Oddio, che nervi!” Stavo per urlare a mia cognata, ma mi sono trattenuta. E ora eccola di nuovo qui, con la valigia pronta per il weekend…

«Mamma mia, che rottura!» Stavo per urlarlo alla cognata, ma mi sono trattenuta. E invece, eccola di nuovo con la valigia per il weekend

«Ma basta, mi stai sfiancando!» Avrei voluto gridarlo alla sorella di mio marito. Ho stretto i denti. E lei, puntuale come un treno svizzero, si è presentata di nuovo con la sua valigia.

Mi chiamo Alessia, ho trentanove anni. Sono sposata con Marco da dodici, e insieme formiamo una famiglia solida, con nostro figlio che cresce e tutto sembra filare liscio. Ma cè un “ma” che mi avvelena la vita da anni: sua sorella, Donatella.

Donatella ha otto anni più di Marco. Non si è mai sposata, non ha figli. Vive da sola nella casa di fronte a noi e, diciamocelo, vive anche da noi. Non esagero: appare nel nostro appartamento come un fantasma, silenziosa e insistente, ogni santo giorno. A volte sospetto che Donatella abbia una scorta illimitata di chiavi del nostro palazzo.

Allinizio cercavo di essere educata, persino gentile. Dopotutto, è la sorella di mio marito, fa parte della famiglia. Pensavo: “Verrà, berrà un caffè, chiacchiererà e poi se ne andrà”. Invece veniva ogni sera. E nei weekend. E durante le vacanze. Persino quando avevamo altri ospiti. Se stavo male, eccola lì.

Donatella non conosce confini. Commenta tutto: la mia pasta al sugo, come cresco mio figlio, persino come mi vesto. A volte sono troppo silenziosa, altre rido troppo forte, il mio tiramisù è troppo dolce o la casa è “un disastro”. Soprattutto, non chiede: pretende. E io ingoio il rospo. Perché odio i conflitti. Perché Marco mi dice: «Alessia, fai uno sforzo, è sola, siamo tutto quello che ha».

Ho pazientato. Ma la pazienza ha un limite.

Donatella lavora come contabile in unazienda privata. Finisce prima di me e arriva direttamente da noi. Torno a casa e la trovo già installata sul divano, la TV accesa, il gatto nascosto sotto il letto. Mio figlio incollato al cellulare. E lei, come se fosse a casa sua. La cena laspetta. O sono io che devo aspettare che liberi il bagno. Cena con noi, poi racconta per ore le sue “avventure” al fisco, che nessuno ascolta. Poi se ne va. Beh, a volte resta a dormire, perché “ha paura dei temporali” o perché “il riscaldamento a casa sua non funziona”.

Quando organizzavamo una gita, Donatella veniva con noi. Non importava se sognavo un weekend romantico. Non importava se Marco mi aveva promesso una fuga al mare per il mio compleanno. Donatella era lì. Nella nostra camera dalbergo. Sotto lo stesso tetto. Tutto pagato da Marco. Eppure, guadagna bene, risparmia “per i giorni difficili”, come dice. Evidentemente, crede che quel giorno difficile sia io.

E la madre di Marco mi considera uningrata. «Donatella non è unestranea, è sola e ha bisogno di noi», dice. Capisco che non abbia né marito né figli. Ma perché dovrei sacrificare il mio comfort?

Una volta ho osato dire a Marco:

Basta. Va oltre ogni limite. È ovunque. È insopportabile!

Lui ha scrollato le spalle:

Che vuoi che faccia? È mia sorella

Recentemente, è andata oltre. Siamo andati a teatro, solo noi due. Avevo insistito per quella serata. Unamica teneva nostro figlio. Appena seduti in poltrona squilla il telefono. Donatella.

Dove siete? Perché non mi avete invitata? Volete cancellarmi dalla vostra vita? urlava al telefono.

Due giorni dopo, è tornata. Con la sua borsa. La sua camicia da notte. La sua serie preferita. «Ho il weekend libero, ho deciso di passarlo con voi», ha annunciato.

Ero in piedi in cucina, le mani strette sul bordo del tavolo. Ho trattenuto un urlo. Ho mantenuto il silenzio. Ma qualcosa dentro di me si è spezzato.

Non so come dire a Marco che non ce la faccio più. Che ho bisogno di una casa senza un terzo adulto. Senza consigli continui. Senza drammi. Senza Donatella.

E temo che, se nulla cambia, finirò per andarmene. Per riprendere fiato. Perché neanche lamore resiste quando unaltra vita si insinua tra te e tuo marito. Troppo rumorosa. Troppo invadente. Troppo estranea.

Oggi ho capito una cosa: non si può costruire la felicità sul silenzio. Bisogna fissare dei limiti, anche con la famiglia. Perché nessuno dovrebbe vivere prigioniero della generosità forzata.

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Oddio, che nervi!” Stavo per urlare a mia cognata, ma mi sono trattenuta. E ora eccola di nuovo qui, con la valigia pronta per il weekend…