La sera d’autunno avvolgeva Milano in una luce dorata dei lampioni. Le foglie frusciavano sotto i piedi, creando un’illusione di pace. Lorenzo, avvolto in un cappotto scuro, stringeva un mazzo di gigli bianchi mentre aspettava davanti al portone dell’amata Beatrice. Quel giorno era speciale: avrebbe presentato Beatrice ai suoi genitori. Il cuore gli batteva forte per l’emozione, immaginando già il sorriso della madre, la stretta di mano del padre, le risate durante la cena. Ma il destino aveva in serbo per lui una ferita che sarebbe stata difficile da dimenticare.
Il portone cigolò e apparve Beatrice. Il suo aspetto contrastava con le sue aspettative: niente vestito elegante, solo una tuta consumata, i capelli raccolti in fretta, il viso senza trucco. Sembrava non avere alcuna intenzione di uscire.
— I gigli non servono — disse freddamente, spostando il mazzo. — Lorenzo, non voglio mentirti. C’è un altro. È più grande, di successo, può darmi tutto ciò che sogno. Tu sei un bravo ragazzo, ma… non siamo fatti l’uno per l’altro. Mi dispiace.
Le sue parole, affilate come un coltello, lo trafissero. Lorenzo non rispose. Non discusse, non chiese spiegazioni. Il mazzo di fiori, che poco prima simboleggiava il suo amore, finì nel cestino. E con esso, sembravano infrangersi anche tutti i suoi sogni. Si allontanò, sentendo un dolore sordo crescergli nel petto.
Il caffè «Gelsomino» lo accolse con il calore e l’aroma del caffè appena fatto. Era il loro posto, suo e di Beatrice, dove avevano passato serate a ridere e a sognare il futuro. Ora tutto gli ricordava il tradimento. Lorenzo si sedette al tavolo vicino alla finestra, ordinò un espresso e si immerse nei suoi pensieri. Come aveva potuto? Perché non glielo aveva detto prima? Perché proprio oggi, quando stava per presentarla alla sua famiglia?
A casa lo aspettavano i genitori. La madre avrà già apparecchiato con le stoviglie buone, pronta a conoscere la “ragazza perfetta” del figlio. Lorenzo provava vergogna al pensiero di dover dire loro la verità. Non meritavano una delusione così. La musica jazz che usciva dalle casse sembrava solo aumentare la sua malinconia. Ricordò come Beatrice si fosse allontanata negli ultimi tempi, i gioielli costosi che giustificava con “premi”. Come aveva fatto a non accorgersene?
A un tratto, il suo sguardo cadde sul tavolo di fronte. C’era una ragazza con i capelli castani raccolti in una crocchia scomposta. I suoi occhi, pieni di lacrime, fissavano la finestra, come se cercassero risposte nel buio. Lorenzo pensò: “Che giornata! Tutti con il cuore spezzato?”
Finito il caffè, si avviò verso l’uscita. Passandole accanto, urtò per sbaglio la sua borsa.
— Scusi, io non… — iniziò.
— Non fa niente, sembra la giornata delle scuse — rispose lei, forzando un sorriso. La sua voce, dolce e un po’ tremante, lo fermò.
Non sapeva perché avesse iniziato a parlarle. Forse perché i suoi occhi tristi riflettevano il suo stesso dolore. Si chiamava Margherita. Raccontò che il suo ragazzo, con cui sognava il matrimonio, l’aveva lasciata dicendo: “Sei troppo ordinaria per me”.
— Credevo che l’ordinarietà fosse sincerità — sospirò, aggiustandosi una ciocca di capelli. — Ma lui voleva una bambola, non me.
Margherita parlava come se stesse svuotando il cuore, e Lorenzo sentì che le sue parole erano un’eco della sua storia. Condivise la sua sofferenza, e tra loro nacque una conversazione leggera ma piena di complicità. A uno sconosciuto, stranamente, era più facile aprirsi.
All’improvviso squillò il telefono. La madre.
— Lorenzo, dove sei? Vi aspettiamo! La pasta si sta freddando! — la sua voce tremava di impazienza.
Lorenzo la immaginò in cucina, affaccendata, e capì che non poteva deluderla.
— Arrivo subito — rispose, poi guardò Margherita. Gli venne un’idea folle.
— Fingi di essere la mia fidanzata. Solo per un’ora. Poi sparirò dalla tua vita.
Margherita alzò le sopracciglia sorpresa, poi scoppiò a ridere:
— Ma sei un regista? Da dove ti vengono queste idee?
— I miei genitori ci tengono tanto… non voglio rattristarli — spiegò.
Lei rifletté, poi annuì:
— Va bene. I tuoi occhi… hanno così tanto dolore che non posso rifiutare. E poi, oggi siamo nella stessa barca. Ti aiuto. E poi, la cena non deve andare sprecata!
La strada per casa dei genitori passò in un lampo tra racconti inventati: “A noi piace passeggiare lungo il Naviglio… Ci siamo conosciuti in una libreria… Sì, Margherita, ma tutti mi chiamano Marghe.” Lei ascoltava attentamente, memorizzando i dettagli come se si preparasse per una recita.
— Sei sicura di voler mentire? — le chiese davanti alla porta, notando come giocherellasse nervosamente con una ciocca di capelli.
— Oggi sono stanca della verità — rispose Margherita, prendendogli il braccio. — E chiamami “tu”, siamo una coppia, ricordi?
La madre, in un vestito elegante, li abbracciò entusiasta. Il padre, solitamente riservato, sorrideva a più non posso:
— Finalmente Lorenzo ci porta una ragazza così bella! Margherita, raccontaci, come vi siete conosciuti?
A tavola, Margherita si sciolse. Parlò del suo lavoro in biblioteca, della passione per i dischi vintage e i gatti, rise alle battute del padre. Lorenzo la osservava incredulo: poche ore prima il suo mondo era crollato, e ora sorrideva ascoltando questa sconosciuta che sembrava essere sempre stata lì.
I genitori erano felici. Lorenzo provava un po’ di rimorso per la bugia, ma in fondo credeva che tutto sarebbe andato bene. Margherita lo aveva conquistato con la sua spontaneità. Con Beatrice era stato diverso: lei poneva condizioni, chiedeva sempre di più. Lui aveva cercato di accontentarla, ma non era mai bastato.
Dopo la cena, Margherita si congedò. Lorenzo le chiese il numero:
— Devo ringraziarti per avermi salvato. Magari posso invitarti a cena davvero?
— L’ora è scaduta, Cenerentola ritorna alla realtà — scherzò lei, ma glielo diede. — Poi vedremo.
Il loro primo vero appuntamento fu al «Gelsomino». Poi arrivarono le passeggiate sotto la pioggia, le chiacchierate fino all’alba, le risate che rimarginavano le ferite. Margherita, con la sua fiducia nel bene, gli aveva ridato la gioia di vivere.
Un giorno incontrarono Beatrice per caso. Era con l’uomo nuovo, elegante, in un costoso abito grigio. Vedendo Lorenzo con Margherita, si irrigidì e nei suoi occhi passò un’ombra di rimpianto.
— Hai trovato presto la mia sostituta! — commentò con sarcasmo.
Lorenzo strinse la mano a Margherita e rispose:
— Non è una sostituta. È la persona giusta.
Certo, tra loro ci furono anche discussioni, perché entrambi ancora temevano di fidarsi completamente. Ma c’era tanto tempo per rafforzare il loro legame. Il destino gli aveva dato una seconda opportunità, e la afferrarono come lE così, passo dopo passo, impararono che a volte il dolore più grande può diventare la porta verso una felicità che non avevano mai immaginato.