Ombre di preoccupazione: Il dramma di Anna e la sua famiglia
Anna era sdraiata in un letto d’ospedale di una piccola clinica a Catania, il volto pallido ma gli occhi luminosi di sollievo. Entrò nella stanza la sua amica Speranza, con un sacchetto di frutta in mano.
“Mannaggia, ci hai fatto prendere un colpo, Anna!” esclamò Speranza, sedendosi accanto al letto. “Come hai fatto a resistere così a lungo? E se non fossimo arrivati in tempo?”
Anna sorrise debolmente, la voce un soffio.
“Scusa, Speranza. È successo tutto così all’improvviso, non pensavo fosse grave. Credevo sarebbe passato. Grazie a Dio, è tutto finito. Come sta la nonna? Ce la fa Sergio con lei? Ultimamente è diventata così capricciosa.”
“Tutto a posto, Anna, non ti preoccupare,” la rassicurò Speranza. “La nonna è viva, sana, nutrita e accudita. Si lamenta come al solito, nulla di nuovo.”
“Grazie, Speranzina, per esserti occupata della nonna!” Anna strinse la mano dell’amica. “Ti devo tutto.”
“Ah, figurati se mi devi qualcosa!” rise Speranza, ma nei suoi occhi brillò una scintilla. “E poi, per cosa mi ringrazi? Sai, arrivo da voi con la pentola di minestra, pensando alla povera nonna affamata, e invece che cosa trovo?”
“Cosa c’è stato?” Anna si irrigidì, confusa.
“Ma dai, immagina quanto abbiamo preoccupato per te!” continuò Speranza, la voce tremante di emozione. “Che idea ti è venuta, Anna? Soffrire in silenzio, rischiare il peggio!”
Anna, ancora debole dopo l’operazione, si copriva con la coperta sottile dell’ospedale e sorrideva appena.
“Scusa, Speranza, non me l’aspettavo nemmeno io. I dolori sono arrivati all’improvviso, credevo sarebbero passati. Davvero, per poco non ci lasciavo le penne. Ma ora è tutto finito, mi dimetteranno presto. A casa c’è la nonna, non posso permettermi di oziare qui. Sergio è da solo con lei, e sai come è diventata esigente.”
“Non preoccuparti, a casa è tutto sotto controllo,” disse Speranza con dolcezza. “La nonna sta bene: è sazia, pulita, si lamenta, ma sai com’è lei.”
“Speranzina, sei un angelo!” Anna guardò l’amica con gratitudine. “Non so come avremmo fatto senza di te.”
“Oh, ma lascia perdere!” Speranza fece un gesto con la mano, ma un sorriso furbo le illuminò il viso. “Non ringraziare me, ringrazia il tuo Sergio. Non è un marito, è un tesoro! Lo sapevo che era bravo, ma stavolta mi ha proprio stupita. Figurati, arrivo di corsa con la minestra, pronta a salvare la nonna… e invece trovo che…!”
“Cosa?” Anna aggrottò le sopracciglia, il cuore che batteva forte.
“Proprio così!” Speranza si animò. “Entro e sento profumo di pasta al pomodoro in tutto il palazzo! La nonna è lì, pulita, sazia, felice come una regina. Io dico: ‘Adesso mi lavo le mani, cambio la nonna, la faccio mangiare.’ E lui, tranquillo: ‘Non ti agitare, Speranza, è tutto sotto controllo. Pranzo pronto, l’ho cambiata e nutrita.’ Sono quasi caduta dalla sorpresa!”
“Lui? Da solo?” Anna sbarrò gli occhi.
“Proprio lui, Anna, lui!” annuì Speranza. “Io non ci credevo e gli ho chiesto: ‘Come hai fatto a cambiarla? Non vuole nessuno tranne te!’ E lui, calmo: ‘Io e la nonna ci siamo messi d’accordo.’ Vado da lei e davvero: pulita, curata, persino sorride! Piangeva per te, ovviamente, ma l’ho tranquillizzata.”
