Oksana e sua madre sedevano su un vecchio letto. Entrambe indossavano abiti pesanti. Era inverno, e in casa avevano appena acceso la stufa.

**Diario Personale**

Oggi, io e la mamma sedevamo sul vecchio letto, entrambe ben coperte. Fuori era inverno, e in casa avevamo appena acceso la stufa a legna.

“Non preoccuparti, mamma. Andrà tutto bene. Non ci mancherà nulla. Ora ti preparo le medicine.”

Cercavo di tranquillizzarla, anche se lei non era veramente mia madre, ma la suoceraanzi, quasi ex-suocera.

La storia è questa: vivevamo in trelei, suo figlio, e io, la moglie.

Mi sono sposata tardi, a trentanni. Ero la seconda moglie di Federico, che era già divorziato quando ci siamo conosciuti.

A sua madre, Maria Grazia, sono piaciuta subito. E anche a me lei. Era dolce, affettuosami abbracciava, mi ascoltava, mi capiva. Avevo perso i miei genitori da giovane, e in lei avevo trovato unanima familiare.

“Vi siete messe daccordo,” diceva Federico di noi.

Cinque anni di matrimonio, passati come un soffio. Poi Federico diventò aggressivo, violento. Gridava contro di me, contro sua madre. La ragione? Unamante. Tornava a casa ubriaco, sempre più tardi.

Un giorno annunciò che voleva il divorzio. Ci diede due giorni per andarcene. Non avevo neanche fatto le valigie che arrivò lei, la sua donna, con la sua borsa enorme.

Forse voleva umiliarmi, ma non ci riuscì. Era una bionda alta, con labbra carnose e ciglia finte così lunghe che sembravano ventagli. Non trattenni una risata.

“Mi hai lasciato per questa bambola con le ciglia da mucca? Beh, buona fortuna. Io non ti rimpiango.”

“Almeno lei sa divertirsi. Voi due sembrate due vecchie zitelle.”

“Insulta me quanto vuoi, ma la mamma perché?”

“Fede, ma tua madre resta con noi?” squittì quella creatura, sbattendo quelle ciglia ridicole. “Che se la porti via! Perché dobbiamo mantenerla?”

“Esatto, mamma. È ora che te ne vai.”

“Dove andrò? Ti ho dato tutti i miei soldi dalla vendita dellappartamento per costruire questa casa!” La madre si strinse il petto.

“Basta drammi. Resta pure, ma non uscire dalla tua stanza. Ora qui comanda Albina.”

“Tesoro, cacciale via entrambe!”

“È mia madre!”

“Tua madre? Vuoi che io abbia una suocera così? Oh, tesoro…”

Avevo abbastanza.

“Mamma, vieni con me in campagna?”

“Piuttosto che stare con mio figlio e quella… sì.”

“Prendi le tue cose.”

“Non dimenticare le medicine, la mia scatola, la borsa…”

Afferrai unaltra valigia e ci infilai tutto in frettadocumenti, vestiti, biancheria.

“Prendetevi tutto. Non vogliamo niente di vostro,” strillò Albina.

Federico osservava in silenzio, impotente. Sapeva che sua madre non gli avrebbe perdonato. O forse sìdopotutto, era sua madre.

Mezzora dopo, ero davanti alla macchina. Maria Grazia era già seduta dietro, asciugandosi le lacrime. Non si voltò nemmeno a guardare suo figlio, solo un sospiro profondo.

È difficile accettare di aver dato tutto a qualcuno che poi ti scarta.

“Come faremo ora, ragazza mia?”

“Staremo bene. Ho dei risparmi. Troverò lavoro. Hai la pensione. Ci basterà.”

Arrivammo nel paesino dove ero cresciuta. Fortuna che era ancora giorno. La casa era gelida. Accesi subito il camino, preparai lacqua per il tè.

“Sei brava, sembra che tu abbia sempre vissuto qui.”

“Mio nonno mi ha insegnato tutto. Meno male che abbiamo fatto la spesa. Odio i pettegolezzi del paese.”

