Oltre il muro, un mondo di suoni

“Dall’altra parte del muro non c’è silenzio”

“Ma abbassa quella dannata televisione!” urlò Olga Rossi, battendo il pugno contro il muro. “È notte fonda, la gente dorme!”

La risposta fu musica ancora più alta, come se l’appartamento accanto si fosse trasformato in un concerto rock.

“Mamma, non agitarti,” sospirò Giulia, affacciandosi dalla cucina con una tazza di tè in mano. “Parlaci domani con calma.”

“Con calma?! Li ho tollerati per un mese! Fanno finta di non sentire!”

Un nuovo rumore risuonò dall’altra parete: risate, passi pesanti, voci maschili. Olga si portò una mano al cuore.

“Dio santo… Prima c’era la signora Bianchi, riposi in pace, e c’era pace. Ora invece…”

Giulia posò la tazza sul davanzale e si avvicinò.

“Mamma, sono giovani, vogliono solo divertirsi. Ricordi quando io e Marco correvamo per casa da piccoli?”

“Ma era di giorno! Eravamo bambini! Questi qui sono adulti e si comportano come ragazzini!”

La musica si interruppe all’improvviso. Nel silenzio, solo il ticchettio dell’orologio e un bisbiglio indistinto oltre il muro.

“Vedi? Forse hanno capito da soli.”

Ma la tregua durò poco. Pochi minuti dopo, un lungo ululato straziante riempì l’aria.

“Che cos’è?” chiese Giulia, impallidendo.

“Un cane,” borbottò Olga. “Enorme, a giudicare dalla voce.”

L’animale gemeva come se il suo cuore si spezzasse. Un lamento interrotto da guaiti, poi di nuovo quel suono straziante.

“Mamma, forse sta male? Dovremmo aiutarlo?”

“Loro non pensano a nessuno!” Olga sbatté di nuovo il pugno contro il muro. “Fate silenzio! Sentite? Zittite quel cane!”

Voci maschili risposero, ma indistinte. Il cane tacque un attimo, poi riprese più forte.

Olga si lasciò cadere sulla poltrona.

“Non ce la faccio più. Ogni notte è la stessa cosa. Musica, televisione, ora questo cane… Non dormo da settimane.”

Giulia le si sedette accanto.

“Hai chiamato i vigili?”

“Sì. Sono venuti, li hanno ammoniti. Per un giorno è andata meglio, poi tutto come prima. Senza prove, dice il vigile, non possono fare nulla.”

Un nuovo frastuono: qualcosa di pesante veniva trascinato.

“Spostano i mobili a quest’ora…” borbottò Olga.

“Mamma, e se davvero è successo qualcosa? Se non lo fanno apposta?”

“Giulia, ma di che parli?”

“Ricordi quando la nonna parlava del signor Enzo? Faceva rumore di notte, e poi si scoprì che era malato… Alzheimer.”

Olga ci pensò su. C’era qualcosa di strano in quei rumori. Non erano i normali schiamazzi. Era come se…

“Basta. Vado da loro.”

“Ma sono le due di notte!”

“Loro non dormono!”

Olga indossò la vestaglia e uscì nel pianerottolo. La porta del vicino era normale, tranne per il numero 38, coperto da nastro adesivo.

Premette il campanello: nessuna risposta, ma i rumori continuavano.

“Aprite! Sono la vostra vicina!”

Passi. La porta si aprì di uno spiraglio. Un occhio grigio la fissò.

“Cosa vuole?”

“La vostra musica è troppo alta. E il cane ulula. La gente non dorme.”

“Quale musica?” La voce suonava genuinamente confusa.

“Ma come, la sento da casa mia!”

Dall’interno, infatti, proveniva una melodia bassa, malinconica, ma udibile.

“Io non sento nulla,” disse l’uomo. “Si sente bene?”

La porta si chiuse. Olga rimase lì, ascoltando. La musica continuava, ma ora sembrava… lontana. Come un ricordo.

Tornata a casa, trovò Giulia con l’orecchio al muro.

“Che strano. Sembra un vecchio grammofono… E sento voci. Un uomo e una donna, ma non capisco cosa dicono.”

Olga si avvicinò. Era vero: una canzone d’altri tempi, quelle che si sentivano alla radio quando era giovane. E quelle voci… dolci, innamorate.

“Guardano un film?” chiese Giulia.

“All’una di notte? E perché quell’uomo diceva di non sentire niente?”

Stettero in ascolto. Una canzone finì, un’altra cominciò.

“Ricordi cosa diceva la nonna di quell’appartamento?”

“Cosa?”

“Che una volta c’era una coppia. Lui andò in guerra e non tornò. Lei lo aspettò tutta la vita.”

Olga trasalì.

“Smettila con queste sciocchezze.”

“La nonna diceva che la signora Bianchi gliel’aveva raccontato. Loro ascoltavano sempre quelle canzoni.”

La musica continuava. Voci antiche, felici. Ridevano, cantavano insieme.

Il mattino dopo, Olga scese dalla portinaia.

“Signora Franca, chi abita al 38?”

“Nessuno. È vuoto da mesi, da quando è morta la signora Bianchi.”

“Ma io ho visto un uomo!”

La portinaia la fissò preoccupata.

“Olga, stai bene?”

Quella sera, la musica riprese. Ma Olga non si arrabbiò. Si sedette e ascoltò. Quelle voci… era come se le raccontassero una storia d’amore.

Quando Giulia rientrò, la trovò in lacrime.

“Mamma…”

“Sentili… Si amano così tanto.”

Si sedettero insieme. Passarono così le notti, ad ascoltare canzoni d’altri tempi, risate, sussurri.

Poi, un giorno, tutto tacque.

Il giorno dopo, un ragazzo venne ad affittare l’appartamento.

“Finalmente!” esclamò la portinaia. “Olga diceva che c’era qualcuno.”

Ma il nuovo inquilino non fece mai rumore.

Olga sentì la mancanza di quelle voci. Capì che oltre il muro non c’era mai stato silenzio. C’era un amore che il tempo non aveva spento.

Forse ora, finalmente, si erano ritrovati.

E nel cuore di Olga, quelle canzoni continuavano a suonare.

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