Occhio per occhio: il prezzo dell’indifferenza

**Occhio per occhio: il prezzo dell’indifferenza**

Nel grazioso paese sulle rive del Po, Tamara Romano aveva passato anni a cercare di essere la madre e suocera perfetta. Aveva sacrificato tempo, energie e denaro per la felicità di suo figlio e di sua moglie. Ma la loro indifferenza e ingratitudine le avevano spezzato il cuore. Quando la nuora, disperata, le aveva chiesto aiuto, Tamara per la prima volta aveva rifiutato, decisa che fosse giunto il momento di ripagarli con la stessa moneta. Ora si domandava: era giusta la sua vendetta, o era solo l’inizio della fine dei loro legami familiari?

Poco prima, era squillato il telefono. Era la nuora, Benedetta. La sua voce tremava di debolezza: “Tamara, ti prego, vieni! Ho la febbre alta, la gola mi brucia per l’angina. Sto malissimo! Resta con Giulia, aiutami!” Tamara, seduta nel suo appartamento in città, rispose fredda: “Mi dispiace, Benedetta, ma non posso. Sono in campagna, non tornerò presto.” Riattaccò, sentendo dentro di sé un groviglio di rabbia e un amaro sollievo.

Quando raccontò l’accaduto alla vicina, Lucia, questa alzò le mani al cielo: “Tamara, che fai? Sei in città, mica in campagna! Benedetta è davvero in difficoltà, la bambina ha solo tre mesi! Come puoi essere così crudele?” Tamara aggrottò le sopracciglia: “Mia nipote, sì, tre mesi. Ma Benedetta se lo merita. Per cinque anni ho cercato di essere sua amica. Per il matrimonio ho dato loro una montagna di soldi, ho aiutato con la ristrutturazione, ho arredato il loro appartamento. E loro mi hanno mai ringraziata? Mai! Spendono solo in vestiti firmati, telefono nuovi e viaggi ai resort!”

La sua voce si fece più acuta, carica di dolore: “Quando Benedetta era incinta, l’ho portata dai migliori dottori, consegnavo io stessa le analisi in clinica. Le portavo cibo fatto in casa all’ospedale e prima che tornassero, ho pulito il loro appartamento fino a farlo splendere. E poi? Neanche un grazie! Davano tutto per scontato, come se fosse mio dovere.” Lucia sospirò: “Tamara, i figli spesso pensano che i genitori debbano aiutarli.” Ma Tamara scosse la testa: “Dovere? E quando ho chiesto aiuto a loro, mi hanno voltato le spalle!”

L’unica volta che Tamara aveva chiesto sostegno a suo figlio, Marco, era tornata da una visita alla sorella con pesanti borse. “Marco, vieni a prendermi in stazione, per favore,” aveva supplicato. Lui aveva accettato, ma un’ora dopo era arrivata la chiamata di Benedetta: “Tamara, prendi un taxi. Marco dovrebbe chiedere permesso al lavoro, sarebbe un problema. Il treno arriva all’alba, non dormirebbe abbastanza.” Tamara aveva sentito il peso del tradimento. “Hanno trovato il tempo quando Benedetta e la bambina dovevano andare in ospedale! Ma per me no?” si lamentò con Lucia.

“Benedetta ha ragione, non si possono prendere troppi giorni di permesso,” tentò di calmarla Lucia. “Marco mantiene la famiglia, non può rischiare.” Ma Tamara non fu convinta: “Avrebbe potuto! Io chiedo raramente, e loro neanche hanno chiamato per sapere se fossi arrivata. Le borse erano troppo pesanti, non ce l’avrei fatta da sola. Per fortuna dei compagni di viaggio mi hanno aiutato a scendere, poi ho pagato un facchino. Un tassista, uno sconosciuto, le ha portate fino a casa! E mio figlio e sua moglie mi hanno lasciata sola!” Gli occhi le si riempirono di lacrime, ma la voce divenne più ferma: “Allora ho deciso: basta. Non li aiuterò più.”

Lucia scosse la testa: “Tamara, la piccola Giulia non ha colpe.” Tamara tacque, sentendo il dolore della coscienza, ma il risentimento era più forte. “Sono diventati arroganti, Lucia. Io devo essere al loro servizio, e loro per me nulla? È ingiusto! Ora proveranno cosa significa essere ignorati.” Ricordava come si fosse orgogliosa di suo figlio, come avesse sognato una famiglia unita con la nuora. Ma ogni suo gesto era stato accolto con freddezza, ogni suo sacrificio considerato scontato. Ora aveva deciso: se loro non la apprezzavano, avrebbe fatto lo stesso.

Ogni notte Tamara giaceva insonne, divisa tra rabbia e nostalgia. Immaginava la piccola Giulia che piangeva nella culla, e Benedetta, febbricitante e disperata. Il cuore le si stringeva, ma il ricordo del tradimento di Marco e Benedetta soffocava la pietà. “Hanno scelto loro questa strada,” sussurrava nel buio, ma le lacrime le scendevano silenziose. Sapeva che la sua decisione avrebbe potuto spezzare per sempre il legame con il figlio e la nipote, ma ormai era troppo tardi per tornare indietro. “La giustizia deve prevalere,” ripeteva, anche se nel profondo temeva che quella stessa giustizia l’avrebbe lasciata sola.

Tamara guardava dalla finestra le strade innevate del paese e si chiedeva: aveva fatto la cosa giusta? Il cuore le si spezzava tra il desiderio di punire i suoi ingrati e la paura di perderli per sempre. Ripensava alla gioia per la nascita di Giulia, ai sogni di coccolarla. Ma l’indifferenza di suo figlio e di Benedetta aveva ucciso quella felicità. Ora aspettava che facessero loro un passo verso di lei, ma il telefono restava muto. “Ho fatto bene?” si domandava, senza trovare risposta.

Rate article
Add a comment

;-) :| :x :twisted: :smile: :shock: :sad: :roll: :razz: :oops: :o :mrgreen: :lol: :idea: :grin: :evil: :cry: :cool: :arrow: :???: :?: :!:

4 × 5 =

Occhio per occhio: il prezzo dell’indifferenza