Non voglio litigare, ma quando sistemerai finalmente la mensola?

Neanch’io voglio litigare. Ma quando, diamine, riattaccherai quella mensola?

Sabato mattina, dopo colazione, Ginevra si mise a pulire l’appartamento. Marcantonio si sedette sul divanetto in cucina con il portatile. Il suo compito era buttare la spazzatura dopo. Intanto, scorreva la pagina delle notizie su un social network.

All’improvviso, spuntò la foto di un amico raggiante, Iacopo, con cui aveva studiato all’università. Sotto, la didascalia: «Evvai! Finalmente! Ci siamo! Sono entrato! Invito tutti a festeggiare il mio trasloco. Venite, guardate e fatevi venire l’acquolina!». Marcantonio cliccò e vide le foto dell’appartamento, scattate da angolazioni perfette.

Quell’appartamento, Iacopo l’aveva ereditato un anno prima dalla nonna defunta. Non ci si facevano lavori da quarant’anni, i mobili erano vecchi, ancora dell’epoca sovietica. Per viverci, avrebbe dovuto investire un sacco di soldi, e lui non ne aveva. Decise di non torturarsi e di sbarazzarsene subito. Lui e sua moglie stavano risparmiando per comprare casa, e con la vendita dell’eredità avrebbero accelerato i tempi.

Ma la moglie si oppose. L’appartamento era distrutto, ma era nel centro storico di Firenze. Propose di usare i risparmi per fare una bella ristrutturazione e rivenderlo a un prezzo più alto. Così avrebbero avuto abbastanza per un bilocale, come volevano.

Ci volle quasi un anno per i lavori. Ma ne valse la pena: l’appartamento era irriconoscibile. Come descriveva Iacopo, c’erano molte possibilità nascoste per un approccio creativo. Eliminarono la parete tra bagno e toilette, abbatterono il muro tra cucina e una stanza, creando un grande soggiorno. Giocarono con lo spazio usando tonalità di carta da parati ben scelte e mobili minimalisti economici. Il risultato? Non un semplice appartamento, ma una chicca.

Nei commenti, la gente non lesinava elogi. Tutti si congratulavano, alcuni ammiravano, altri invidiavano. Quasi tutti sospettavano che ci fosse stato un esperto designer dietro il progetto.

«No, abbiamo studiato, guardato online come sono fatti gli appartamenti moderni. Ma abbiamo fatto tutto da soli, tranne demolire i muri e rifare i pavimenti. Beatrice ha ideato l’arredamento, scelto le carte da parati», spiegava Iacopo ai diffidenti.

Marcantonio si congratulò con tatto. Certo, invidiava. Lui e Ginevra vivevano in un monolocale. Un amico di suo padre, rimasto vedovo, era partito per gli Stati Uniti dal figlio. Non voleva vendere la casa, nel caso non si fosse trovato là, e aveva permesso a Marcantonio e Ginevra di viverci gratis, a patto che non cambiassero nulla. Non male: sposati e subito con un tetto sulla testa, con tutto l’occorrente.

Al primo anno, Marcantonio ci aveva provato con Beatrice. Ma lei aveva scelto Iacopo. Che fortunato quell’idiota. Beatrice aveva sempre avuto un gusto eccezionale. Anche le cose più semplici su di lei sembravano firmate. Persino Marcantonio, per nulla esperto di moda, lo capiva.

Certo, Iacopo aveva fatto il lavoro pesante, ma le idee erano tutte di Beatrice. Eppure, era venuto benissimo. Marcantonio osservò la cucina sua e di Ginevra. Niente di speciale, ordinaria, un po’ noiosa. Gli piaceva, finché non aveva visto quella di Iacopo.