Anna chiuse gli occhi, le guance infuocate dalla vergogna. Che figuraccia con Sergio! L’aveva lasciato solo con la nonna, e invece lui si era preso tutto sulle spalle. E quando aveva chiamato, non aveva detto una parola! Gli aveva chiesto: “È passata Speranza? Aveva promesso di aiutare.” E lui solo: “Sì, è passata, tutto bene, non preoccuparti.” Anche la nonna, al telefono, non aveva accennato a nulla, solo pianto e chiesto come stava.
Anna viveva con la nonna da quando aveva dieci anni, in quella vecchia casa alla periferia di Catania. Prima c’erano i genitori, ma poi decisero che il loro matrimonio era stato un errore. Il padre, dopo il divorzio, era andato all’estero, si era risposato. Mandava i soldi, all’inizio veniva a trovarlo, poi si dimenticò che una figlia ha bisogno non solo di sostegno economico, ma anche di affetto. La madre di Anna non perse tempo: trovò un nuovo marito, ebbe due figli maschi, e Anna si ritrovò in secondo piano.
Quando i genitori si separarono, per Anna non c’era posto nelle loro nuove famiglie. La madre e il patrigno decisero di trasferirsi in un’altra città, e lei restò con la nonna. Quella le disse subito:
“Ti piaccia o no, ormai restiamo noi due. Chiariamolo subito: ci aiutiamo a vicenda, perché non abbiamo nessun altro. I tuoi genitori se ne sono andati, e noi non abbiamo scelta.”
Anna non voleva andare da nessuna parte. Con la nonna c’era tranquillità. Era severa, ma giusta. Litigavano solo per motivi seri, e anche quelli più per formalità, chiamandola sempre per nome: “Anna, queste cose non si fanno!”
La madre si ricordò di lei quando i figli maschi crebbero. Iniziò a telefonare, invitarla: “Vieni, Anna, prendi i documenti, studierai qui, ci sono più opportunità.” Anna stava finendo il liceo e doveva scegliere l’università. Era contenta, quasi partì, ma la nonna la fermò:
“Certo, Anna, corri pure, ora che tua madre si è ricordata di te! Ma pensa: vivono là da anni, e solo ora ti chiamano? Perché prima no, e ora sì? Non avranno bisogno di una babysitter gratis? Finisci la scuola, fai gli esami, e poi decidi. Per ora stai qui e non ti muovere.”
Anna ubbidì e restò. La madre si offese, sbatté il telefono, non volle più parlare. Quando Anna finì gli esami e si preparò a partire, la madre tagliò corto: “Troppo tardi, Anna. Non sei venuta quando servivi, ora non serve più. Resta pure con la nonna.”
E così Anna rimase. Si iscrisse all’università, si laureò, trovò lavoro. Lì conobbe Sergio, e presto si sposarono. Non fu un matrimonio frettoloso, come raccontavano certi pettegolezzi, ma perché Anna capì che era l’uomo giusto. Il matrimonio fu modesto, ma l’abito da sposa era splendido. I genitori arrivarono, misero da parte i loro impegni, e sembravano perfino felici.
Anna e Sergio vissero insieme meno di un anno. Affittarono un appartamento per non disturbare la nonna, anche se quella brontolava: “Ma voi due non mi date alcun fastidio!” Ma era orgogliosa che i giovani volessero vivere da soli. Quando la nonna ebbe un ictus e si mise a letto, Anna e Sergio tornarono da lei. Aveva bisogno di cure costanti, ma si rifiutò di richiedere un’infermiera: “E che, degli estranei a prendersi cura di me? Piuttosto crepo!”
Così vissero. La nonna era più capricciosa che mai, brontolava con tutti, specie quando Anna l’aiutava a lavarsi: “Ecco, mia nipote che mi pulisceCon un sorriso di riconoscenza, Anna strinse la mano di Sergio e sussurrò: “Grazie per tutto, amore mio, senza di te non ce l’avrei fatta.”