Ogni giorno con mia suocera: come ha trasformato la mia vita in un inferno

Ogni giorno con mia suocera: come ha trasformato la mia vita in un inferno

Nessun giorno senza suocera: come questa donna ha fatto della mia vita un dramma da commedia allitaliana

Quando Luca ed io ci siamo sposati, la nostra prima decisione e la più saggia, o almeno così credevo fu di vivere lontano dai genitori. Lui era ingegnere in unazienda privata piuttosto prestigiosa a Milano, e io avevo investito la mia parte della vendita dellappartamento della nonna in un mutuo. Iniziammo a costruire il nostro nido, sognando tranquillità, serenità e una piccola famiglia tutta nostra. Ma chi avrebbe mai immaginato che sua madre si sarebbe intrufolata in ogni angolo della nostra esistenza?

Fisicamente, non viveva sotto il nostro tetto. Eppure, la sentivamo ovunque: in ogni presa della corrente, in ogni armadio, persino nel modo in cui disponevo i cucchiai in cucina. Nessuna decisione che si trattasse di comprare una macchinetta del caffè, delle tende o un semplice tappetino per il bagno sfuggiva al suo controllo.

Se osavo accennare al desiderio di cambiare le tende, eccola piombare in casa armata di cataloghi, consigli e fogli Excel con preventivi dettagliati. Per le feste, scriveva copioni come se stessimo partecipando a un festival teatrale. Una volta, avevamo organizzato di passare Capodanno in una baita sulle Dolomiti con degli amici. Tutto era pronto: prenotazioni fatte, spesa fatta, auto noleggiata. Ma lei inscenò un dramma degno della miglior telenovela: lacrime, recriminazioni, frasi del tipo «Una serata così speciale, e mi abbandonate come una vecchia signora sola!». Risultato? Rimanemmo a casa, i soldi buttati, mentre lei criticava i cantanti di Sanremo dal divano, seduta come la regina Vittoria.

Quando finalmente rimasi incinta, io e Luca decidemmo di trasformare la camera degli ospiti in una nursery. Ne accennammo appena Il mattino dopo, era già sulla soglia di casa con due muratori al seguito e rotoli di carta da parati sotto braccio. Non feci in tempo a dire «Mamma mia!» che i lavori erano già iniziati. Secondo i suoi piani. I suoi colori. La sua estetica. E io, nella mia stessa casa, mi sentivo unestranea.

Ho ripetuto mille volte a mio marito che era troppo, che non mi sentivo più a mio agio, che volevo scegliere io le mie cose dalla carta da parati allo spazzolino. Ma lui mi rispondeva sempre con la stessa frase: «Mamma vuole solo aiutare. Ha buon gusto. Lo fa per amore.» E il mio amore? I miei desideri? Il mio gusto? Non contano nulla perché non ho messo al mondo «un figlio perfetto come Luca»?

E poi arrivò il colpo di grazia. Un giorno si presentò trionfante: «Io e Luca partiamo per una vacanza. In Grecia. Ho bisogno di staccare, porto tutto il peso della famiglia sulle spalle.» Io ero lì, al settimo mese di gravidanza, senza parole. Mio marito borbottò che non poteva lasciarla partire da sola. Allora fui chiara: se fosse partito con lei, poteva dimenticarsi di avere una moglie.

Il risultato? Fece irruzione in casa urlando che ero gelosa. Che lei aveva partorito mio marito e laveva cresciuto, mentre io ero solo uningrata. Che non potevo partire perché avevo «la pancia grossa», e ora le impedivo di respirare dopo «una vita di sacrifici». Insomma, lei faceva tutto per noi, e noi

Non so più cosa sia giusto o sbagliato. Sono stanca di vivere in tre in un matrimonio di due. Non voglio la guerra, ma non posso neanche accettare questa situazione. Mi sento svanire come donna, come moglie, come futura madre. Ho paura che una volta nato il bambino, lei non scelga solo i pannolini, ma anche il nome, la scuola, gli amici

Ragazze, avete consigli per sopravvivere a una suocera doro? O è una battaglia persa e devo semplicemente rassegnarmi, sapendo che sarà sempre lì come unombra, una voce fuori campo, sempre più forte della mia?

Ditemi tutto. Non so più come uscire da questo teatrino.

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