La sera d’autunno avvolgeva Milano in una luce soffusa, mentre le foglie scricchiolavano sotto i piedi, creando l’illusione di una pace fugace. Marco, avvolto nel suo cappotto scuro, stringeva un mazzo di gigli bianchi, fermo davanti al portone dell’amata Beatrice. Quel giorno era speciale: avrebbe presentato Beatrice ai suoi genitori. Il cuore gli batteva forte mentre immaginava la cena insieme, le risate, l’orgoglio negli occhi di sua madre. Ma il destino gli stava preparando un colpo da cui sarebbe stato difficile riprendersi.
Il portone cigolò e apparve Beatrice. Il suo aspetto contrastava con ciò che lui si aspettava: niente vestito elegante, solo una tuta sgualcita, i capelli raccolti alla bell’e meglio, il viso senza trucco. Sembrava non avesse alcuna intenzione di uscire.
– I gigli non servono, – disse freddamente, respingendo i fiori. – Marco, non voglio mentirti. C’è un altro. È più maturo, di successo, può darmi tutto ciò che sogno. Tu sei un bravo ragazzo, ma… non siamo fatti l’uno per l’altra. Scusami.
Le sue parole, affilate come lame, lo trafissero. Marco non rispose. Non discusse, non chiese spiegazioni. Il mazzo di fiori, che un attimo prima simboleggiava il suo amore, finì nel cestino. E con esso, sembrava frantumarsi ogni suo sogno. Se ne andò, sentendo un dolore sordo crescergli nel petto.
Il bar «Girasole» lo accolse con il calore e l’aroma del caffè appena preparato. Era il loro posto, dove avevano passato serate a ridere e a progettare il futuro. Ora, tutto gli ricordava solo il tradimento. Marco si sedette vicino alla finestra, ordinò un espresso e si perse nei suoi pensieri. Come aveva potuto? Perché non glielo aveva detto prima? Perché proprio oggi, quando stava per presentarla alla sua famiglia?
A casa, i genitori lo aspettavano. Sua madre aveva già preparato la tavola, messo fuori le stoviglie migliori, pronta a conoscere «la ragazza perfetta» di suo figlio. Marco provava vergogna al pensiero di dover spiegare la verità. Non meritavano una delusione così. La musica jazz che usciva dalle casse acuiva la sua malinconia. Rivedeva Beatrice distante, quei gioielli costosi che giustificava con «bonus di lavoro». Come era potuto essere così cieco?
All’improvviso, notò un tavolo di fronte. Una ragazza dai capelli biondi, raccolti in una coda disordinata, fissava il buio oltre la finestra con gli occhi lucidi. Marco pensò: «Che giornata è mai questa? Tutti con il cuore a pezzi?»
Finito il caffè, si avviò verso l’uscita. Passandole accanto, urtò la sua borsa.
– Scusa, non volevo… – iniziò.
– Non fa niente, oggi sembra la giornata delle scuse, – rispose lei, costringendosi a un sorriso. La sua voce, dolce e tremula, lo fermò.
Non sapeva perché le avesse parlato. Forse perché il dolore nei suoi occhi rifletteva il suo. Si chiamava Giulia. Gli raccontò che il suo ragazzo, con cui sognava il matrimonio, l’aveva lasciata dicendo: «Sei troppo normale per me».
– Credevo che la normalità fosse sincerità, – sospirò, aggiustandosi una ciocca. – Ma lui voleva una bambola, non me.
Giulia parlava come se si sfogasse, e Marco sentì che le sue parole risuonavano con la sua storia. Anche lui le confessò il suo dolore, e tra loro nacque una conversazione semplice, ma piena di complicità. Con una sconosciuta, stranamente, era più facile aprirsi.
All’improvviso squillò il telefono. Era sua madre.
– Marco, dove sei? Vi aspettiamo! La minestra si raffredda! – la sua voce tremava d’impazienza.
Marco la immaginò in cucina, affaccendata, e capì che non poteva deluderla.
– Arrivo subito, – rispose, poi guardò Giulia. Un’idea folle gli balenò in mente.
– Fai finta di essere la mia fidanzata. Solo per un’ora. Poi sparisco dalla tua vita.
Giulia alzò le sopracciglia, ma poi scoppiò a ridere:
– Ma sei un attore? Da dove ti vengono queste idee?
– I miei genitori aspettavano tanto… Non voglio rattristarli, – spiegò.
Lei rifletté, poi annuì:
– Va bene. I tuoi occhi… sono così pieni di dolore che non posso dire di no. E poi, oggi siamo nella stessa situazione. Ti aiuto. E poi, la cena non può andare sprecata!
La strada verso casa dei genitori passò in un lampo. Marco le raccontò tutto: «Amo passeggiare lungo il Naviglio… Ci siamo conosciuti in libreria… Sì, Giulia, ma tutti mi chiamano Giulietta». Lei ascoltava, memorizzando ogni dettaglio come se si preparasse per una recita.
– Sei sicura di voler mentire? – le chiese prima di suonare il campanello, notando come giocherellava con una ciocca di capelli.
– Oggi sono stanca della verità, – rispose Giulia, prendendogli il braccio. – E dammi del tu, siamo una coppia, ricordi?
Sua madre, in vestito elegante, abbracciò la «fidanzata» con gioia. Suo padre, solitamente riservato, sorrideva raggiante:
– Finalmente Marco ci porta una bella ragazza! Giulia, raccontaci come vi siete conosciuti!
A tavola, Giulia brillò. Parlò del suo lavoro in biblioteca, della passione per i dischi vintage e i gatti, rise alle battute di suo padre. Marco la osservava incredulo: poche ore prima il suo mondo era crollato, e ora sorrideva mentre ascoltava una sconosciuta che sembrava perfetta nella sua vita.
I genitori erano entusiasti. Marco provava un lieve rimorso per la menzogna, ma sentiva che sarebbe andato tutto bene. Giulia lo aveva conquistato con la sua naturalezza e il suo calore. Con Beatrice era stato diverso: lei faceva sempre richieste, pretendeva di più. Lui aveva cercato di compiacerla con regali e attenzioni, ma non era mai stato abbastanza per lei.
Quando la accompagnò a casa, Marco le chiese il numero:
– Devo ringraziarti per il salvataggio. Possiamo uscire di nuovo?
– L’ora è scaduta, Cenerentola torna alla realtà, – scherzò lei, ma glielo diede comunque. – Poi vedremo.
Il loro primo vero appuntamento fu al «Girasole». Poi arrivarono le passeggiate sotto la pioggia, le chiacchierate fino all’alba, le risate che rimarginavano le ferite. Giulia, con la sua fiducia nel bene, gli aveva restituito la gioia di vivere.
Un giorno, per caso, incrociarono Beatrice. Era con il suo nuovo uomo, elegante in un completo costoso. Vedendo Marco con Giulia, si irrigidì, e nei suoi occhi balenò un barlume di rimpianto.
– Hai trovato una sostituta in fretta! – commentò con sarcasmo.
Marco strinse la mano a Giulia e rispose:
– Non è una sostituta. È la persona giusta.
Certo, tra loro c’erano stati litigi, perché entrambi avevano ancora paura di fidarsi completamente. Ma avevano davanti tutto il tempo per costruire il loro amore. Il destino gli aveva dato una seconda possibilità, e loro la stringevano come un raggio di sole dopo la tempesta.
Marco non confessò mai ai genitori che Giulia era stata una «fidanzata per un’ora». Ormai nonMentre camminava mano nella mano con Giulia sotto i lampioni accesi, Marco capì che a volte le bugie più innocenti possono portare alle verità più belle.