Ma Iacopo, che faccia tosta! Marcantonio afferrò il portatile e corse in camera, dimenticando che durante le pulizie era meglio non disturbare Ginevra. Meglio lasciarla sfogare e aspettare che si calmasse…

Ginevra era in punta di piedi, allungata come una statua, e spolverava delicatamente una mensola a muro. Marcantonio notò ancora una volta che la moglie aveva un fisico da urlo. In quel momento, la mensola traballò. Le viti erano allentate e la tenevano per miracolo. I libri erano ammucchiati per terra.

Stava per andarsene prima che lei lo vedesse, ma Ginevra si voltò, soffiando via una ciocca di capelli cadutale sul viso.

«Che fai lì? Faresti meglio a sistemare questa mensola.»

«Volevo mostrarti… Guarda che ristrutturazione ha fatto Iacopo con Beatrice nell’appartamento della nonna. Ne vorrei uno così anch’io…» S’interruppe vedendo l’espressione di Ginevra.

«Fammi vedere», chiese lei.

«Ecco, guarda», disse Marcantonio, girandole il portatile. «Bellissimo, no? Era un rudere. Iacopo voleva venderlo subito…» Cercava di parlare senza invidia o entusiasmo.

«Sì. Bravi», commentò secca Ginevra, fissandolo.

«Cosa? Mia nonna è giovane e non ha intenzione di morire. E poi, chissà a chi lascerà la casa, ha due nipoti.»

«Viva tua nonna. Lui scrive che ha fatto tutto da solo. Beatrice ha solo dato le idee.»

«Già.»

«Non capisci? Quante volte ti ho chiesto di sistemare la mensola?! I libri sono per terra da un mese, impolverati, ingialliti. Viviamo qui da un anno e ogni giorno cade qualcosa. Devo chiamare qualcuno per farti fare il tuo lavoro? Non ti vergogni? Per Beatrice, immagino, non solo avresti fatto i lavori, ma costruito una villa, eh?»

«Ecco, siamo partiti», sospirò Marcantonio. «Ormai tutto è digitale, ma tu ti ostini a comprare libri di carta», borbottò, chiuse il portatile e scappò in cucina.

«No, aspetta.» Ginevra lo seguì. «Quando si parla della mensola, diventi sordo e cieco. Io non ti rompo le scatole perché hai riempito tutti gli armadi di dischi. Non critico la tua passione. Facciamo così: togli i tuoi dischi e mettili per terra, e io metterò i libri al loro posto. Forse allora riparerai la mensola.»

«Compriamo una libreria. Non mi oppongo», propose pacifico Marcantonio.

«O magari compriamo direttamente un appartamento nuovo, più grande, tutto nostro, dove faremo come ci pare?» replicò Ginevra.

«Ginevra, non voglio litigare. Ho sbagliato a parlare dell’appartamento», si abbatté Marcantonio.

«Neanch’io voglio litigare. Ma quando, diamine, riattaccherai quella mensola?»

«Domani vado da mio padre a prendere il trapano e… Merda, i miei sono in campagna per il weekend. Lo farò, prometto, lunedì vado a prendere il trapano», giurò con fervore.

«Eh, già. Quante volte l’ho sentito…» Ginevra scrollò le spalle e tornò in camera.

«Che cavolo mi è venuto in mente di parlare dell’appartamento?!» imprecò Marcantonio, e scrisse all’amico che per colpa sua aveva litigato con Ginevra.

«Ma dai. Credi che io e Beatrice non litighiamo? Durante i lavori, abbiamo pensato di divorziare tre volte. Lei aveva già scritto la domanda. L’ho dissuasa a fatica. E Ginevra è una ragazza fantastica», rispose l’amico.

Marcantonio amava Ginevra. Che fosse fantastica, lo sapeva benissimo. Cucinava divinamente, la casa era pulita e accogliente. E non aveva mai mal di testa la seraDopo una lunga pausa, Marcantonio prese finalmente il trapano e, con un sospiro rassegnato, iniziò a fissare la mensola al muro, mentre Ginevra lo osservava con un sorriso di complicità, riconciliandosi davanti a quel piccolo gesto d’amore.

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