Nera suocera, nuova vita — e nessuna ansia
“Vittorio, ricordati di comprare il ‘Millefoglie’ e della frutta per il weekend,” ricordò Lucia al marito, dando un’occhiata distratta al frigorifero.
“Perché? Festeggiamo qualcosa?” chiese Vittorio, mentre maneggiava la confezione del caffè.
“Hai dimenticato ancora? Sabato arriva mamma! Con il suo nuovo marito. Verranno a vivere qui, nella nostra città!” disse Lucia, con un tono deciso.
“Vivere qui? Ma abbiamo un bilocale!” esclamò Vittorio, lasciando cadere il caffè sul tavolo.
“Non nella nostra casa, ovvio,” replicò Lucia, alzando le mani. “È che mamma è andata in pensione, si è risposata e vuole trasferirsi vicino a noi. Per vedere il nipotino, per darci una mano.”
Vittorio annuì e promise di fare compere, ma dentro di lui cresceva un’inquietudine strana. Sua suocera, Elena Raffaella, gli aveva sempre messo i brividi. Non una donna, ma un blocco di marmo — elegante, fredda, con la pettinatura perfetta e un tono da capoufficio. Aveva lavorato per anni nelle ferrovie, tenendo i suoi sottoposti sotto il tallone. E ogni volta che raccontava come puniva i dipendenti, Vittorio ringraziava il cielo di non essere uno di loro.
E ora… sarebbe stata vicina. La sua energia titanica si sarebbe riversata sulla loro famiglia? Avrebbe interferito con l’educazione di Davide, dettando regole e modi?
Lucia, invece, era entusiasta. Aiuto con Davide, compiti, scuola — niente più corse disperate dal lavoro. “Mamma si occuperà di tutto,” assicurava. Ma Vittorio sentiva che la loro vita tranquilla stava per finire.
Finalmente arrivò il sabato. Bussarono alla porta.
“Vittò, è arrivata mamma!” gridò Lucia, correndo ad aprire.
Spalancò la porta… e si bloccò. Sulla soglia c’erano due persone. Accanto a un uomo robusto e bonario, una donna minuta, sorridente, con una chioma corta e bionda. Vittorio rimase a bocca aperta. Non era la stessa Elena Raffaella che conosceva!
Ma allora la donna, con la voce familiare ma insolitamente calda, esclamò:
“Figli miei, quanto mi siete mancati! Vittorio, Luci, Davide, buongiorno, tesori!”
Vittorio scambiò uno sguardo con la moglie. Intanto l’uomo già gli stringeva la mano con vigore:
“Ehilà, genero! Sono Riccardo Marcello. Spero saremo amici!” E con un gran sorriso trascinò una pesante borsa in cucina.
Elena abbracciò la figlia, poi il nipotino, e persino Vittorio ebbe la sua dose di affetto. Lui restò lì, incredulo.
Intanto, in cucina, Riccardo tirava fuori dalla borsa barattoli di sottaceti, salumi e, come da tradizione, una bottiglietta di grappa. Notò lo sguardo di Vittorio e rise:
“E come no! Ora siamo famiglia. Vuoi che ti racconti come ho conosciuto la tua Elena?”
A quanto pare, Riccardo era caposquadra in un deposito vicino. Una volta arrivò un’ispezione — e tra gli ispettori c’era lei. Severa, inflessibile. Lui non si perse d’animo, disse le cose come stavano. Lei provò a piegarlo con l’autorità — senza successo. E quando lui, con ironia, la chiamò “donna affascinante”, per la prima volta dopo anni, lei arrossì.
E da lì partì tutto. Un appuntamento, poi il caffè, poi la barca, i funghi e l’amore. Riccardo aveva risvegliato in Elena non solo la donna, ma anche la nonna affettuosa. Ora andavano a prendere Davide a scuola, lo portavano in campagna, Elena si era appassionata alla pesca, e ultimamente cercavano una barca su internet.
“Venite anche voi in campagna, Vittorio,” gli disse una volta. “Solo lavoro e lavoro… ma quando si vive?”
Quando Paolo, l’amico di Vittorio, seppe del cambiamento della suocera, sospirò:
“Hai avuto una fortuna incredibile. La mia suocera ha quasi distrutto la mia famiglia, la tua invece è un tesoro!”
E Vittorio era d’accordo. Ora guardava Elena Raffaella con occhi diversi. Perché a volte un cuore di ferro… aspetta solo qualcuno che lo sciolga.