Nuora e il suo ultimatum

Oggi è stata una mattinata che non dimenticherò facilmente. Mia nuora, Federica, mi ha fissato dritto negli occhi e ha detto con tono glaciale: “Valentina, da oggi tu, cara suocera, non mangerai più nessuno dei miei piatti. Fai pure come ti pare, ti ho riservato uno scaffale in frigorifero. Cucinati da sola, e possibilmente prima che io mi svegli o torni dal lavoro.” Sono rimasta lì, fulminata, senza credere alle mie orecchie. Ma insomma, dopo una vita passata a cucinare per la famiglia, adesso mi cacciano dalla cucina e mi negano il diritto a un pasto fatto in casa? Ancora adesso fremo di rabbia, e devo sfogarmi, altrimenti scoppio.

Vivo con mio marito Enrico e nostro figlio Matteo, insieme a sua moglie Federica, da quasi tre anni. Quando si sono sposati, abbiamo proposto loro di trasferirsi qui—la casa è grande, c’è spazio per tutti, e pensavo di poterli aiutare. All’inizio Federica sembrava una ragazza dolce: sorrideva, ringraziava per i pranzi, mi chiedeva persino le ricette delle mie polpette. Io, ingenua, ero felice che Matteo avesse trovato una moglie così. Cucinavo, pulivo, facevo di tutto perché stessero bene. E ora mi fa questo! Come se fossi un’estranea nella mia stessa casa, come se i miei ragù e le mie torte fossero indegni di sua maestà.

Tutto è iniziato qualche mese fa, quando Federica ha cominciato a brontolare che “cucinavo troppo”. Diceva che era a dieta e che i miei piatti erano “troppo pesanti”. Mi sembrava strano—nessuno la obbligava a mangiare la parmigiana! Se vuoi stare a dieta, cuociti le zucchine al vapore, mica ti impedisco niente. Ma invece ha iniziato a criticare tutto: la pasta è scotta, la minestra è insipida, “perché usi così tanto olio?” Ho sempre taciuto, per evitare litigi. Anche Matteo mi diceva: “Mamma, non darle peso, Federica è stressata dal lavoro.” Ma io sapevo che non era lo stress. Aveva deciso che la cucina era il suo territorio, e io ero di troppo.

E poi, ieri, il colmo. Come al solito, ho preparato i pancakes per colazione—soffici e dorati, quelli che Matteo adora da quando era piccolo. Li ho portati in tavola e ho chiamato tutti. Federica scende, li guarda come fossero veleno, e dice: “Valentina, ti avevo chiesto di non cucinare così tanto. Io e Matteo mangiamo il muesli la mattina.” Stavo per rispondere che il muesli non era vietato, ma poi è arrivato l’ultimatum. Uno scaffale in frigo! Cucinarmi da sola! E questo nella mia casa, dove ho lavorato per quarant’anni, dove ogni angolo sa del mio sudore!

Ho provato a parlarne con Matteo. “Figlio mio, ma allora devo farmi da mangiare da sola, come in una pensione? Questa è casa tua, ma io non sono la domestica.” Lui, come sempre, ha fatto il pacificatore: “Mamma, Federica vuole solo un po’ di spazio suo. Cerca di capirla.” Spazio? E il mio dov’è? Ho sempre vissuto per la famiglia, e ora mi relegano a uno scaffale del frigorifero? Enrico, mio marito, non mi ha sostenuto nemmeno lui. “Dai, Valentina, non esagerare—ha detto—Federica è giovane, vuole sentirsi padrona di casa.” Padrona? E io che sono?

Francamente, non so come reagire. Una parte di me vorrebbe fare le valigie e andare da mia sorella a Firenze, lasciarli arrangiarsi. Ma questa è casa mia, la mia cucina, mio figlio! Perché dovrei cedere? Ho sempre cercato di essere una brava suocera: non mi intromettevo, non criticavo le sue sperimentazioni vegane, persino i piatti li lavavo io quando lei era “stanca”. E ora mi cancella dalla tavola di famiglia come se fossi un’estranea.

Ieri sera sono entrata in cucina e mi sono preparata la cena—patate ai funghi, come piace a me. Federica, vedendomi, ha sbuffato: “Vedi, Valentina, così va meglio, no?” Non ho risposto, ma dentro ribollivo. Meglio? È meglio dividere la famiglia in “i tuoi piatti” e “i miei”? Io ho sempre creduto che il cibo unisse, che a tavola si risolvessero i problemi. E invece adesso è guerra, per colpa di pancakes e scaffali del frigorifero.

Sto pensando a come muovermi. Forse dovrei parlare apertamente con Federica, dirle che mi ferisce essere trattata come un’ospite. Ma temo che giri tutto contro di me, che mi accusi di “varcare i suoi confini”. Oppure potrei smettere di cucinare del tutto? Che Matteo e Federica mangino il loro muesli, io mi farò portare la pizza. Vediamo quanto resistono senza le mie lasagne.

Ma quello che mi spezza il cuore è Matteo. È stretto in mezzo: io da una parte, sua moglie dall’altra. Non voglio che soffra, ma non mi umilierò. Ho lavorato tutta la vita, cresciuto mio figlio, costruito questa casa. E ora una ragazzina mi dice qual è il mio posto? No, Federica, così non va.

Per ora ho deciso di restare neutrale. Cucino per me, come vuole lei, ma non mi arrendo. Forse capirà che non sono disposta a mendicare attenzioni. O forse dovrò chiamare Enrico e Matteo per un confronto serio. Non voglio guerre in famiglia, ma non starò più zitta. Questa casa è mia, e ho diritto anch’io a un posto a tavola. E Federica dovrebbe chiedersi se i suoi “confini” valgono la distruzione di una famiglia.

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