Ombre di Sospetti all’Orizzonte Rurale

L’ombra del sospetto sull’orizzonte della campagna

Bianca, seduta nella sua accogliente casa nella periferia di Verona, sfogliava un vecchio quaderno alla ricerca del numero della sua vicina di casa, Francesca. Finalmente, trovati i numeri che cercava, compose il numero. «Francesca, ciao, cara!» esordì calorosamente Bianca. «Sono Bianca, la tua vicina del villino. Volevo chiederti come fai a coltivare il radicchio? Il tuo è sempre così croccante, mentre il mio non riesce mai bene». «Niente di complicato» rispose Francesca con una lieve stanchezza nella voce. «Ammollo i semi per un giorno o due, poi li semino. Arriverò fra qualche giorno per piantarli. Per ora sono ancora in città». «In città?!» esclamò Bianca, la voce tremante per lo stupore. «E allora con chi è venuto al villino tuo marito Marco?» Francesca rimase immobile, il respiro divenne pesante. Senza dire una parola, riattaccò, chiamò un taxi e corse verso il villino. Entrando in casa, rimase di sasso davanti a ciò che vide.

Francesca era fuori di sé dalla rabbia. Il viso le bruciava, gli occhi lanciavano fulmini. Se suo marito Marco, che credeva al lavoro in quel momento, l’avesse vista in quel momento, non avrebbe riconosciuto la sua dolce Franci, che quella mattina, salutandolo, gli aveva aggiustato con affetto il colletto della camicia e baciato sulla guancia. Ma Marco non vedeva nulla di tutto ciò. Era di ottimo umore, anticipando con piacere la serata del venerdì: polpette profumate con purè di patate, che Francesca preparava così bene, cetrioli e pomodori sottaceto fatti in casa, e dal frigo una bottiglia fresca, tanto il giorno dopo era sabato e non c’era lavoro. Marco non sospettava nulla della tempesta che si stava avvicinando alla sua vita.

Tutto era iniziato con quella telefonata di Bianca, la vicina del villino. Bianca, una pensionata, viveva in un ampio appartamento con sua figlia, suo genero e i nipoti. Ma appena arrivava la primavera, la trasportavano al villino, dove rimaneva fino al tardo autunno. I parenti la visitavano solo nei fine settimana per fare grigliate, e nei giorni feriali Bianca si annoiava da sola, passando il tempo davanti alla tv. Perciò ogni accenno di novità nel villino suscitava in lei un interesse bruciante.

Quella mattina, verso le dieci, Bianca uscì sulla veranda di casa, osservò i dintorni e all’improvviso notò che il cancello della casa accanto si apriva e un’auto entrava nel cortile. Bianca non conosceva le marche delle macchine, ma era certa: era l’auto di Marco, il marito di Francesca. Invece di parcheggiare davanti al cancello, però, l’auto proseguì e scomparve dietro i fitti cespugli di more. «Capisco» pensò Bianca, strizzando gli occhi. «Non vuole farsi vedere. Che furbacchione questo Marco!»

Fu distratta dal suono del telefono di un’amica e non vide le due persone che uscirono dall’auto: un uomo e una donna che Bianca etichettò immediatamente come “l’amante”. Tornando sulla veranda, riprese a osservare. Dopo mezz’ora, la sua pazienza fu premiata: dalla casa uscì una giovane donna in una tuta sportiva verde brillante. Aprendo le braccia, esclamò: «Avevi ragione, qui è meraviglioso! L’aria è così pulita, e che caldo piacevole!» Non poteva certo essere Francesca: una sconosciuta sui ventisette anni, snella, mora con i capelli lunghi. «Questo Marco!» pensò Bianca. «Ha quasi cinquant’anni e si è trovato una bellezza del genere!» La donna fu chiamata da una voce maschile e scomparve dentro casa.

