Nuora distribuisce oggetti fatti con amore da suocera per i nipoti

Oggi la nuora distribuiva i vestiti fatti a mano con amore dalla suocera per i nipoti.

“Ma cosa c’è che non va con questi calzini? Sono caldi, ben fatti, di un colore delicato e comodi. Con l’autunno alle porte, sarebbero perfetti,” chiesi a Chiara, stringendo tra le mani un paio di calzini di lana che mi aveva appena passato.

“Eh, il disegno è un po’ fuori moda,” rispose lei, aggiustandosi i capelli. “Mio figlio è un ragazzino, non può indossare certe cose. E poi la suocera ha già lavorato a maglia così tanto che gli armadi scoppiano, non sappiamo più dove mettere tutto.”

“Va bene, dammeli,” sospirai, prendendo i calzini e mettendoli accanto a un maglione che Chiara mi aveva regalato per il mio compleanno.

Maria Luigia, la suocera della mia amica, era andata in pensione da poco. Viveva in una casetta a Perugia ed era una vera maga del cucito. I suoi ferri e fili creavano meraviglie: cappelli, maglioni, calzini, tutto così bello che sembravano opere d’arte. Ma la sua abitudine di risparmiare a volte le giocava brutti scherzi.

Poteva disfare un vecchio cardigan per tesserne uno nuovo per i nipoti. Ma quei vestiti finivano per essere pieni di nodi e sfilacciature, e certi colori erano davvero improponibili. Per questo Chiara, la nuora, o buttava via i regali o li regalava a conoscenti senza neanche aprirli.

Ma per i nipoti, Maria Luigia ci metteva tutto l’impegno possibile. Spendava i suoi risparmi per la lana migliore, passava ore a lavorare, mettendo in ogni punto amore e cura. Quei calzini che Chiara mi aveva dato erano un piccolo capolavoro: morbidi, caldi, con un motivo elegante. Li tenevo in mano e sentivo il calore che quella nonna voleva trasmettere al nipote.

Una volta, sbirciai dalla finestra e vidi il ragazzino del vicino che correva con un cappello che Chiara aveva cercato di rifilarmi poco prima. Lo stesso era successo con un gilet e una sciarpa—tutto quello che Maria Luigia faceva con il cuore, Chiara distribuiva senza neanche provarli su suo figlio. Non capivo come potesse essere così insensibile. Quelle cose non erano solo vestiti: erano pezzi del cuore di una donna anziana che voleva far felici i nipoti.

I calzini che Chiara mi aveva dato erano perfetti per mia figlia. Glieli feci indossare, e lei saltellava per casa felice, dicendo quanto fossero comodi. Li avrei comprati volentieri in un negozio, ma dove si trovano lavorati così bene? Provai a suggerire a Chiara di parlarne con la suocera, di dirle quali cose non le piacevano, per evitare di far sprecare tempo. Ma lei scrollò le spalle:

“Ma dai, a che serve? È più facile regalarli che discutere con lei. Tanto non capirebbe.”

La osservai e sentii una rabbia bruciarmi dentro. Non per me, ma per Maria Luigia. Quella donna, con le sue mani nodose e il cuore buono, passava ore su ogni maglia pensando al nipote. E il suo lavoro finiva nel cestino o nelle mani di sconosciuti, senza neanche un grazie.

Chiara continuava a lamentarsi: la suocera era troppo invadente, dava troppi consigli. Ma io vedevo solo indifferenza. Maria Luigia non lavorava solo a maglia—cercava di avvicinarsi alla famiglia, a quel nipote che vedeva una volta al mese. E Chiara, invece di apprezzare, la respingeva come un fastidio.

Un giorno non ce la feci più. Eravamo a casa sua, e stava distribuendo altri regali della suocera—questa volta una maglietta per suo figlio. La presi tra le mani: lana soffice, motivo raffinato, cuciture perfette. Immaginai Maria Luigia, seduta nella sua vecchia poltrona, contando i punti per fare tutto al meglio. E scoppiai:

“Chiara, ma ti rendi conto di quanto lavoro c’è in questo? Lo fa per tuo figlio, e tu non ci dai neanche un’occhiata!”

Lei strizzò gli occhi:

“Oh, ma che dici? È più comodo regalarlo che spiegarle che non è di moda. Tanto si offenderebbe lo stesso.”

Non dissi nulla, ma dentro ribollivo. Mi faceva male per quella donna, i cui sforzi nessuno apprezzava. Pensavo a come si sarebbe sentita, sapendo che i suoi regali finivano nelle mani di altri. Forse lo immaginava già, ma taceva per non litigare con il figlio e la nuora?

Ora mi trovo davanti a una scelta: accettare le cose che Chiara cerca di rifilarmi, oppure rifiutare? Se le prendo, sembra che approvi la sua insensibilità. Se le rifiuto, si offenderà e la nostra amicizia ne risentirà. Ma ogni volta che faccio indossare quei calzini a mia figlia, mi sento in colpa verso Maria Luigia. Il suo lavoro merita rispetto, non di marcire negli armadi degli altri.

Cosa dovrei fare?

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