Marco, puoi badare a Luca? gridò Beatrice verso la camera, aggiustandosi la sciarpa davanti allo specchio. Torno per le sei. Non dimenticare di dargli da mangiare a pranzo. In frigo cè tutto pronto, basta solo riscaldarlo.
La domenica si era rivelata più stressante del previsto: in ufficio era scoppiato il caos e il capo le aveva chiesto di andare a lavorare. Nessun altro avrebbe potuto sistemare la situazione. Beatrice aveva accettato senza esitare. Il lavoro le dava non solo soldi, ma anche un senso di realizzazione.
Luca, di cinque anni, giocava tranquillo nella sua stanza con le macchinine. Beatrice lo sentiva mormorare qualcosa, imitando il rumore dei motori. Una normale mattina di fine settimana. Aveva già controllato la borsa, trovato le chiavi, quando Marco uscì dalla stanza.
No, disse Marco, indifferente.
Beatrice si bloccò, la mano ancora sulla maniglia. Si voltò, fissandolo perplessa.
Cosa?
Non ho intenzione di badare al bambino, ripeté Marco, passandole accanto per prendere la giacca. Ho già i miei programmi per oggi.
Beatrice lo guardò, incredula. Sei anni di matrimonio, e mai neanche una volta Marco si era rifiutato di stare con Luca. Era sempre stato un padre esemplare, o almeno così sembrava. Lei rimase immobile, cercando di capire, mentre lui si infilava le scarpe e apriva la porta.
Marco, non capisco. Che succede? Beatrice fece un passo verso di lui, ma Marco la evitò come un ostacolo qualunque.
Niente di speciale, rispose lui, uscendo senza voltarsi.
La porta si chiuse davanti a lei. Rimase nel corridoio, stringendo la tracolla della borsa. Dentro di lei, tutto si era improvvisamente stretto in un nodo. Doveva essere in ufficio entro unora. Unora! Afferrò il telefono e con mani tremanti compose il numero della madre.
Mamma, scusa, iniziò Beatrice. Ho bisogno del tuo aiuto. Subito. Puoi venire a stare con Luca?
Fortunatamente, la madre non fece domande.
Beatrice calcolò rapidamente i tempi e capì che sarebbe arrivata troppo tardi. Corse dalla vicina, la signora Rosaria, una donna anziana che abitava di fronte e che aveva sempre aiutato in situazioni difficili. Suonò il campanello, con uno sguardo quasi supplichevole.
Signora Rosaria, mi salvi, per favore. Può badare a Luca per mezzora, finché non arriva mia madre? Cè unemergenza al lavoro, e Marco… Marco è uscito per commissioni.
La signora Rosaria scosse la testa, ma accettò. Beatrice tornò a casa, spiegò velocemente a Luca che sarebbe rimasto con la vicina per un po, e uscì di corsa. Per tutta la strada verso lufficio, un senso di irrealtà la perseguitò. Che era successo? Perché Marco si era comportato così? Forse avevano litigato e non se ne era accorta? Ripensò agli ultimi giorni, ma non le veniva in mente nulla. La sera prima avevano cenato insieme, guardato un film. Avevano perfino discusso dei piani per la settimana.
Al lavoro, non riuscì a concentrarsi. Faceva tutto in automatico, mentre la mente continuava a tornare allincidente della mattina.
Provò a scrivere a Marco più volte.
«Dove sei?»
«Che succede?»
«Perché hai fatto così?»
Ma i messaggi rimasero senza risposta. Il telefono tacque. Controllava lo schermo ogni cinque minuti, ma niente.
La sera, lasciò andare la madre a casa.
Grazie mille, mamma. Non so cosa avrei fatto senza di te.
La madre le accarezzò la testa, come quando era piccola.
Figurati, tesoro. Ma dimmi, che è successo? Dovè Marco?
Non lo so. È uscito stamattina e non è ancora tornato.
Beatrice accompagnò la madre alla porta. In casa, il silenzio era opprimente. Entrò nella stanza di Luca e lo guardò dormire. Il bambino russava piano, abbracciato al suo orsacchiotto. Così piccolo, così indifeso. Gli accarezzò i capelli, lo baciò sulla fronte e uscì in punta di piedi.
Marco riapparve solo due ore dopo. Beatrice si era già fatta la doccia, cambiata, bevuto una tisana calmante. Quando sentì la chiave nella serratura, si irrigidì. Lui entrò con la stessa calma con cui era uscito. Si tolse la giacca, le scarpe, e andò in camera.
Beatrice rimase sulla soglia, osservandolo. Dentro di lei ribolliva. Marco non alzò nemmeno lo sguardo dal telefono. Lei gli si parò davanti.
Che diavolo è successo oggi?
Marco la fissò con uno sguardo vuoto, come quello di un estraneo. Non di un marito. Non del padre di Luca.
Sono stanco di fingere, disse.
Beatrice si bloccò. Il sangue le pulsava alle tempie. Si sedette lentamente sul bordo della poltrona, senza smettere di fissarlo.
Stanco di cosa?
Di questa famiglia. Del matrimonio. Di te. Di nostro figlio.
Beatrice lo scrutò, cercando un segno di scherzo. Ma Marco era serio. Il suo viso era freddo e distante.
Cosa intendi dire? riuscì a dire Beatrice, stringendo i braccioli della poltrona.
Esattamente quello che ho detto. Marco scrollò le spalle. Non volevo sposarti, Beatrice. È stata mia madre a costringermi. Diceva che eri una brava ragazza, buona, perfetta. Che dovevo apprezzarti. Che sarei stato felice. Ho resistito sei anni. Ma ora basta. Questo matrimonio mi soffoca.
Beatrice lo fissò, incredula. Le lacrime le bruciavano gli occhi, ma non le permise di scendere. Non ora. Non davanti a lui.
E allora perché hai aspettato così tanto? Se stavi così male, perché non te ne sei andato prima?
Sul volto di Marco passò unombra di irritazione.
Per te. Il bambino è cresciuto. Ora puoi cavartela da sola. Se me ne fossi andato prima, sarebbe stato più difficile per te. Così ho aspettato.
Beatrice rise. Una risata amara, isterica. Lo guardò come se fosse uno sconosciuto.
Grazie per questa carità, disse sarcastica, asciugandosi una lacrima. Che generoso da parte tua.
Dovresti ringraziarmi! esplose Marco, alzando la voce. Non ti ho mai tradita. Sono stato un marito fedele. Hai idea di quanto sia stato difficile per me?
Ringraziarti? Beatrice balzò in piedi. Io dovrei ringraziarti? Per cosa? Per non avermi tradita? Non sono stata io a trascinarti allaltare, Marco! Non sono stata io a chiederti di sposarmi. Sei stato tu a inginocchiarti. Tu a mettermi lanello al dito. Tu a dirmi che mi amavi. O anche quello è stata colpa di tua madre?
Marco si alzò di scatto.
Mi ha pressato! Non capisci! Diceva che stavo perdendo loccasione. Che ragazze come te se le prendono subito. Che me ne sarei pentito.
E ti sei pentito? chiese Beatrice, avvicinandosi. Ti sei pentito di avermi sposata? Di quella brava, buona, perfetta ragazza?
Mi sono pentito di questo matrimonio! Marco fece un gesto verso la stanza dove dormiva Luca. Volevo altro. Sognavo altro. E invece ho avuto te, le tue pretese e un figlio che non era nemmeno programmato.






