Nonna dal Nulla

La Nonna dal Nulla

Francesca dormiva profondamente, come se avesse lavorato tre turni di fila senza riposo, quando un suono insistente la svegliò di colpo.
— Santo cielo, chi è a quest’ora? — borbottò, voltandosi dall’altra parte. Ma il campanello continuava a squillare, insistente, quasi come se qualcuno fuori stesse lottando contro il tempo.

Irritata, si avvolse nella vestaglia e si avvicinò alla porta guardando dal buco della serratura. Fuori c’era una vecchietta dall’aspetto fragile, con in braccio un grosso gatto peloso e un’espressione stanca, come se la vita l’avesse abbandonata.

— Chi è? — chiese seccamente, senza intenzione di aprire. Le storie su anziane così non erano sempre benevole. Ma all’improvviso, la donna emise un gemito e scivolò a terra. Il gatto le sfuggì dalle braccia e iniziò a miagolare disperato, girandole attorno.

— Perché capita sempre a me… — sussurrò Francesca, spalancando la porta.

— Signora, sta male? Chiamo un’ambulanza, non si preoccupi, tutto andrà bene — disse, aiutandola a entrare e adagiandola sul divano. Il gatto, intelligente, si sedette accanto e la osservò attentamente.

— Come si chiama, signora?
— Rosaria Lombardi… i documenti sono là… — indicò una borsa logora con un filo di voce.

Francesca frugò nella borsa, trovò le carte, e mentre stava per farle un’altra domanda, la donna sussurrò:
— Figlia mia, non voglio andare in ospedale… Devo portare i soldi a mio nipote, altrimenti ci manda via, caccia via anche il gatto…

— Il dottore deciderà cosa fare. Non si preoccupi per il gatto, lo accudirò io. Ma perché deve dar soldi a suo nipote e non il contrario?

— Non chiedere, figlia mia… — rispose la nonna, distogliendo lo sguardo.

Poco dopo arrivarono i medici. Dopo una visita, fu chiaro: Rosaria doveva essere ricoverata d’urgenza all’ospedale Santa Maria.

— Non ci vado! — protestò lei.
— Vada, signora. Verrò a trovarla, glauto lo prometto. Il gatto starà benissimo con me.

Il mattino dopo, Francesca si svegliò presto, tormentata da un pensiero: perché finiva sempre coinvolta in drammi altrui? Ma qualcosa in Rosaria le ricordava una presenza familiare.

Francesca aveva perso i genitori a 13 anni. Un incidente stradale causato dall’alcol. L’orfanotrofio, la solitudine. Solo una vicina, la dolce Teresa, aveva reso la sua adolescenza meno grigia. Ma anche lei se n’era andata. Ora Francesca, a 25 anni, era forte, indipendente.

Trovò l’indirizzo di Rosaria e vi si recò. Davanti al palazzo, due anziane chiacchieravano. In pochi minuti seppe tutto: Rosaria aveva cresciuto il nipote dopo la morte dei genitori, ma lui, una volta adulto, si era unito a una banda di delinquenti. Minacciava di cacciarla se non gli portava soldi, affittava la sua casa e viveva con una ragazza.

— La polizia? Non si immischia nei litigi familiari — dissero le donne.

Francesca, furiosa, salì le scale e suonò. Aprì un ragazzo sbronzo e stravolto.

— Vergognati! Cacciare tua nonna di casa? — urlò, spingendosi dentro. — Prendi le tue cose e vattene, prima che ti faccia a pezzi io!

Il ragazzo, intimidito, se ne andò in fretta. Francesca pulì la casa, diede da mangiare al gatto e corse all’ospedale.

Rosaria scoppiò in lacrime vedendola.
— Ecco tutto ciò che le serve. E suo nipote l’ho mandato via. Gli anziani meritano rispetto.

— Grazie, figlia mia. Pensavo sarei morta sola…

— Io ho bisogno di lei. E anche il gatto. Riposi, torno domani.

Dopo una settimana, Rosaria tornò a casa.
— Com’è pulito… come posso ringraziarti?

— Posso chiamarla nonna?

— Certo, tesoro mio. Sei come una nipote per me…

Il gatto russava ai loro piedi, finalmente sereno.

Passò un anno. Francesca diventò la vera famiglia di Rosaria. Il nipote sparì e venne ucciso poco dopo in una rissa. La sua fine lasciò Francesca amareggiata: avrebbe potuto vivere diversamente…

Poi arrivò l’amore. Un giovane dottore della ASL, Marco, gentile e premuroso con Rosaria.

— Nonna, non lasciarlo scappare… — sussurrava lei.

Quando Marco si dichiarò, Francesca pianse di gioia. Un anno dopo nacque il loro primo figlio, e Rosaria divenne una bisnonna felice.

Vissero insieme altri dodici anni. A 95 anni, Rosaria morì dolcemente nel sonno. Fino all’ultimo, lucida, aiutava e raccontava storie.

Francesca soffrì molto, ma Marco e i figli la sostennero. Il vecchio gatto era ormai scomparso, ma ne avevano adottato un altro, salvato dalla strada.

Arrivò il giorno di svuotare la casa. Tra le carte, Francesca trovò una busta.

“Francesca, mia cara. Mi hai regalato una seconda vita. Per questo, prendi ciò che è tuo.”

C’era l’atto di donazione della casa e una somma in contanti: tutti gli affitti che Francesca le aveva dato.

Francesca e Marco ebbero una vita lunga e felice, circondati dalla famiglia. E nella loro casa, su una mensola, c’era sempre la foto di Rosaria, con il suo gatto accanto.

La vita insegna: l’amore vero non conosce legami di sangue, ma solo quelli del cuore.

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