La nuora distribuiva i capi fatti a maglia con amore dalla suocera per i nipotini
— Ma cosa non ti piace di questi calzini? Sono caldi, fatti bene, di un colore così delicato, accogliente. Presto arriverà l’autunno, il freddo, è il momento perfetto per indossarli — chiesi a Carlotta, tenendo in mano un paio di calzini di lana che mi aveva appena passato.
— Bah, il motivo è un po’ antiquato — rispose lei scrollando le spalle, aggiustandosi una ciocca di capelli. — Ho un figlio maschio, non può mettere una cosa del genere. E la suocera ha già lavorato a maglia così tanto che gli armadi scoppiano, non si può portare tutto.
— Va bene, dammeli — sospirai, prendendo i calzini e mettendoli accanto a un maglione che Carlotta mi aveva regalato per il mio compleanno.
Maria Rosaria, la suocera della mia amica, era andata in pensione da poco. Viveva in una casetta a Ferrara ed era una vera artista con i ferri e il filo. Le sue creazioni erano meraviglie: cappelli, maglioni, calzini, tutto così bello da togliere il fiato. Ma la sua passione per il risparmio a volte le giocava brutti scherzi.
Maria Rosaria poteva disfare un vecchio cardigan per creare qualcosa di nuovo per i nipoti. Quei capi però sembravano trasandati, con nodi e segni di usura, e di certo non erano alla moda. Neppure con i colori era troppo attenta, prendendo quello che le capitava sottomano. Perciò Carlotta, la nuora, o buttava via i suoi regali o li regalava agli amici senza nemmeno aprirli.
Ma per i nipoti, Maria Rosaria si impegnava con tutto il cuore. Spendeva i suoi risparmi per comprare filati di qualità, passava ore a lavorare, mettendo in ogni punto amore e cura. Quei calzini che Carlotta mi aveva dato erano un capolavoro: morbidi, caldi, con un motivo delicato. Li tenevo tra le mani e sentivo il calore che la nonna voleva donare al nipote.
Una volta sbirciai dalla finestra e rimasi senza parole: il ragazzino del vicino correva in un cappello che Carlotta aveva cercato di rifilarmi qualche giorno prima. La stessa storia con una canottiera e una sciarpa — tutto quello che Maria Rosaria faceva con affetto, Carlotta lo regalava senza nemmeno provarlo su suo figlio. Non riuscivo a capire come si potesse agire così. Quelle non erano semplici cose da indossare: c’era un pezzetto del cuore di una donna anziana che voleva far felici i nipoti.
I calzini che Carlotta mi diede andavano perfetti a mia figlia. Glieli misi e lei batteva i piedini per casa tutta contenta, vantandosi di quanto fossero morbidi. Li avrei comprati volentieri in negozio, ma dove si trovano? Proposi a Carlotta di parlarne con la suocera, di spiegarle che alcuni stili non le piacevano, così non avrebbe perso tempo. Ma lei scrollò le spalle:
— Ma che dici? È più facile regalarli che discuterne con lei. Tanto non capirebbe.
La guardai e sentii montare dentro di me un’amarezza profonda. Non per me, ma per Maria Rosaria. Quella donna, con le sue mani segnate dalla fatica e il cuore buono, passava ore su ogni maglia pensando al nipote. E il suo lavoro finiva nel cestino o nelle mani di estranei, senza nemmeno un grazie.
Carlotta continuava a lamentarsi della suocera: si intrometteva troppo, dava troppi consigli. Ma io vedevo solo indifferenza. Maria Rosaria non lavorava a maglia solo per passare il tempo — cercava di avvicinarsi alla famiglia, al nipote che vedeva una volta al mese. E Carlotta, invece di apprezzare i suoi sforzi, la scacciava come una mosca noiosa.
Un giorno non ce la feci più. Eravamo a casa sua e stava distribuendo di nuovo i regali della suocera — questa volta una canottiera per suo figlio. Presi il capo tra le mani: lana soffice, motivo raffinato, cuciture perfette. Immaginai Maria Rosaria seduta sulla sua vecchia poltrona, contando i punti per far sì che tutto fosse impeccabile. E non riuscii a trattenermi:
— Carlotta, ma ti rendi conto di quanto lavoro c’è in questo? Fa tutto per tuo figlio, e tu non gli dai neanche un’occhiata!
Lei alzò gli occhi al cielo:
— Oh, ma che ti prende? Per me è più semplice regalarlo che spiegarle che non è moderno. Tanto si offenderebbe.
Tacqui, ma dentro ribollivo. Mi faceva male per quella donna, i cui sforzi nessuno apprezzava. Pensavo a come si sarebbe sentita, sapendo che i suoi regali finivano agli estranei. Forse lo intuiva già, ma taceva per non litigare con il figlio e la nuora?
Ora mi trovo davanti a un dilemma: prendere le cose che Carlotta mi offre, o rifiutare? Se le accetto, sembrerà che condivido la sua indifferenza. Se le rifiuto, si offenderà, e la nostra amicizia ne risentirà. Ma ogni volta che metto quei calzini a mia figlia, mi sento in colpa verso Maria Rosaria. Il suo lavoro merita rispetto, non di marcire negli armadi degli altri.
Cosa dovrei fare?