Nonno mi ha lasciato in eredità una casa fatiscente alla periferia di Roma, e quando ho varcato la soglia, sono rimasto senza parole…

**Diario Personale**

Oggi ho riletto la lettera di nonno per lennesima volta. Mi ha lasciato questa vecchia casa in eredità, un rudere ai margini di un paesino della campagna toscana, mentre mia sorella ha ricevuto un appartamento di lusso nel centro di Firenze. Mio marito mi ha chiamata unincapace e se nè andato da mia sorella. Senza più nulla, sono partita per il paesino, e quando ho varcato la soglia di quella casa, sono rimasta senza fiato.

Lufficio del notaio era angusto, impregnato di odore di polvere e documenti ingialliti. Seduta su una sedia scomoda, sentivo i palmi delle mani umidi per la tensione. Accanto a me cera Elena, la mia sorella maggiore, impeccabile nel suo tailleur costoso e con la manicure perfetta. Sembrava essere lì per un affare, non per un testamento.

Scorreva il telefono con aria distratta, alzando appena gli occhi verso il notaio, come se avesse di meglio da fare. Io torcevo nervosamente la tracolla della mia borsa consumata. A trentaquattro anni, mi sentivo ancora la sorellina timida davanti a lei, sempre sicura di sé. Lavoravo in una biblioteca comunale, uno stipendio modesto, ma mi piaceva.

Per gli altri, però, era solo un passatempo. Soprattutto per Elena, che ricopriva un ruolo importante in unazienda e guadagnava in un mese quello che io mettevo insieme in un anno. Il notaio, un uomo anziano con gli occhiali, si schiarì la voce e aprì la cartella. Il silenzio si fece più pesante. Da qualche parte, un orologio a muro segnava il passare del tempo, accentuando la tensione.

Il ricordo di nonno mi tornò alla mente: *”Le cose più importanti accadono nel silenzio.”*

Il testamento di Carlo De Luca iniziò con voce monotona.

Lascio lappartamento di due stanze in via dei Calzaiuoli, numero 27, interno 43, con arredi e suppellettili, a mia nipote Elena Maria De Luca.

Elena non alzò nemmeno lo sguardo dal telefono, come se lo sapesse già. Il suo viso era impassibile. Sentii quel dolore familiare al petto. Ancora una volta, ero la seconda.

Elena era sempre stata la prima. A scuola, alluniversità, sposata con un imprenditore benestante. Aveva tutto: lappartamento elegante, la macchina di lusso, i vestiti firmati. E io? Sempre nella sua ombra.

Inoltre, la casa nel borgo di Montelupo, con annessi e terreni, lascio a mia nipote Anna Maria De Luca continuò il notaio.

Mi scossi. Una casa in campagna? Quella fatiscente dove nonno aveva vissuto da solo negli ultimi anni? La ricordavo a malapena, vista solo un paio di volte da bambina. Allora sembrava già sul punto di crollare.

Elena finalmente mi guardò con un sorrisetto:

Almeno hai avuto qualcosa, Anna. Anche se non capisco cosa potrai farne di quel rudere. Forse demolirlo e vendere il terreno.

Rimasi in silenzio. Perché nonno aveva fatto così? Anche lui mi considerava unincapace? Volevo piangere, ma mi trattenni. Non qui, davanti a lei.

Firmai i documenti e uscii. Fuori, mio marito Luca aspettava accanto alla sua macchina scassata, fumando con impazienza.

Allora? chiese senza salutare. Che hai ottenuto?

Gli raccontai tutto. Con ogni parola, la sua espressione diventava più cupa.

Una casa in mezzo al nulla?! Sei seria? Tua sorella ha un appartamento nel centro di Firenze e tu un rudere? sbottò, sbattendo un pugno sul cofano.

Non ho scelto io mormorai, la voce tremula.

Ma avresti potuto convincere tuo nonno! Sei sempre stata troppo remissiva. Incapace di farti valere!

Le sue parole mi ferirono profondamente. Sette anni di matrimonio, e mi trattava così.

Luca, per favore

Basta. Ho riflettuto. Questo matrimonio non funziona. Tu non mi dai quello che voglio dalla vita.

Mi sentii gelare.

Che vuoi dire?

Cerco una donna che mi sostenga, non una che lavora per due spicci in biblioteca e eredita case diroccate. Voglio vivere bene, Anna.

E allora?

Divorzio. Ho già parlato con un avvocato. E tu puoi andartene nella tua amata campagna.

Se ne andò senza voltarsi, lasciandomi sola. Quella notte, non riuscii a dormire. Avevo perso tutto in un giorno: marito, casa, dignità. Solo quella casa nel borgo era rimasta.

Il giorno dopo, partii per Montelupo. Quando varcai la soglia, rimasi senza parole. La casa era decrepita, ma pulita, come se qualcuno lavesse preparata per me.

Nella camera da letto, trovai una lettera sotto un cuscino. *”Alla mia cara Anna.”*

Con mani tremanti, la aprii.

*”Anna mia, se leggi questa lettera, significa che sono partito. Ti ho lasciato questa casa perché sapevo che saresti venuta. Tu, non Elena. Perché sei speciale. Ricordi quando da piccola chiedevi dei tesori? Ho passato la vita a raccoglierne uno per te. Non ho mai detto a nessuno, nemmeno a nonna. Dopo la guerra, molte famiglie abbandonavano i borghi, e io compravo oggetti antichi per pochi soldi. Quelli più preziosi li ho nascosti per te. Il tesoro è sepolto sotto il melo, a un metro e mezzo dal tronco, verso la casa. È la tua eredità vera. Usala bene, Anna. Non diventare come Elena. Ti voglio bene, nonno Carlo.”*

Mi precipitai in giardino e scavai. Trovai una cassetta di metallo piena di gioielli, monete doro, pietre preziose. Un tesoro vero.

Quando lesperto darte lo valutò, rimasi senza parole: *”Almeno 500.000 euro, forse di più.”*

Luca e Elena provarono a tornare nella mia vita, ma ora ero io a dettare le regole. Restaurai la casa, creai una piccola biblioteca per il paese, aiutai chi ne aveva bisogno.

Ora, seduta sotto il melo, sorrido. Nonno aveva ragione. Il vero tesoro non era loro, ma la libertà che mi aveva donato.

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