Ombre di Preoccupazione: Il Dramma di Anna e la sua Famiglia
Anna giaceva in un letto d’ospedale in un piccolo nosocomio di Firenze, il viso pallido ma gli occhi illuminati da un senso di sollievo. Nella stanza entrò la sua amica Speranza, con una busta di frutta in mano.
— Ma come hai fatto a spaventarci così, Anna! — esclamò Speranza, sedendosi accanto al letto. — Perché hai resistito così a lungo? E se non fossimo riusciti a portarti in tempo?
Anna sorrise debolmente, la voce quasi un sussurro.
— Scusa, Speranza. È successo tutto all’improvviso, non pensavo fosse grave. Credevo che sarebbe passato. Grazie al cielo, è tutto finito. Come sta la nonna? Ce la fa Stefano con lei? È diventata così capricciosa ultimamente.
— Tutto a posto, Anna, non preoccuparti — la rassicurò Speranza. — La nonna è viva, in salute, nutrita e curata. Borbotta, come al solito.
— Grazie, Speranza, per aver aiutato con la nonna! — Anna strinse la mano dell’amica. — Ti devo tanto.
— Ah, mi devi! — rise Speranza, ma nei suoi occhi brillò una scintilla. — E di che? Sai, arrivo di corsa da voi, con una pentola di minestra, pensando che la povera nonna sia lì affamata. E invece… che spettacolo!
— Che spettacolo? — Anna si incuriosì, senza capire.
— Ma ti rendi conto di come abbiamo tremato per te? — continuò Speranza, la voce che vibrava di emozione. — Che ti è saltato in mente, Anna? Soffrire in silenzio, rischiare il peggio!
Anna, ancora debole dopo l’intervento, sotto la coperta sottile dell’ospedale, sorrise appena.
— Scusa, Speranza, non me l’aspettavo. Il dolore è arrivato all’improvviso, pensavo passasse. Onestamente, ho rischiato grosso. Ma è andata bene, presto mi dimetteranno. A casa c’è la nonna, non posso starmene qui. Stefano è solo con lei, e ora è così esigente.
— Non preoccuparti, a casa è tutto sotto controllo — disse dolcemente Speranza. — La nonna sta bene: mangiata, pulita, brontola, ma è la sua normalità.
— Speranza, sei un angelo! — Anna la guardò riconoscente. — Non so come avremmo fatto senza di te.
— Ma per favore! — fece un gesto con la mano Speranza, ma un sorriso furbo le illuminò il viso. — Non ringraziare me, ma il tuo Stefano. Non è un marito, è un tesoro! Sapevo che era bravo, ma ora lo stimo ancora di più. Figurati, arrivo da voi con la pentola, penso di dover salvare la nonna. E invece… che sorpresa!
— Che sorpresa? — Anna aggrottò le sopracciglia, il cuore che fece un balzo.
— Proprio così! — si animò Speranza. — Entro, e l’appartamento profuma di minestrone in tutto il palazzo! La nonna è lì, pulita, sazia, felice come una regina. Io arrivo e dico: “Ora mi lavo le mani, cambio la nonna, la nutro”. E Stefano, tranquillo: “Non agitarti, Speranza, ho tutto sotto controllo. Pranzo pronto, nonna cambiata e nutrita”. Per poco non mi cade la pentola!
— Da solo? — Anna sgranò gli occhi.
— Da solo, Anna, da solo! — annuì Speranza. — Non ci credevo, gli ho chiesto: “Ma come hai fatto a cambiarla? Lei non si fa toccare da nessuno tranne te!” E lui, serafico: “Io e la nonna abbiamo un accordo”. Entro da lei, ed è vero: pulita, curata, addirittura sorride. Si preoccupa per te, piange. L’ho tranquillizzata, le ho detto che stai bene.