Piano piano, la casa si riscaldò.

“Domani pulirò tutto.”

Bussarono alla porta.

“Sei tornata, vicina? Da quanto mancavi! E cosa ci fai qui dinverno? Problemi?”

“Tutto a posto, zio Carlo. Ti racconterò. Entra, beviamo un tè.”

“Volevo invitarti io. E non sei sola?” Notò Maria Grazia.

“Lei è Maria Grazia. Lui è Carlo.”

“Se hai bisogno, fammi sapere.”

“Per ora va tutto. Grazie.”

Passò una settimana. La casa era pulita, accogliente.

“Sai, sono cresciuta in campagna anchio,” mi confessò Maria Grazia. “Poi sposai un uomo di città. Morì quando Federico aveva ventitré anni. Vendetti lappartamento perché lui mi promise che sarei rimasta con lui. E guarda comè finita.”

“Non piangere. So che è difficile. Ma forse avrai dei nipoti.”

“Da quella? Dio non voglia. E Carlo, vive solo?”

“Sì. Sua moglie annegò salvando un bambino. Non si è più risposato. Non ha figli. Era amico di mio nonno, anche se più giovane. Ha la tua età.”

Passò un mese. Di Federico, nessuna notizia. Ma un giorno, una chiamata da un numero sconosciuto.

“Giulia?”

“Sì.”

“Suo marito è morto.”

“Si sbaglia.”

“No. Federico era ubriaco. Ha avuto un incidente. Cera una ragazza con luilei è viva. Venite a riconoscerlo.”

Mio Dio, povera Maria Grazia. Come dirglielo? Zio Carlo! Lui ci aiuterà.

“Giulia, che succede? Sei pallida!”

“Maria, siediti. Federico non cè più.”

“Oh no!” Si mise a piangere. “È colpa mia! Lho abbandonato!”

“Ti ha cacciato lui!”

“Sì. Ma io sono sua madre. La punizione è arrivata.”

“Devo andare a riconoscerlo. Zio Carlo starà con te.”

“Vengo anchio.”

“Vi accompagno io,” disse zio Carlo. “Niente discussioni.”

Dopo il funerale, decidemmo di andare nella casa di Federico. Ora sarebbe toccata a noila moglie e la madre. Lui non aveva fatto in tempo a divorziare, troppo preso da feste e amanti.

Zio Carlo ci accompagnò ovunque.

“Siete donne, potreste aver bisogno di aiuto.”

La casa… che disastro! Vestiti sporchi, piatti ovunque, puzza di alcool e marcio.

“Mio figlio non era così! Che hanno fatto!”

“Che ci fate qui? Questa è casa mia, andatevene!” Era lei, la bionda con le ciglia finte, seguita da un uomo mezzo nudo.

“Mostra i documenti della casa!” intervenne zio Carlo.

“Quali documenti? Mio marito è morto! Abbiamo già festeggiato il matrimonio!”

“Non aveva neanche divorziato!”

“E allora? Ora è tutto mio!”

“Basta delirii! Fuori di qui! Cè qualcun altro?”

Luomo scappò. Zio Carlo controllò che non rubassero nulla.

“Ora bisogna verificare i documenti. E cambiare le serrature.”

Fortuna, i documenti erano in ordine. Cambiammo le serrature. Buttammo via tante cose. Zio Carlo ci aiutò sempre.

“Mi mancherete, se tornate qui.”

“Torneremo. E tu vieni a trovarci.”

“Mi avete ringiovanito. Maria assomiglia alla mia defunta moglie.”

“Lo so, zio Carlo. E anche lei ti guarda così. Siete innamorati, vero?”

“Ma che dici!” Arrossì.

“È la verità!”

Un anno dopo, Carlo e Maria Grazia si sposarono. Stanno bene insieme. E io sono come una figlia per loro. Ma

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Oksana e sua madre sedevano su un vecchio letto. Entrambe indossavano abiti pesanti. Era inverno, e in casa avevano appena acceso la stufa.