rispose evasiva Giulia.
Col tempo il ghiaccio cominciò a fratturarsi. Giulia si rilassò e permise a Davide di portare Luca fuori. Lo trascinava nei parchi di Villa Borghese, allo zoo di Roma, al cinema. Gli comprava i giocattoli che chiedeva, gli spiegava come funzionava il motore di unauto, gli mostrava come avvitare una vite senza rompere nulla.
Guarda, qui devi girare in senso orario, guidava Davide la piccola mano di Luca. Senti, il filetto avanza?
Sì, Luca infilò la punta della lingua per concentrazione. E se giro male?
Allora lo sviti, sorrise Davide. Nessun problema, basta ricominciare.
Passarono ore a smontare e rimontare il motore. Luca passava gli attrezzi, poneva mille domande, si sporcava di olio ma sorrideva felice. La sera giocavano a carte mentre Giulia preparava la cena.
La pesca divenne la loro tradizione. Ogni secondo domenica si spostavano verso il Tevere, lanciavano le esche e attendevano pazienti. Luca imparò a infilare il verme, ad aspettare il morso, a fare il tiro giusto.
Papà, sto prendendo! strillò una volta, quando il galleggiante scomparve sotto lacqua.
Calma, non tirare a strappo, gli consigliò Davide avvicinandosi. Tira piano, così.
Il pesce era piccolo, ma la fiera sul volto di Luca valeva più di qualsiasi trofeo.
A casa guardavano film dazione, che Giulia non permetteva senza Davide. Luca si sistemava accanto, commentava ogni scena.
Non è realistico, vero? diceva, quando leroe sconfiggeva una decina di avversari.
Un po esagerano per il bello dello spettacolo, rispondeva Davide. Ma alla fine non è la lotta, è il fatto che leroe difende chi ama.
Quando a scuola Luca iniziò a impazzire con la matematica, Davide intervenne. Con la sua doppia formazione, ingegneristica ed economica, tradusse i problemi in esempi concreti.
Non capisco queste frazioni, si lamentò Luca guardando il quaderno.
Immagina una pizza, disegnò Davide su un foglio. Se ne mangi metà, è una metà. Capito?
Sì.
E se la dividi in quattro e ne mangi una?
Un quarto, giusto?
Esatto. Prova a risolvere lesercizio pensando alla pizza.
Cinque minuti dopo comparve la risposta corretta.
Ce lhai fatta! esclamò Davide accarezzandogli la testa.
I voti salirono, la maestra lodò i progressi al consiglio dei genitori e Giulia brillò di orgoglio.
È merito di Davide, raccontò agli amichetti. Si dedica tanto a Luca.
Davide si affezionò davvero al ragazzo. Al mattino si chiedeva come sorprenderlo, organizzava il tempo libero, temeva ogni brutto voto più di un suo stesso errore. Lamore arrivò silenzioso, ma radicato nel cuore.
Quando Luca compì dieci anni, Davide decise di parlare con Giulia.
Sposiamoci, disse una sera.
Giulia, sorpresa dal giornale, alzò gli occhi spalancati.
Cosa?
Siamo già una famiglia, continuò Davide. Ti amo e amo Luca. Perché aspettare?
Il volto di Giulia si impallidì.
No.
Perché? chiedeva, sperando una risposta diversa.
Perché sono già stata sposata. È finita per me.
Io non sono il tuo ex.
Lo so, addolcì la voce Giulia. Ma non voglio legarmi di nuovo. Sto bene così, non ti sembra?
Davide sospirò. Non era male, ma desiderava qualcosa di più.
Va bene, così sia.
Gli anni scorsero. Vivevano tutti e tre nellappartamento di Giulia a Roma, attraversavano lestate al mare di Sorrento e linverno nelle Dolomiti. Davide pagava la maggior parte delle spese, senza chiedere nulla in cambio. A volte accennava al matrimonio, ma Giulia continuava a rifiutare.
E se avessimo un bambino? propose quando Luca compì tredici anni.
Giulia rimase in silenzio, fissando il soffitto.
Ho problemi di salute. I medici dicono che è rischioso.
Possiamo andare da specialisti bravi.
No, Davide. Non voglio altri figli. Luca è abbastanza per me.
Davide accettò, ma dentro serbava una lieve amarezza.
Otto anni dopo, qualcosa cambiò. Giulia iniziò a rimproverare ogni piccola cosa: il piatto non ben lavato, il volume della voce, il dentifricio lasciato scoperto.
Fai sempre tutto storto, sbottò un giorno, mentre Davide rientrava dal lavoro.
Così?
Tutto!
Davide cercava di placare le tensioni, aiutava di più in casa, ma Giulia sembrava cercare scuse per litigare.
Forse ti serve una pausa? suggerì. Andiamo via, solo noi due.
No, non voglio, rispose lei, bruscamente.
Luca notava la tensione e cercava di stare più in disparte. Davide lo vedeva lacerarsi tra i due.