Anna chiuse gli occhi, le guance che le bruciavano per la vergogna. Che figuraccia con Stefano! Lo aveva lasciato solo con la nonna, e lui, invece, aveva preso tutto sulle sue spalle. E non ne aveva accennato nemmeno quando aveva chiamato. Gli aveva chiesto: “Speranza è passata? Aveva promesso di aiutare”. E lui solo: “Sì, tutto a posto, non preoccuparti”. Persino la nonna, quando Anna le aveva parlato, non aveva detto nulla, solo pianto e chiesto della sua salute.
Anna viveva con la nonna da quando aveva dieci anni, in quel vecchio appartamento alla periferia di Firenze. All’inizio, certo, c’erano i genitori, ma poi loro decisero che il loro matrimonio era stato un errore. Il padre, dopo il divorzio, partì per l’estero, si stabilì là, si risposò. Mandava i soldi regolarmente, all’inizio veniva a trovarli, ma poi si dimenticò che sua figlia aveva bisogno non solo di sostegno economico, ma anche dell’amore di un padre. Non pensava nemmeno a sua madre, con cui viveva Anna. La madre di Anna non si perse d’animo: trovò un nuovo marito, ebbe due figli maschi, e Anna finì in secondo piano.
Quando i genitori si separarono, per Anna non ci fu posto nelle loro nuove famiglie. La madre e il patrigno decisero di trasferirsi in un’altra città, e la ragazza restò con la nonna. Questa le disse subito:
— Piaccia o no, non abbiamo scelta. Ora vivremo noi due. Una cosa è chiara: ci aiutiamo, perché non possiamo contare su nessun altro. I tuoi genitori sono andati ognuno per la sua strada, ma noi non abbiamo dove andare.
Anna non voleva andare da nessuna parte. Con la nonna c’era pace. Era severa ma giusta. Litigavano solo per motivi validi, e più che altro per principio, chiamandola con il nome completo: “Anna, queste cose non si fanno!”
La madre si ricordò di lei quando i suoi figli crebbero. Cominciò a chiamare, invitandola: “Vieni, Anna, porta i documenti, studierai qui, ci sono più opportunità”. Anna allora finiva le superiori e decideva cosa fare. Fu tentata, ma la nonna la fermò:
— Certo, Anna, corri pure, ora tua madre si ricorda di te! Ma pensa: vivono là da anni. Perché solo adesso ti chiamano? Non staranno cercando una babysitter gratuita? Finisci la scuola, fai gli esami, poi decidi. Intanto, resta qui, tranquilla.
Anna obbedì e rimase. La madre si offese, sbatté il telefono, non volle più parlare. Quando Anna finì gli esami e si preparò a partire, la madre tagliò corto: “Troppo tardi, Anna. Non sei venuta quando servivi, ora non sei più necessaria. Resta, occupati della nonna”.
E Anna restò. Si iscrisse all’università, si laureò, trovò lavoro. Lì conobbe Stefano, e poco dopo si sposarono. Non per una gravidanza, come sussurravano alcuni, ma perché Anna capì che era l’uomo giusto. Il matrimonio fu semplice, ma l’abito, sontuoso. I genitori arrivarono, rimandarono gli impegni, e sembrarono persino felici.
Anna e Stefano vissero insieme meno di un anno. Affittarono un appartamento per non disturbare la nonna, anche se lei brontolava: “Ma non mi date nessun fastidio!” Ma in fondo era orgogliosa che i giovani volessero vivere da soli. Quando alla nonna capitò il guaio — un ictus che la costrinse a letto — Anna e Stefano tornarono da lei. La vecchietta aveva bisogno di cure costanti, ma rifiutò una badante: “Che cosa, degli estranei che mi toccano? Piuttosto crepo!”
E così vissero. La nonna divenne capricciosa, brontolava con tutti, specialmente quando Anna la lavava o la cambiava:Anna si strinse al petto il cuscino, sentendo una strana tenerezza mescolata alla vergogna, mentre pensava a quanto Stefano avesse dimostrato di essere davvero l’uomo giusto per lei.