Oltre le tempeste verso il cuore

*Diario personale*

La vita di Carlotta stava crollando come un castello di carte. Il divorzio da suo marito le aveva tolto ogni certezza, e lei, raccolti i pezzi del suo passato, era tornata nel suo paesino ai margini della campagna toscana. Accanto a lei c’era il suo pilastro: la nonna Elisabetta, che adorava Carlotta e suo figlio Matteo.

“Matteo è l’immagine di suo padre, Marco,” diceva Carlotta con un sorriso amaro guardando il bambino. “È tutto ciò che mi è rimasto di quel matrimonio, come un raggio di sole in una notte buia.”

“Te l’avevo detto di non legarti a quel buono a nulla,” borbottava la nonna scuotendo la testa. “Si capiva subito: un vento leggero, e poi attaccato alla bottiglia. Se comincia giovane, peggiora solo. E tu ripetevi: ‘Amore, amore!’ come se avessi perso la testa.”

“Che senso ha parlarne ora, nonna?” Carlotta sospirò pesantemente. “Me lo ricorderai per tutta la vita? Almeno abbiamo Matteo, e questo è ciò che conta.”

“Non crucciarti, tesoro,” la nonna la strinse a sé. “Non dirò più una parola. Guardati: sei una bellezza da far girare la testa! Dove troverà un’altra come te, quel Marco? Un vero sciocco, ecco.”

“A scuola, metà della classe mi correva dietro,” Carlotta si aggiustò involontariamente una ciocca di capelli, “ma ora non ho voglia di storie d’amore. Non mi fido più. All’inizio sono tutti dolci, e poi…” fece un gesto vago con la mano.

“Non tutti sono come il tuo ex,” ribatté Elisabetta. “Prendi Luca, per esempio. Ti ricordi come era pazzo di te? Un ragazzo d’oro: lavoratore, senza vizi. E ancora single. L’ultimo della tua classe libero,” la nonna strizzò l’occhio con malizia.

“Oh, nonna, non cominciare,” Carlotta scosse la mano. “Non voglio pensare a nessuno. Devo preparare Matteo per la scuola, sistemare la casa. I miei genitori, appena sono partiti per la città, sono rimasti lì a lavorare. Ora spetta a me. E devo aiutare te…”

“Aiutare va bene,” annuì la nonna, “ma non ho fretta. Sistemati prima tu. Io? Sono ancora in gamba, settant’anni non sono una condanna. Vedere te e Matteo è già una gioia. E i tuoi genitori non ci abbandoneranno, ci aiuteranno. Magari torneranno qui in pensione. E vivremo tutti insieme: voi nella casa grande, io nella mia casetta accanto.”

“Oh, nonna, sei la nostra gallina chioccia,” Carlotta abbracciò Elisabetta e le baciò la guancia.

“Ma pensa a Luca,” la nonna le diede un buffetto affettuoso, come quando era piccola. “Gente come lui non si trova per strada.”

Carlotta si stava abituando al paese da tre mesi. Luca, il trattorista del posto, non la perdeva di vista. Lui, come Elisabetta, pensava che il matrimonio di Carlotta fosse stato un errore da cui ancora non si era ripresa. Chissà come e quando si erano messi d’accordo, ma eccoli incrociarsi al mercato o alle poste. La nonna sussurrava notizie su Carlotta e Matteo, lamentandosi che la nipote fosse ancora sola.

Luca arrossiva, sospirava, ma aveva paura di un nuovo rifiuto. Elisabetta, vedendo i suoi dubbi, lo incoraggiava:

“È cambiata, Luca. Ha capito molte cose. La bellezza non è tutto, non si vive di sole apparenze. E tu sei perfetto per la vita: affidabile, pratico, premuroso…”

“E non bello,” sorrise amaro Luca, ma subito si fece serio. “La amo ancora, Elisabetta. Tutti questi anni ho pensato solo a lei.”

La nonna si commosse e promise di aiutarlo.

“Ma senza fretta, tesoro. Non pressarla. Non ha ancora superato il divorzio, è passato solo un anno e mezzo. Dalle tempo.”

“E se qualcun altro la porta via?” si preoccupò Luca. “L’ho già persa una volta. Non voglio ripetere l’errore. Farò di tutto per averla.”

“Allora ascoltami,” sorrise maliziosa Elisabetta. “Aiutala con discrezione. Non mostrare i tuoi sentimenti, resta distaccato. Poi vedremo.”

“Che psicologa che sei, Elisabetta!” rise Luca. “Funzionerà davvero?”

“Certo che sì!” lo rassicurò. “E io metterò una buona parola per te. Ma attento: se la fai soffrire, mi spezzerai il cuore.”

Luca annuì, e nel petto sentì un calore, come se avesse già ricevuto la benedizione e il sì di Carlotta.

La primavera avanzava. Nei giardini e negli orti, le zolle spaccate dal sole erano attraversate da corvi neri. Una mattina, Carlotta sentì il rombo di un trattore davanti a casa. Uscita in cortile in pantofole, con solo una vecchia giacca addosso, sbottò:

“Luca, che succede? A chi è tutta questa torba?” fissò il cassone pieno.

“Per te, ovvio!” borbottò Luca, saltando giù dal trattore. “La nonna ha ordinato. Ha detto di portartela e basta. Apri il cancello. Aspetta, ma come esci in pantofole? Vai a vestirti, prendi freddo!” Aprì il cancello da solo, entrò con cautela e scaricò la torba vicino alla recinzione.

“Quanto ti devo?” Carlotta cercò il portafoglio.

“Niente. Alla nonna, come pensionata, è gratis. Torna dentro, fa freddo,” tagliò corto Luca, dandole una rapida occhiata, e ripartì.

Il giorno dopo, suo fratello minore, il liceale Marco, sparpagliò la torba per l’orto senza prendere un centesimo.

“Ho i miei conti col fratello,” scosse la mano. “Se dice di non accettare, non accetto.”

“Ma che sta succedendo?” esclamò Carlotta. “Mi hanno iscritta agli anziani? È tornato il comunismo?”

La nonna confermò, raggiante:

“Ecco, l’orto è pronto per la primavera. La torba renderà il terreno morbido e fertile per anni. Pianta quello che vuoi.”

Una settimana dopo, Luca portò un carico di letame, ammucchiandolo dietro il giardino e coprendolo con un telo.

“Tienilo lì,” disse serio. “Ringrazia che è gratis.”

“Grazie, Luca,” sorrise Carlotta. “Non immaginavo fossi così pratico. Vuoi fermarti per un caffè? Ho fatto le ciambelle alla ricotta.”

Luca trattenne un salto di gioia, ma ricordando i consigli della nonna, rispose con misura:

“Un’altra volta. Sono pieno di lavoro. Ecco, questo è per Matteo,” le porse una barretta di cioccolato. “Tutti mi riempiono di dolci, io non li mangio. Tanto vale darli a lui.”

Carlotta gli sorrise mentre lo prendeva.

“Grazie. Io, la nonna e Matteo ti aspettiamo quando hai tempo.”

Luca tornò a casa canticchiando sul trattore, il cuore leggero. Elisabetta notò che Carlotta si stava sciogliendo. Evitava di parlare di Luca, ma sorrideva quando la nipote raccontava della sua gentilezza.

Presto, davanti alla casa di Carlotta, apparve una montagna di sabbia, poi ghiaia. I vicini sussurravano:

“Che donna pratica! Fa vergognare gli uomini. Starà ristrutturando? Bravo!”

“Ma è dura da sola,””Sì, è dura, ma se trova l’amore vero, ne vale la pena.”

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