„Nonna, dovresti cambiare classe!” – ridevano i giovani colleghi vedendo la nuova collega. Non avevano idea che fossi stata io ad acquistare la loro azienda.

«Nonna, dovrebbe andare in un altro reparto», ridacchiano i giovani colleghi alla nuova impiegata. Non immaginano che io abbia appena comprato la loro azienda.
«A chi è destinata?», sbatte il ragazzo dietro il bancone senza distogliere gli occhi dallo smartphone.

Il suo taglio di capelli alla moda e il maglietta di marca proclamano a distanza la sua importanza e la totale indifferenza verso il mondo esterno.

Guglielmina Andreola aggiusta la sua semplice ma di buona fattura borsa a tracolla. Si veste intenzionalmente per non attirare lattenzione: una blusa modestissima, una gonna che arriva al ginocchio e comode scarpe piatte.

Il precedente amministratore, laffaticato e capelli bianchi Giorgio, con cui negozio lacquisto della ditta, sorride appena sente il suo piano.

«Trappola di Troia, Guglielmina», commenta con ammirazione. «Le chiudono il gancio, non si accorgono dellesca. Non capiranno mai chi è davvero, finché non è troppo tardi».

«Sono la nuova collega, vengo al reparto documentazione», risponde con voce calma e bassa, evitando qualsiasi tono autoritario.

Il ragazzo finalmente alza gli occhi. La scruta dalla testa ai piedi: dalle scarpe consumate ai capelli bianchi pettinati con cura, e nei suoi occhi scoppia una beffa aperta e senza veli.
Non si sforza nemmeno di nasconderla.

«Ah sì, mi hanno detto che arriva qualcuno di nuovo. Ha già ritirato il badge dalla sicurezza?».

«Sì, eccolo qui».

Spinge il braccio verso il tornello, come a indicare la via a un insetto smarrito.

«Da qualche parte, sul retro, dovrebbe esserci la sua postazione. Si orienterà».

Guglielmina annuisce. «Mi orienterò», ripete tra sé mentre entra nellopen space che ronza come un alveare.

Sono quarantanni che si orienta nei labirinti della vita. Dopo la repentina morte del marito, ha quasi rovinato limpresa di famiglia, poi lha ridestata. Gestisce investimenti complessi che raddoppiano il suo patrimonio e ha scoperto come non impazzire nella grande casa vuota, da sola a sessantacinque anni.

Questa azienda IT, fiorente in superficie ma marcia dentro così la sente è la sfida più avvincente che abbia mai affrontato.

La sua scrivania è nellangolo più remoto, proprio lì accanto alla porta dellarchivio. È vecchia, con graffi sul piano e una sedia cigolante, come unisoletta rimasta indietro nel mare luccicante della tecnologia.

«Sta già iniziando a integrarsi?», sussurra una voce dolcissima alle sue spalle. Davanti a lei cè Olivia, responsabile marketing, con un completo di pantaloni color avorio perfettamente stirato, profumo costoso e laroma del successo.

«Ci sto provando», sorride dolcemente Guglielmina.

«Dovrà rivedere i contratti dellanno scorso relativi al progetto Altair. Sono nellarchivio».

«Non credo sarà difficile», dice Olivia con un tono di superiorità che tradisce un leggero disprezzo, quasi come se stesse offrendo un compito semplice a qualcuno con capacità limitate.

Olivia la guarda come fosse un fossile strano e spoglio. Quando se ne va a passi decisi, Guglielmina sente una risatina sommessa alle sue spalle.

«Al reparto HR hanno perso il filo con i farmaci. Presto assieme assumono dei dinosauri».

Finge di non aver sentito, ma deve comunque girare in tondo.

Si dirige verso il reparto sviluppo e si ferma davanti a una sala riunioni con pareti di vetro, dove alcuni giovani litigano animatamente.

«Signora, sta cercando qualcosa?», la chiama un ragazzo alto uscendo dalla sua scrivania.

È Stefano, capo sviluppatore, la stella del futuro dellazienda almeno così lo descrivono. Una descrizione che sembra scritta da lui stesso.

«Sì, sto cercando larchivio».

Stefano sorride, poi si volta verso i colleghi, che osservano la scena come se fossero al circo gratuito.

«Signora, credo sia al reparto archivio, lì vicino al suo tavolo».

«Qui facciamo lavoro serio, cose che nemmeno lei oserebbe sognare».

Il gruppo dietro di lui ride sommessamente. Guglielmina sente crescere dentro di sé una fredda e calma ira.

Osserva i volti compiacenti, il costoso orologio al polso di Stefano. Tutto è stato comprato con i suoi soldi.

«Grazie», risponde con voce uniforme. «Ora so esattamente dove devo andare».

Larchivio è una stanza minuscola, senza finestre, senza aria. Guglielmina lo attraversa e il fascicolo Altair appare subito.

Inizia a sfogliare metodicamente i documenti: contratti, allegati, certificati di esecuzione. Sulla carta tutto sembra perfetto, ma il suo occhio esperto coglie subito alcuni dettagli sospetti.

Nelle pratiche del subappaltatore Sistemi Cibernetici gli importi sono arrotondati a migliaia intere potrebbe essere negligenza, ma potrebbe anche nascondere una reale falsificazione.

Le descrizioni dei lavori sono vaghe: servizi di consulenza, supporto analitico, ottimizzazione dei processi. Metodi classici per svuotare i conti, noti già dagli anni 90.

Dopo qualche ora la porta cigola. Una giovane ragazza dagli occhi spalancati entra.