Bianca, senza perdere tempo, afferrò il quaderno e compose il numero di Francesca. «Francesca, ciao cara!» iniziò con falsa noncuranza. «Sono Bianca, dal villino. Volevo chiederti del radicchio: come lo semini? Il tuo è sempre perfetto». «Niente di speciale» rispose Francesca. «Ammollo i semi, poi li semino. Verrò a maggio per piantarli. Sono ancora in città». «In città?» fece Bianca con una pausa drammatica. «E allora con chi è venuto Marco al villino?» «Quando sarebbe venuto?» la voce di Francesca tremò. «Circa un’ora e mezza fa. E ha nascosto la macchina dietro le more: dalla veranda vedo solo il tetto». «Va bene, Bianca, a dopo» sbottò Francesca e riattaccò.

Rimase immobile, sentendo il sangue pulsare alle tempie. Componendo il numero del marito, chiese: «Marco, dove sei?» «Al lavoro, perché?» rispose lui spensierato. «Volevo solo sapere a che ora torni. Non farai tardi?» «Come al solito, anzi, prima: è venerdì!» rispose allegro Marco. Francesca strinse il telefono così forte che le nocche delle dita sbiancarono. «Ora vedremo che razza di venerdì ti prepari» pensò e chiamò un taxi.

La strada per il villino durò meno di un’ora: la stagione non era ancora iniziata e non c’era traffico. Pagato il tassista, Francesca si dirisse decisa verso casa. L’auto di Marco era davvero parcheggiata dietro i cespugli di more, il suo colore bianco luccicava al sole. Il cuore di Francesca batteva all’impazzata. Salì silenziosamente sulla veranda, aprì con cautela la porta ed entro. Sul tavolo della cucina c’erano piatti con affettati, sottaceti, pomodori e una scatola di cioccolatini aperta. Accanto, una bottiglia di spumante mezzo vuota e due bicchieri. «Ecco come Marco ha deciso di stuzzicare l’appetito prima di cena» pensò amaramente. «Ora gli preparerò io le polpette!»

Irruppe in camera e si bloccò. Sotto le coperte si intravedevano due sagome. Si udì un grido soffocato, e Francesca strappò via le coperte, ma qualcuno le teneva strette. «Francesca, ma che fai?!» risuonò una voce familiare. Davanti a lei, confuso, sedeva… il nipote di Marco, Luca, accanto a una ragazza che Francesca non aveva mai visto. «Zia, come sei arrivata qui?!» esclamò Luca, arrossendo. «In taxi, ovvio» tagliò corto Francesca. «Questa, tra l’altro, è la mia casa. E tu cosa ci fai qui? E con chi, non voglio nemmeno chiedere». «Ho chiesto a zio Marco le chiavi per il weekend» iniziò Luca, imbarazzato. «Lui ha detto che voi non sareste venuti prima di giugno». «Non era nei miei piani» rispose freddamente Francesca. «Ma i vicini attenti mi hanno informata che qualcuno si era intrufolato qui. Va bene, riposatevi. Solo che il taxi l’ho rimandato, ora non so come tornare a casa».

Luca propose subito: «Ti porto io! Intanto Giulia prepara la cena, e io vado e torno». La ragazza, che doveva chiamarsi Giulia, annuì in fretta. Francesca uscì sulla veranda per lasciarli sistemare, e pochi minuti dopo erano in viaggio verso la città. Rimase in silenzio, ancora ripensando ai sospetti che avevano quasi distrutto la sua fiducia in Marco.

Quando Marco tornò dal lavoro, trovò la tavola apparecchiata e la moglie sorridente. Mangiò con appetito, lodando la cena, e Francesca, come per caso, disse: «Sai, oggi Bianca ha chiamato.Disse che hai portato una ragazza al nostro villino», e Marco, senza perdere la calma, scoppiò a ridere e rispose: «Quella chiacchierona si sbaglia sempre, per fortuna sai che puoi fidarti di me».

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