Non voglio litigare, ma quando sistemerai finalmente la mensola?

Neanch’io voglio litigare. Ma quando cazzo mi sistemerai quella mensola?

Sabato mattina, dopo colazione, Ginevra si mise a pulire l’appartamento. Fabrizio si sedette sul divanetto in cucina con il portatile. Il suo compito era buttare la spazzatura dopo, ma intanto scorreva distrattamente i post sui social.

Improvvisamente, spuntò la foto di un compagno di università, Riccardo, sorridente e trionfante. Sotto, la didascalia: «Finalmente! Ce l’ho fatta! Trasloco completato. Venite tutti a festeggiare il mio nuovo nido!». Fabrizio cliccò e si ritrovò davanti a una serie di scatti perfetti, angoli studiati, luce naturale che inondava ogni stanza.

Quell’appartamento era stato lasciato a Riccardo dalla nonna un anno prima. Un rudere, arredamento vecchio di mezzo secolo, muri scrostati. Per sistemarlo ci sarebbero voluti soldi che lui non aveva, e aveva pensato di svenderlo subito. Lui e sua moglie, Ilaria, stavano risparmiando per comprare casa, e con quei soldi avrebbero accelerato i tempi.

Ma Ilaria si era opposta. L’appartamento era uno schifo, ma era nel cuore di Firenze. Così, con i risparmi, avevano deciso di ristrutturarlo per rivenderlo a un prezzo più alto. Così avrebbero avuto i soldi per un bilocale, come sognavano.

Ci era voluto quasi un anno di lavori. Ora non lo riconoscevi più. Come spiegava Riccardo, avevano sfruttato ogni potenziale nascosto: abbattuto i muri tra bagno e toilette, unito cucina e salotto, scelto pareti colorate e mobili minimal. Non sembrava più una casa, era un’opera d’arte.

Nei commenti, gli amici non lesinavano complimenti. Qualcuno ammirava, altri invidiavano. I più sospettavano che avessero assunto un architetto.

«No, no, ci siamo documentati, guardato tutorial. Ma l’abbiamo fatto noi, a parte i muri e il pavimento. Ilaria ha scelto tutto», ribatteva Riccardo.

Fabrizio lo congratulò a denti stretti. Certo, gli faceva rabbia. Lui e Ginevra vivevano in un monolocale preso in affitto da un amico di suo padre, emigrato in America. L’uomo non voleva venderlo, e glielo aveva lasciato gratis, a patto che non lo toccassero. Non era male: sposati, e subito un tetto sulla testa.

Fabrizio, al primo anno, ci aveva provato con Ilaria. Ma lei aveva scelto Riccardo. Che culo. Ilaria aveva sempre avuto un gusto impeccabile. Anche lui, che di moda non capiva nulla, lo vedeva.

Certo, Riccardo aveva fatto il lavoro sporco, ma l’intelligenza dietro quell’appartamento era tutta di Ilaria. E il risultato era straordinario. Fabrizio guardò la loro cucina. Banale, spenta. Gli piaceva, finché non aveva visto casa di Riccardo.

Ma che figata. Afferrò il portatile e corse in camera, dimenticando che Ginevra, durante le pulizie, era meglio non distrarla. Lasciarla sfogare, aspettare che si calmasse…

Ginevra era in punta di piedi, tesa come un violino, mentre puliva la mensola appesa al muro. Fabrizio notò per l’ennesima volta quanto fosse bella. E proprio in quel momento, la mensola oscillò. Le viti erano allentate e reggevano per miracolo. I libri giacevano ammucchiati per terra.

Stava per scappare, ma Ginevra si voltò, soffiandosi via una ciocca di capelli.

«Che fai? Invece di fissarmi, potresti sistemare la mensola.»

«Volevo mostrarti… Guarda che lavoro hanno fatto Riccardo e Ilaria nell’appartamento della nonna. Anche io mi accontenterei…» Si bloccò vedendo l’espressione di Ginevra.

