**Diario personale: Ogni giorno con mia suocera come ha trasformato la mia vita in un inferno**
Nessun giorno senza suocera: come questa donna ha reso la mia vita un incubo.
Quando io e Luca ci siamo sposati, la prima decisionee la più saggia, o almeno così credevofu di vivere lontano dai nostri genitori. Lui lavorava come ingenere in unazienda privata piuttosto prestigiosa, mentre io avevo investito la mia parte delleredità della nonna in un mutuo. Iniziammo a costruire il nostro nido, sognando tranquillità, dolcezza e una piccola famiglia tutta nostra. Ma chi avrebbe mai immaginato che sua madre si sarebbe installata nelle nostre vite?
Fisicamente, non viveva sotto il nostro tetto. Eppure, la sentivamo ovunque: in ogni presa della corrente, in ogni armadio, in ogni cucchiaio. Nessuna decisioneche fosse comprare un bollitore, delle tende o persino un semplice tappetino da bagnosfuggiva al suo intervento.
Se osavo accennare al bisogno di cambiare le tende, eccola lì, armata di cataloghi, consigli infiniti e unorganizzazione degna di un generale. Per le feste, scriveva copioni come se stessimo partecipando a un concorso di teatro amatoriale. Una volta, avevamo organizzato di passare Capodanno in un rifugio montano con degli amici. Tutto era prenotato, la spesa fatta, i trasporti organizzati. Ma lei inscenò una tale recita che anche Pirandello avrebbe applaudito. Lacrime, rimproveri, lamentazioni: «Una serata così speciale, e abbandonate vostra madre!» Risultato? Restammo a casa, i soldi persi, mentre lei criticava gli artisti in tv, seduta in poltrona come unimperatrice.
Quando finalmente rimasi incinta, io e Luca decidemmo di trasformare la camera degli ospiti in una nursery. Appena ne parlammo Il mattino dopo, eccola sulla soglia con due muratori al seguito e rotoli di carta da parati sotto braccio. Non ebbi nemmeno il tempo di aprire boccai lavori erano già iniziati. Secondo i suoi piani. I suoi colori. La sua visione. E io, nella mia stessa casa, mi sentivo unintrusa.
Ho ripetuto mille volte a mio marito che era troppo, che non mi sentivo più a casa, che volevo scegliere io le mie cosedalla carta da parati alla spugna per i piatti. Ma lui rispondeva sempre lo stesso: «Mamma vuole solo aiutare. Ha buon gusto. Lo fa per amore.» E il mio, allora? I miei desideri? Il mio gusto? Non contano nulla solo perché non ho messo al mondo «un figlio così meraviglioso»?
E poi, lapoteosi. Arrivò un giorno trionfante: «Io e Luca andiamo in vacanza. In Grecia. Ho bisogno di staccare, porto tutto sulle mie spalle.» Io ero lì, a sette mesi di gravidanza, senza parole. Mio marito balbettò che non poteva lasciarla andare da sola. Così, fui chiara: se fosse partito con lei, poteva dimenticarsi di avere una moglie.
Il risultato? Entrò in casa urlando che ero gelosa. Che lei aveva partorito mio marito e laveva cresciuto, e che io ero solo uningrata. Che non potevo partire perché avevo «la pancia grossa», e ora le impedivo di respirare dopo «questa vita ingrata». Insomma, lei faceva tutto per noi, e noi
Non so più cosa sia giusto. Sono stanca di vivere in tre in un matrimonio di due. Non voglio la guerra, ma non posso accettare neanche questo. Mi sento svanirecome donna, come moglie, come futura madre. Ho paura che, una volta nato il bambino, non sceglierà solo i pannolini, ma anche il nome, la scuola, gli amici
Ragazze, avete consigli per sopravvivere a una suocera così? O è una battaglia persa, e devo rassegnarmi al fatto che sarà qui fino alla finecome unombra, una voce fuori campo, sempre più forte della mia?
Ditemi tutto. Non so più come combattere questo circo.