Ombre del Passato: Un Viaggio verso il Calore Familiare

Ombre del Passato: Un Viaggio Verso il Calore Familiare

Lorenzo e Giulia si preparavano per il viaggio verso i suoi genitori, in una piccola cittadina sulle rive del Po. Lorenzo era cupo, il suo volto segnato dalla malinconia, i gesti tesi. Il loro figlio di sei anni, Matteo, correva per casa, esuberante per la gita in treno che li attendeva. Finalmente, dopo un viaggio faticoso, scesero sul marciapiede della stazioncina, dove l’aria profumava di fiume e pini. I genitori di Giulia li aspettavano già.

“Siete stanchi dal viaggio e avrete fame,” disse la madre di Giulia, abbracciando forte la figlia. “Prima mangiamo, poi fate un giro per il paese!”
“Signora Elena, temo che non sarà possibile,” rispose brusco Lorenzo, lanciando un’occhiata a Giulia. “Matteo tra poco deve dormire.”
Elena alzò le sopracciglia. “Ma noi restiamo con il nipotino! Che c’è di male?” ribatté, senza capire la tensione del genero.
Lorenzo aggrottò la fronte, mentre Giulia gli strinse lievemente la mano, cercando di stemperare l’atmosfera.

Una settimana prima, Giulia aveva ricevuto una chiamata dalla madre. “Venite la prossima settimana,” aveva supplicato. “Mancate troppo, soprattutto Matteo!”
Lorenzo, sentendo quelle parole, era diventato subito scuro in volto. “Non ho voglia di andare da nessuna parte!” aveva tagliato corto, distogliendo lo sguardo.
Giulia, sconcertata, si era seduta accanto a lui. “Lorenzo, che hai? Abbiamo le ferie, non possiamo vedere i miei? Hanno visto Matteo solo una volta, al nostro matrimonio! Non è giusto.”
Lui aveva sospirato. Sapeva che aveva ragione, ma quel viaggio destava in lui una resistenza sorda. I suoi genitori, che vivevano vicino, lo avevano già stremato con i loro sermoni.
“Giulia, è proprio necessario? Magari l’anno prossimo?” aveva borbottato.
Lei aveva scosso la testa. “Sì, è necessario! Il treno è mercoledì, i biglietti sono già comprati. Tu stesso avevi detto che per te andava bene. Che succede?”
“Nulla,” aveva sbuffato lui, voltandosi verso la finestra.
“Una sola settimana,” aveva aggiunto lei, cercando di addolcirlo. “Poi andiamo al mare. Ho già iniziato a preparare le valigie, il viaggio è lungo.”
Lorenzo aveva solo sospirato, sprofondando nei suoi pensieri.

I suoi genitori erano persone severe. La madre lo controllava ancora, nonostante fosse sposato e padre. Si intrometteva nella sua vita, dicendogli come crescere Matteo. Il padre, Vittorio, non era da meno: “Devi essere sempre il migliore!” A scuola, se Lorenzo portava un voto sotto l’otto, a casa lo aspettava un sermone. Le punizioni erano all’ordine del giorno. Quelle continue prediche avevano distrutto ogni intimità. Anche ora, evitava di andarli a trovare e non chiamava mai per primo.

Credeva che tutti i genitori fossero così: persone da sopportare. Ma Giulia era diversa. Poteva parlare per ore con sua madre, ridendo e confidandosi. Lui la considerava solo un’abitudine che sarebbe passata. Non chiese mai dei suoi genitori, limitandosi a un secco “salutali”.
“Lorenzo, sono così felice di andare da loro!” aveva detto Giulia quella sera, raggiante. “Mi mancano tanto!”
Lui aveva scrollato le spalle. Lui, invece, avrebbe voluto stare lontano dai suoi per anni.
“Sei strana,” aveva commentato. “Io non vedrei i miei per una decina d’anni!”

Giulia lo guardò con comprensione. Conosceva i suoi suoceri e non poteva dire che le piacessero. La casa era pesante, tra i rimproveri del suocero e i comandi della suocera. Capiva i sentimenti di Lorenzo, ma i suoi genitori erano diversi.
“Lorenzo, non offenderti, ma i miei non sono come i tuoi. Loro mi vogliono bene,” disse dolcemente.
Lui fece una sfumatura amara. “Eh, sì, anche i miei lo dicevano quando ero piccolo: ‘Facciamo tutto per il tuo bene.’ Ma non c’era un grammo d’amore.”
Giulia lo abbracciò, accarezzandogli la spalla, ma tacque, sapendo che non era pronto ad ascoltarla.

I giorni passarono in fretta. Giulia preparava le valigie, eccitata. Lorenzo era cupo, Matteo correva per casa, contagiato dall’entusiasmo della mamma. Finalmente scesero alla stazione.
“Dobbiamo prendere un taxi,” disse Lorenzo, preoccupato.
“Perché? Ci viene a prendere papà!” rispose Giulia, sorpresa.
Lorenzo serrò le labbra. Suo padre non l’avrebbe mai fatto.

“Papà! Eccolo, andiamo!” Giulia agitò la mano verso un uomo che li raggiungeva tra la folla.
Poco dopo, erano tra abbracci, e Giovanni strinse la mano a Lorenzo, accovacciandosi poi davanti a Matteo.
“Ciao, Matteo, sono il tuo nonno. Come va?”
Il bambino si nascose dietro Giulia, che rise. “Si abituerà!”
“Andiamo alla macchina, Lorenzo, ti aiuto con le valigie,” disse Giovanni, prendendo i bagagli.
Lorenzo, sorpreso da tanta semplicità, lo seguì in silenzio.

Elena li accolse con un sorriso e altri abbracci. Matteo si ambientò presto, sebbene conoscesse solo nonni severi. Questi erano gentili. Il bambino giocò con una macchinina regalatagli da Giovanni.
“Avete fame? Andiamo a prendere il caffè!” chiamò Elena.
Lorenzo guardò l’orologio. Sua madre gli imponeva di mangiare sempre all’ora esatta. Ritardare anche solo di un minuto, da bambino, significava saltare la cena.
Giulia sussurrò ridendo: “Per la mamma, nessuno deve restare affamato.”

“Siete stanchi dal viaggio,” continuò Elena. “Mangiamo, poi fate un giro. Giulia, mostra il paese a Lorenzo, è la sua prima volta!”
Lorenzo fece una smorfia. “Signora Elena, è impossibile. Matteo è stanco.”
Elena sorrise, incuriosita. “Prima, chiamami Elena o zia Elena. Secondo, perché pensi che non sappiamo badare a Matteo? Siamo abituati ai nipoti.”
“Voi resterete con lui?” chiese Lorenzo, guardando Giulia, che ignorò la sua domanda.
“C’è qualche problema? Non ti fidi?” chiese Elena.

Lorenzo esitò. “No, non è quello. Solo che i miei genitori non hanno mai”Non preoccuparti, Lorenzo,” sussurrò Giulia mentre si stringevano le mani sotto al tavolo, “questa è la tua famiglia adesso.”

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