Ragazze, confessate, chi di voi è Livia? la ragazza ci guardò con uno sguardo indagatore e un tocco di malizia, rivolgendosi a me e alla mia amica.
Sono io, Livia. Perché? risposi, confusa.
Tieni questa lettera, allora. È da parte di Valerio disse lestranea, tirando fuori dalla tasca del suo camice una busta sgualcita e porgendomela.
Da Valerio? E lui dovè? chiesi, sorpresa.
È stato trasferito in una casa di cura per adulti. Ti aspettava come la manna dal cielo, Livia. Si è consumato gli occhi a guardare lora. Mi ha dato questa lettera da correggere, non voleva fare brutta figura con te. Beh, devo andare. È quasi ora di pranzo. Lavoro qui come educatrice sospirò, mi lanciò unocchiata di rimprovero e se ne andò di corsa.
Era un giorno qualunque quando io e la mia amica, passeggiando senza meta, ci ritrovammo nel cortile di una struttura sconosciuta. Avevamo sedici anni, le vacanze estive ci riempivano di gioia e cercavamo avventure.
Ci sedemmo su una panchina comoda, io e Stefania, chiacchierando e ridendo senza pensieri. Non ci accorgemmo nemmeno dellarrivo di due ragazzi.
Ciao, ragazze! Vi annoiate? Facciamo amicizia? uno di loro mi tese la mano. Sono Valerio.
Io sono Livia, e questa è la mia amica Stefania. E il tuo amico silenzioso come si chiama?
Leonardo mormorò laltro.
Erano diversi dai ragazzi che conoscevamo, troppo seri e antiquati. Valerio, con tono severo, osservò:
Ragazze, perché indossate gonne così corte? E Stefania, quel décolleté è davvero audace.
Ah, i maschietti non dovrebbero guardare dove non devono. Altrimenti gli occhi potrebbero scappare in direzioni opposte ridemmo io e Stefania.
È difficile non guardare. Siamo uomini, no? E fumate anche? continuò Valerio, inflessibile.
Certo, ma senza aspirare scherzammo.
Fu allora che notammo qualcosa di strano nelle loro gambe. Valerio si muoveva a fatica, Leonardo zoppicava vistosamente.
Siete qui per delle cure? ipotizzai.
Sì. Io ho avuto un incidente in moto. Leonardo ha fatto un tuffo sbagliato da una scogliera rispose Valerio con una frase imparata a memoria. Presto ci dimetteranno.
Io e Stefania credemmo alla loro leggenda. Non sapevamo che Valerio e Leonardo erano disabili dalla nascita, condannati a vivere in quellistituto. Per loro, noi eravamo un soffio di libertà.
Vivevano e studiavano in un posto chiuso al mondo esterno. Ognuno di loro aveva una storia inventata: un incidente, una caduta, una rissa
Ma Valerio e Leonardo erano intelligenti, colti e saggi oltre i loro anni.
Iniziammo a visitarli ogni settimana.
Primo, ci facevano pena e volevamo tirarli su di morale; secondo, avevano tanto da insegnarci.
Quei brevi incontri divennero unabitudine.
Valerio mi regalava fiori strappati dallaiuola più vicina, Leonardo creava origami con le sue mani e li consegnava a Stefania, imbarazzato.
Poi ci sedevamo tutti e quattro sulla stessa panchina: Valerio accanto a me, Leonardo voltato verso Stefania, concentrato solo su di lei. La mia amica arrossiva, ma si vedeva che le piaceva la sua timida compagnia. Parlavamo di tutto e di niente.
Lestate, dolce e calda, passò in fretta.
Arrivò lautunno piovoso. Finite le vacanze, io e Stefania eravamo alle prese con lultimo anno di scuola. Insomma, ci dimenticammo completamente di Valerio e Leonardo.
Passarono gli esami, lultima campanella, il ballo di fine anno. Poi lestate tanto attesa, piena di speranze.
Tornammo allistituto, decise a rivedere i due ragazzi. Ci sedemmo sulla solita panchina, aspettando che Valerio e Leonardo ci raggiungessero, con fiori e origami tra le mani. Ma aspettammo invano per due ore.
Poi, una ragazza uscì di corsa dalla struttura e venne da noi. Era lei a consegnarmi la lettera di Valerio. La lessi subito:
*”Livia mia adorata! Sei il fiore più bello del mio giardino! La mia stella irraggiungibile! Forse non hai capito che mi sono innamorato di te al primo sguardo. I nostri incontri erano il mio respiro, la mia vita. Per sei mesi ho guardato dalla finestra, sperando di vederti. Mi hai dimenticato. Che peccato! Le nostre strade sono diverse, ma ti ringrazio per avermi fatto conoscere lamore vero. Ricordo la tua voce vellutata, il tuo sorriso affascinante, le tue mani delicate. Senza di te, Livia, soffro. Vorrei rivederti almeno unultima volta! Ma non ho più fiato*
*Io e Leonardo abbiamo compiuto diciotto anni. A primavera ci trasferiranno in un altro istituto. Probabilmente non ci rivedremo mai più. Il mio cuore è a pezzi! Spero solo di guarire da questo dolore.*
*Addio, amore mio!”*
Firmato: *”il tuo Valerio, per sempre.”*
Nella busta cera anche un fiore appassito.
Mi sentii terribilmente in colpa. Il cuore mi si strinse, sapendo che non potevo cambiare nulla. Mi venne in mente una frase: *”siamo responsabili di chi abbiamo reso felice.”*
Non avevo idea dei sentimenti che bruciavano nellanimo di Valerio. Ma non avrei potuto ricambiarli. Per lui provavo solo simpatia e curiosità, niente di più. Sì, forse ho civettato un po, scherzato con lui, alimentando il suo interesse senza rendermene conto. Ma non immaginavo che il mio flirt innocente si sarebbe trasformato in un incendio per lui.
Sono passati molti anni da allora. La lettera di Valerio è ingiallita, il fiore è polvere. Ma ricordo ancora quei momenti spensierati, le nostre chiacchiere, le risate per le battute di Valerio.
Cè un seguito a questa storia. Stefania si commosse per la difficile vita di Leonardo, abbandonato dai genitori per la sua “diversità” una gamba più corta dallaltra dalla nascita. Si laureò in pedagogia e ora lavora in un istituto per disabili. Leonardo è il marito che adora, e hanno due figli adulti.
Valerio, invece, visse solo. A quarantanni, sua madre lo raggiunse nellistituto, lo vide in quelle condizioni e, tra le lacrime, lo portò con sé in campagna. Poi, di lui, si persero le tracce.
A volte le persone entrano nella nostra vita per insegnarci qualcosa, anche se non ce ne accorgiamo subito. E forse, il vero amore non è sempre quello che si riceve, ma quello che si dona senza aspettarsi nulla in cambio.