«Nuora si riposa in ospedale, mentre noi con marito ci esauriamo con i nipoti. Sembra che sia andata in ospedale di proposito»

Oggi mi sento davvero stanca. Mia nuora è in ospedale in attesa del parto, mentre io e mio marito siamo allo stremo con i nipotini. A volte penso che si sia fatta ricoverare prima del tempo apposta.

Mio figlio mi dice: «Mamma, lo vedi anche tu la situazione — solo tu puoi aiutarci!» Io, Anna Rossi, sessant’anni e originaria di Firenze, cosa posso fare? Aiuto come posso, ma le forze ormai mi abbandonano…

Dieci giorni fa, mia nuora, Lucia, al nono mese di gravidanza, si è lamentata di febbre, raffreddore e mal di gola. Poi ha perso gusto e olfatto. Mio figlio, Marco, lavora tutto il giorno in cantiere, così non c’era nessuno che badasse ai bambini. E Lucia, senza pensarci troppo, è corsa in ospedale — «per precauzione». E i due piccoli, di quattro e due anni, sono finiti da noi nonni.

Certo, capisco, la salute è importante, specialmente a 41 settimane… Ma perché ci mette così tanto? L’ultima volta ha partorito in due ore, siamo arrivati all’ospedale che era già quasi finita. Adesso invece è lì da due settimane come in vacanza. Guarda una serie TV dopo l’altra, ha fatto portare il laptop da Marco e dice che aspetta le contrazioni. E noi qui con i nipotini che non sappiamo più dove scappare…

Parlo con amarezza. Non sono una che si lamenta, ma la stanchezza e la sensazione d’ingiustizia crescono giorno dopo giorno. Prima Lucia lasciava sempre i bambini a sua madre. Adesso invece, improvvisamente, la nonna paterna è diventata «l’unica speranza».

Io e Vittorio — mio marito — non siamo più giovani. Sono occupata dalla mattina alla sera, i bambini sono ingestibili — uno ancora col pannolino, l’altro urla se il cucchiaio non è quello giusto. Farli mangiare è una battaglia, lavarli un’altra, metterli a dormire è un circo. Non hanno dimenticato la mamma e chiedono sempre quando torna. E io… io non lo so più.

Ricordo quando, l’ultima volta, Lucia è andata in ospedale «in anticipo». Allora c’era solo un bambino, e abbiamo dovuto correre a lasciarlo da una vicina finché non sono arrivata io. Dopo un’ora e mezza dalla chiamata, aveva già partorito. Tutto velocissimo. E adesso… terza gravidanza.

Sei mesi fa Marco mi ha annunciato: «Mamma, arriva un altro bambino». Ho esclamato: «Ma fate a gara a chi ne fa di più?». Lui mi ha risposto: «Tranquilla, è tutto calcolato». Certo, calcolato finché va tutto bene. Poi al primo problema: «Mamma, solo tu puoi aiutare!». E io cosa faccio? Non posso dire di no. Ma è troppo difficile!

Il maggiore andava all’asilo, ma Lucia l’ha tolto — «per evitare che si ammali prima del parto». Io non posso portarlo all’altro lato della città, così restiamo a casa. E in casa, caos e urla. Anche quando tacciono, continuo a sentire le loro voci nella testa.

Il piccolo non sa usare il cucchiaio, c’è pappa ovunque. Il maggiore si lamenta tutto il giorno, litigano, si picchiano. Li guardo e penso: come farà Lucia con tre? Io con due sto già cedendo!

La sera, quando Vittorio torna dal lavoro, si occupa dei bambini mentre io preparo da mangiare per il giorno dopo. Li nutro, lavo, vesto, pulisco… e solo verso le nove riesco a chiamare Marco.

«Allora, è nato?» chiedo. Lui risponde: «No, ancora nulla, aspettiamo. Hanno fatto l’ecografia, è una femmina, sta bene». Ma allora perché restare lì altre due settimane?

Non nascondo la mia irritazione. Non è la gravidanza in sé che mi infastidisce, ma come è organizzato tutto. Lucia, secondo me, si è presa una pausa: sdraiata in ospedale, chatta sui forum, guarda film, mentre della casa e dei bambini se ne è lavata le mani.

Ho detto a Marco: «Falla dimettere! Se partorisce a casa, chiamiamo l’ambulanza come fanno tutti». La figlia di un’amica ha partorito ed era già a casa il giorno dopo! E l’amica di mia figlia ha fatto altrettanto. Ma da noi deve diventare uno spettacolo!

E Marco cosa dice?

«Mamma, resisti, manca poco, ormai non può più uscire». Io ribatto: «Che firmi il foglio di dimissioni e torni a casa!». Ma niente, non mi ascolta. E io… io sono allo stremo.

Chi ha ragione in questa storia? La nuora che vuole tutelare la sua salute e va in ospedale prima? O la suocera che si logora facendo il lavoro di una madre?

Difficile dirlo. Ma una cosa è certa: la pazienza di questa nonna è al limite.

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