La verità emerse per caso. Tornato a casa più presto, Davide trovò una giacca maschile nel corridoio. Il cuore gli sprofondò.
Giulia? chiamò.
Lei sbucò dalla camera, chiudendo la porta dietro di sé, ma Davide vide un uomo nel loro letto.
Davide, non è quello che credi.
È vero? chiese a malapena. Da quanto tempo?
Giulia rimase in silenzio, gli occhi bassi.
Tre mesi.
Tre mesi di continue provocazioni.
Così, lo facevi apposta, per farmi andare via, per farmi sentire colpevole?
Non volevo farti soffrire, sussurrò. Ho trovato un altro e ho trasformato la nostra vita in un inferno?
Davide raccolse le sue cose in venti minuti. Luca correva nei paraggi.
Davide, te ne vai? chiese il ragazzo.
Davide si sedette, gli prese le spalle.
Luca, sarò sempre qui. Se mi chiami, verrò. Continueremo a vederci come prima.
Lo prometti?
Lo prometto.
Giulia, però, non volle concludere così.
Non osare più parlare con mio figlio.
Cosa? Giulia, sei impazzita?
Se provi a contattarlo, ti denuncerò. Sei nessuno per lui, non hai alcun diritto.
La sua voce era gelida, priva di emozioni, come se Davide fosse solo unombra.
Ho cresciuto Luca per otto anni!
E allora? Non sei il suo padre. Sei nessuno! Legalmente è tuo estraneo.
Il telefono di Luca fu disattivato. Davide gli mandò messaggi, senza risposta. Alla terza giornata ricevette un breve SMS: Mamma non vuole che ti parli. Scusa.
Il tempo passava, ma il pensiero di Luca non lo abbandonava. Un giorno suonò il cellulare con un numero sconosciuto.
Davide? Sono io.
Luca! Grazie al cielo, ti sento!
Sono maggiorenne, mamma non può più vietarmi nulla.
Si incontrarono in un bar di Trastevere. Luca era più alto, le spalle più larghe, ma gli occhi rimanevano gli stessi: scuri e seri.
Come stai?
Sopravvivo, rise il giovane. Mamma mi ha rovinato la vita. Dice che lho rovinato io.
Io? chiese Davide.
Sì, che sono un figlio ribelle, che non accetto i suoi uomini. Che sono il cattivo della storia.
Un mese dopo, Luca chiamò a due di notte.
Non ce la faccio più, posso stare da te?
Certo, vieni.
Giulia, furiosa, lo chiamava, urlava, implorava di tornare, ma Luca non rispondeva più. Il loro dialogo si ridusse a saluti formali per le festività.
A ventidue anni Luca era cambiato. Lo chiamava papà. Si era affittato un piccolo appartamento vicino al centro.
Papà, vorrei comprare una macchina, mi consigli?
Certo.
Passarono i sabati a visitare concessionarie, a confrontare modelli, come ai vecchi tempi.
Poi Davide incontrò Elena, una contabile amante della cucina e della lettura.
Ho un figlio adulto, gli disse subito. Non è di sangue, ma per me è tutto.
Elena sorrise.
Amo i bambini. Possiamo conoscerlo?
Luca allinizio fu diffidente, ma Elena non cercò di sostituire sua madre né di mettersi tra lui e Davide. Preparava pranzi gustosi, scherzava.
È buona, commentò Luca. Non come la mia mamma.
Si sposarono in una piccola chiesa, senza grandi festeggiamenti. Luca fu testimone, sorridente in tutte le foto.
Sei mesi dopo Elena annunciò la gravidanza.
Sarai papà, le disse, porgendo il test.
Davide, quarantacinque anni, guardò le due strisce e quasi non credette.
È vero?
È vero.
Luca esultò:
Avrò un fratellino o una sorellina! Papà, è fantastico!
Ti dispiace? chiese Elena.
Luca, con unespressione divertita, rispose:
Perché dovrei essere contro? Al contrario, sono felice per te. Te lo meriti.
Aiutò a montare la culla, a dipingere le pareti. Divennero una vera famiglia.
Giulia continuava a mandare messaggi offensivi, ma Davide li bloccava e non rispondeva.
Non capisco cosa voglia, confidò a Elena una sera. Non ho fatto nulla, solo amato Luca.
È gelosa perché ha perso il controllo, rispose Elena. Luca ti ha scelto. Non può perdonarla.
Ma non è colpa mia!
No, sei stato un vero padre.
La vita si sistemava. Si avvicinava la nascita del nipotino, notti insonni, primi passi, prime parole. Luca, che ormai chiamava Davide papà, si preparava a diventare il fratello maggiore più affettuoso del mondo.
Giulia poteva scrivere ciò che voleva. Davide sapeva la verità: non le aveva rubato il figlio, laveva solo amato. E lo amava ancora, ora che era un uomo adulto.
Se fosse stato un crimine, era pronto a pagare il prezzo.