«Buongiorno, sono Lia del reparto conti. Olivia mi ha detto che è qui Deve essere difficile senza accesso elettronico, vero? Posso aiutarla».

Il tono di Lia non ha traccia di condiscendenza.

«Grazie, Lia, è molto gentile da parte tua».

«Non è nulla, è solo che loro non sempre capiscono che non tutti nascono con una pillola in mano», commenta Lia, arrossendo.

Mentre Lia spiega pazientemente linterfaccia del programma, Guglielmina pensa che anche nelle paludi più infestate trovi una sorgente limpida. Appena Lia esce, Stefano ricompare nella porta.

«Mi serve subito una copia del contratto dei Sistemi Cibernetici».

Parla come se desse un ordine a un servo.

«Buongiorno, sto esaminando proprio quei documenti. Mi dia un minuto».

«Un minuto? Non ho tempo. Tra cinque minuti ho una chiamata. Perché non è ancora digitalizzato? Che cosa fanno qui, davvero?».

Larroganza è il suo punto debole. È convinta che nessuno, soprattutto lei, abbia il coraggio o la capacità di controllare il suo operato.

«Oggi è il mio primo giorno di lavoro», risponde con voce ferma. «E sto cercando di sistemare ciò che gli altri non hanno fatto».

«Non mi importa!», interrompe, avvicinandosi al tavolo e strappando il fascicolo dalle sue mani senza alcuna cortesia. «Voi anziani, siete sempre un peso!».

Poi sbatte la porta dietro di sé. Guglielmina non lo segue. Ha già visto tutto ciò che doveva vedere.

Prende il telefono e chiama il suo avvocato.

«Avvocato Ruggiero, buonasera. La prego di controllare unazienda: Sistemi Cibernetici. Mi sembra che ci siano proprietari molto interessanti».

Il giorno seguente il telefono suona.

«Guglielmina, aveva ragione. Sistemi Cibernetici è una società di copertura vuota, registrata a nome di un certo Pietro. Stefano, il capo sviluppatore, è suo cugino. Un trucco classico».

«Grazie, avvocato. Era proprio quello che cercavo.».

Dopo pranzo convoca tutti per la riunione settimanale. Olivia, radiante, parla dei successi.

«Ho dimenticato di stampare il rapporto di conversione. Guglielmina, per favore, porti dal archivio il fascicolo del quarto trimestre. E questa volta non perdersi».

Un sussurro di risatine attraversa la sala. Guglielmina si alza in silenzio. Dopo pochi minuti ritorna, accanto a Stefano e Olivia, sussurrando qualcosa.

«Ecco il nostro salvatore!», annuncia Stefano a voce alta. «Potremmo essere più rapidi. Il tempo è denaro, soprattutto il nostro».

Quella sola parola nostro è lultima goccia nel bicchiere.

Guglielmina si raddrizza. La precedente sottomissione sparisce, il suo sguardo diventa di ferro.

«Ha ragione, Stefano. Il tempo è davvero denaro, soprattutto quello che la società Sistemi Cibernetici sta rubando. Non pensa che questo progetto sia più redditizio per lei personalmente che per lazienda?».

Il volto di Stefano si incrina, il sorriso svanisce.

«Non capisco di cosa parla».

«Davvero? Allora può spiegare a tutti noi qual è il legame di parentela con il signor Pietro?».

Il silenzio cala nella sala. Olivia tenta di salvare la situazione.

«Scusi, ma con quale diritto questo collega si intromette nei nostri affari finanziari?».

Guglielmina non lo guarda. Si aggira lentamente attorno al tavolo e si ferma davanti al capo.

«Il mio diritto è il più semplice. Mi chiamo Guglielmina Andreola, nuova proprietaria della società».

Se una bomba fosse esplosa, lo stupore sarebbe stato minore.

«Stefano», continua con voce glaciale, «è licenziato. I miei avvocati la contatteranno, così come il suo fratello. Le consiglio di non lasciare la città».

Stefano crolla sulla sedia, silenzioso.

«Anche lei, Olivia, è licenziata per incompetenza professionale e per aver avvelenato lambiente di lavoro».

Il volto di Olivia si incuore. «Come osa!».

«La faccio», ribatte Guglielmina, «ha unora per fare le valigie. La sicurezza la scorta fuori».

Il monito vale per chiunque pensi che letà sia una scusa per deridere. Il giovane al banco della reception e alcuni sviluppatori possono andarsene.

Il timore prende il sopravvento nella stanza.

«Nei prossimi giorni inizierà un audit completo dellazienda».

Il suo sguardo incrocia quello di Lena, una dipendente timida al fondo della sala.

«Lena, per favore, si avvicini».

Lena, tremante, si avvicina al tavolo.

«In due giorni è stata lunica a mostrare professionalità e umanità. Sto creando un nuovo dipartimento di controllo interno e vorrei che lei ne facesse parte. Domani discuteremo del ruolo e della formazione».

Lena apre la bocca, ma non dice nulla.

«Andrà tutto bene», dichiara fermamente Guglielmina. «Ora tornate al lavoro. Lunica eccezione sono quelli che abbiamo licenziato. La giornata ricomincia».

Si gira e lascia la stanza, con dietro di sé un mondo crollato costruito su fumo e arroganza.

Non sente trionfo. Sentisce solo una fredda e silenziosa soddisfazione, quella che proviene dopo un lavoro ben fatto. Perché per erigere un edificio su fondamenta solide, prima bisogna spazzare via il marciume. E ora sta iniziando la grande pulizia.

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