Non sfidare il destino
Con la saggezza che le anni le hanno dato, Speranza ha capito—anzi, ne è convinta—che nella vita nulla accade per caso. Ogni incontro, ogni conoscenza è scritto nel destino.
“Potranno parlare di coincidenze o di circostanze, ma non è così,” dice con fermezza. “C’è chi crede di poter cambiare il destino o ingannarlo, ma nessuno ci è mai riuscito. Ognuno ha i suoi scheletri nell’armadio, ben nascosti e lontani, di cui nessuno deve sapere,” riflette tra sé e sé. “Anch’io li ho, è inevitabile. Ma non voglio che vengano alla luce.”
Guardando dalla finestra il melo selvatico in fiore, le tornò in mente un maggio altrettanto fiorito. Il profumo dei lillà riempiva l’aria mentre Nadia e Vera tornavano da scuola, all’ultimo anno di liceo. All’epoca, era la classe che precedeva l’università, e le ragazze si preparavano agli esami. Amiche inseparabili fin dall’infanzia, vivevano vicine e studiavano insieme. Quanti segreti condividevano! Vera era più timida e delicata, con le guance sempre rosse come papaveri, tanto che sembravano mele mature. Nadia, invece, era vivace e intraprendente, sempre pronta a difendere l’amica in ogni situazione.
“Vera, ma davvero non riesci a rispondere o a ribattere come si deve? Se lo fai, smetteranno di importunarti. Non vergognarti, dacci un colpo di libro sulla testa a quel Federico, e vedrai che smetterà di legarti la treccia alla sedia,” la istruiva Nadia.
Vera aveva una lunga treccia, e quel Federico, seduto proprio dietro di lei, la legava piano piano allo schienale della sedia senza che lei se ne accorgesse. Quando si alzava, cadeva di nuovo seduta tra le risate della classe. Naturalmente, nessuno sospettava che Federico fosse segretamente innamorato di lei, e che questo fosse il suo modo goffo di attirare la sua attenzione. A Vera, però, non piaceva: troppo ribelle e meschino.
“Nadia, non posso colpirlo con un libro, mi dispiace per lui anche se se lo merita,” rispondeva Vera.
“Be’, allora è inutile. La prossima volta ci penso io,” prometteva Nadia.
“Lascia stare, non dargli peso,” replicava l’amica con dolcezza.
Dopo il liceo, le due si iscrissero a un istituto tecnico per diventare esperte di commercio. Continuarono a studiare insieme, e la loro amicizia si rafforzò, anche se Vera era diventata un po’ più spigliata. Nadia usciva con Enrico di un’altro corso, mentre Vera passava le sere a casa.
“Dai, Vera, ti presento un amico di Enrico. È simpatico, racconta barzellette senza sosta,” rideva Nadia. “Potremmo uscire tutti insieme. Sergio mi ha chiesto proprio se avevo un’amica libera.”
“No, Nadia, non mi interessa conoscere nessuno così. Lo sai che voglio innamorarmi davvero, una volta per tutte.”
“E rimarrai a casa ad aspettare il principe azzurro. Vieni al cinema domani con noi,” la invitava l’amica.
Vera non voleva intralciare Nadia, pensava che tre fossero troppi. E non voleva neanche conoscere nessuno: credeva che il destino avesse già scritto il suo incontro, semplicemente non era ancora arrivato il momento.
Un giorno, Vera notò che l’amica era stranamente triste:
“Che succede, Nadia? Sei così cupa.”
“Ho litigato con Enrico. Siamo andati al cinema insieme, ma ha visto due ragazze ed è corso da loro, ridendo come un matto. Io sono rimasta lì, come una poveraccia. Dopo dieci minuti si è ricordato di me. Poi, per tutto il film, non ha fatto che girarsi a guardarle. Alla fine, gli ho detto tutto quello che pensavo.”
“E lui cosa ha risposto?” chiese Vera, curiosa.
“Cosa vuoi che dica? Mi ha mandata a quel paese. E ha aggiunto che gli stavo sul cazzo. Io non sono rimasta indietro e l’ho mandato a fare in cielo… Fine della storia. Se prova a riavvicinarsi, vedrà.”
Enrico non le rivolse più la parola. Nadia ci rimase male, ma presto se lo dimenticò. Passò del tempo, e verso la fine degli studi, le due amiche decisero di fare una passeggiata nel parco. Era primavera, faceva caldo. Chiacchieravano allegramente, Vera con un libro in mano. A un certo punto, un ragazzo le sfiorò il braccio per sbaglio, e il libro cadde. Lui si chinò subito a raccoglierlo e, con tono colpevole, disse:
“Mi scusi, è stato un incidente.” Ma vedendo i loro sorrisi, anche lui sorrise. “Ecco, tenga. Davvero non volevo.”
“Va bene, ti perdoniamo,” rispose subito Nadia, mentre Vera taceva.
Il ragazzo era alto e bello, con occhi azzurri e capelli ricci che gli cadevano sulla fronte. Vera e lui si incrociarono con lo sguardo, e in quel momento percepirono entrambi un’attrazione istantanea.
“Succedono anche queste cose,” pensò Vera, mentre lui non smetteva di guardarla.
Ma poi, riprendendosi, disse:
“Giorgio. Ma mi chiami Gino.”
“Nadia,” rispose l’altra, tendendogli la mano, “e questa è Vera.”
“Piacere,” disse Gino. “Dovete andare da qualche parte?”
“No, stiamo solo passeggiando,” rispose Nadia.
A Nadia Gino piacque subito. Decise che non se lo sarebbe lasciato sfuggire. Ma notò anche come l’amica lo guardasse, con le guance rosse come papaveri.
“Ecco, anche a Vera piace,” pensò. “Ma lei è timida, si farà da parte.”
A Gino, invece, piaceva Vera. Pur essendo stata Nadia a parlare senza sosta, lui non smise mai di guardare l’amica.
“È così dolce e riservata. Proprio il tipo che mi piace,” pensava.
Ad alta voce disse:
“Anch’io non ho fretta, posso accompagnarvi?” Chiese, guardando Vera, che finalmente sorrise e annuì.
Nadia rispose subito:
“Certo, sarà più divertente. Tu dove studi o lavori?”
“Lavoro da un anno, dopo la laurea. Insegno fisica alle superiori.”
“Capisco. A me non piacerebbe fare l’insegnante, troppo rumore, gli studenti sono indisciplinati.”
Nadia continuò a parlare, Vera sorrideva in silenzio, e Gino rispondeva, ma con lo sguardo fisso su di lei.
“Vera, perché non dici nulla?” le chiese.
“Sto ascoltando,” rispose lei, arrossendo.
Nadia non perse nulla: capì che Gino e Vera si piacevano. Passeggiarono a lungo, poi lui le accompagnò a casa e, sorridendo, disse:
“Che fortuna vivete vicine. A domani, allora. Abbiamo detto cinema, giusto?” Fece l’occhiolino a Vera e se ne andò. Entrambe erano colpite.
“Non male, quel ragazzo,” commentò Nadia. “Che ne pensi di Gino? Serio, e già lavora.”
“È carino,” rispose Vera, entrando nel palazzo.
Nadia non riusciva a dormire, Gino le danzava davanti agli occhi.
“Non è come Enrico, quel superficiale. Gino è maturo e interessante.”
Neanche Vera riusciva a prendere sonno. Si era resa conto di essersi innamorata, e al primo sguardo.
“Ma è possibile? Mi piace tantissimo. Ma Nadia non se lo lascerà sfugg