«Mostra.»

«Ecco, guarda. Non è fantastico? Era una catapecchia. Riccardo voleva venderlo subito…» Cercava di non sembrare invidioso.

«Sì. Bravi.» La voce di Ginevra era gelida.

«Che c’è? Mia nonna è viva e vegeta. E poi chissà a chi lascerà la casa, ha due nipoti.»

«Che viva cent’anni. Riccardo scrive che ha fatto tutto da solo. Ilaria ha solo dato qualche idea.»

«Già.»

«Non capisci? Quante volte ti ho chiesto di sistemare la mensola?! I libri sono per terra da un mese, impolverati, ingialliti. Viviamo qui da un anno, e ogni giorno cade qualcosa. Devo chiamare qualcuno a pagamento per fare il tuo lavoro? Ti vergogni? Per Ilaria, immagino, non ti saresti fermato a una mensola, avresti costruito un palazzo.»

«Ecco, siamo al solito punto.» Sospirò. «Ormai tutto è digitale, e tu compri ancora libri di carta.» Sbatté il portatile e si rifugiò in cucina.

«No, aspetta.» Ginevra lo seguì. «Ogni volta che si parla della mensola, diventi sordo e cieco. Io non ti rompo le scatole per i tuoi dischi che occupano tutto l’armadio. Non critico i tuoi hobby. Ma perché collezionarli se tutto è online? Ascoltali lì. Cambiamo: tu metti i tuoi dischi per terra, e io metto i miei libri al loro posto. Forse allora sistemerai la mensola.»

«Compriamo una libreria. Non mi oppongo.»

«E magari compriamo direttamente un appartamento più grande, tutto nostro, dove possiamo fare quello che vogliamo?»

«Ginevra, non voglio litigare. Ho sbagliato a parlare di quell’appartamento.»

«Neanch’io voglio litigare. Ma quando cazzo mi sistemerai quella mensola?»

«Domani vado da mio padre a prendere il trapano e… Cazzo, i miei sono in campagna per il weekend. Prometto, lunedì vado.»

«Già. Quante volte l’ho sentito…» Ginevra alzò le mani e tornò in camera.

«Che cazzo ho fatto a parlare di quell’appartamento?» Borbottò Fabrizio, scrivendo a Riccardo: «Grazie a te, ho litigato con Ginevra.»

«Dai, su. Pensi che io e Ilaria non litighiamo? Mentre ristrutturavamo, abbiamo pensato al divorzio tre volte. Lei aveva già scritto la domanda. L’ho convinta a malapena. E Ginevra è fantastica.»

Fabrizio lo sapeva. Ginevra era una moglie perfetta. Cucinava bene, la casa era sempre in ordine. E non aveva mai mal di testa, come certe altre. Cosa voleva di più un uomo?

«Lunedì porterò il trapano, bucherò il muro, volerà polvere. Sarò di nuovo il cattivo. Ma entro la prossima settimana la mensola dev’essere sistemata, o finiremo come Riccardo e Ilaria. Odio usare il trapano. Forse è meglio comprare una libreria? No, ha detto che non ci sta. Accidenti a Riccardo e alla sua casa.»

Ginevra continuava a pulire in silenzio. Lunedì mattina gli ricordò che doveva andare a prendere il trapano da suo padre. E che ormai avrebbero dovuto averne uno loro.

Ma Fabrizio, ovviamente, se ne dimenticò.

Il giorno dopo, Ginevra si preparava lentamente per lavoro.

«Non esci?» la incalzò lui. «Faremo tardi.»

«Vai pure. Ho chiesto due ore di permesso. Ho prenotato un “marAppena la porta si aprì, Fabrizio si trovò davanti un ragazzo alto e muscoloso con un trapano in spalla, e capì che forse, dopotutto, sistemare quella mensola non era poi una cosa così difficile.

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