La cucina si riempì dell’aroma intenso del minestrone che Sofia Romano mescolava vigorosamente, sbuffando e ansimando. Dominava quello spazio angusto come una regina, impartendo ordini con un gesto del cucchiaio di legno. Fuori, l’alba primaverile tingeva il cielo di grigio, ma per Laura, la nuora di Sofia, non c’era tempo per godersi la quiete. La sua tranquillità domestica era stata stravolta dall’arrivo dell’ospite perennemente scontenta, che non solo aveva sconvolto l’ordine ma sembrava essersi proclamata capofamiglia con un motto chiaro: “Qui comando io”.
Sofia Romano era una donna imponente. Le guance paffute le conferivano un’aria autorevole, e quei freddi occhi sotto folte sopracciglia ancora nere scrutavano con tale giudizio che veniva voglia di scusarsi anche solo per uno starnuto. Parlava con una sicurezza tagliente, come se le sue parole fossero verità incontestabili. Aveva iniziato dei lavori in casa sua e si era trasferita dai giovani “temporaneamente”.
“La camera da letto è piuttosto piccola,” borbottò la suocera la prima sera, scrutando la stanza. “Va bene, mi adatterò. Preparami un letto con lenzuola pulite, non quelle usate. Non sono qua come in un albergo, sono dai miei figli.”
Laura rimase di sasso. “Ma questa è la nostra camera,” obiettò timidamente, senza nascondere il fastidio. “Io e Luca dormiamo qui!”
La suocera sbuffò. “E allora? Avete un divano largo in salotto. Siete giovani, resistete un po’. Ti piace troppo la comodità, eh? Io invece ho il mal di schiena! Fatemi spazio, non sarò qui per sempre.”
“Per sempre” suonava rassicurante. Ma Laura sapeva già che quel soggiorno “temporaneo” sarebbe stato più lungo del previsto.
Appena si stava abituando all’invasione, qualcuno bussò alla porta. Era Giulia, la figlia minore di Sofia, una ventenne spensierata e disoccupata, che entrò con una borsa enorme.
“Ciao, resto da voi,” annunciò, lasciando le scarpe sotto la porta. “Solo un paio di giorni. Dormirò pure per terra, ma sono senza un euro e mamma è qui, quindi nessuno mi sfama. Siete così ospitali, resterei per sempre. Laura, fammi un tè, sono stanca morta.”
Laura si sentì come se qualcosa di pesante le fosse caduto addosso. La casa era sua, il suo spazio privato. Eppure, con ogni nuovo arrivato, si sentiva sempre più un’estranea.
“Luca!” esclamò più tardi in cucina. “Ma che sta succedendo? Perché devo sopportare tutto questo? Si comportano come se fosse casa loro! Quando tua madre se ne va? E perché c’è anche Giulia?!”
Ma Luca scrollò le spalle. “Conosci mamma,” disse pacato. “È fatta così. Ignorala. Se ne andranno presto.”
“Presto quando? Fra una settimana o un mese?” ribatté Laura, alzando la voce. “Non chiedono nemmeno il permesso! E poi quella ‘regina’ si è presa la NOSTRA camera, Luca, tua madre!”
“Non cominciare, va bene?” la interruppe lui, irritato. “Mamma è anziana, dobbiamo aiutarla.”
Laura respirò a fondo e tacque. Ma dentro di sé, la rabbia ribolliva.
I giorni seguenti trascorsero lentamente, appiccicosi come la pece. Sofia continuava a comandare, mandava Laura a fare la spesa, insegnava come “cucinare per la famiglia” e criticava tutto, dal taglio di capelli di Laura alla sua “cucina insipida”. Laura stringeva i denti, preparando minestroni e verdure stufate, i piatti preferiti della suocera.
Poi, Sofia annunciò:
“Tra un paio di giorni arriva Marco, tuo cognato. Spero non abbiate nulla in contrario? Dopo il divorzio si annoia da solo in campagna. Resterà una settimana. Siete parenti stretti, avete spazio, e poi ha iniziato a bere… l’ho invitato io.”
Queste parole furono la goccia che fece traboccare il vaso.
“No.” La voce di Laura era ferma, persino a lei stessa parve strana.
“Cosa?” Sofia aggrottò le sopracciglia.
“Ho detto no. Basta. Niente Marco, niente Giulia, niente voi. Avete già soggiornato qui una settimana, ne ho abbastanza.”
La suocera la squadrò con uno sguardo gelido. “Che tono è questo? Lo hai chiesto a tuo marito?”
“Mio marito non c’entra. Questa casa è mia. E non tollererò più che imponghiate le vostre regole. A casa vostra fate come vi pare, ma qui no.”
Il viso di Sofia diventò paonazzo, le sopracciglia si contorsero. Ma qualcosa nel tono di Laura la fece esitare.
“Ah, è così?” borbottò dopo un attimo. “Bene, allora torno a casa mia. Non si può vivere in queste condizioni. Almeno ora so quanto sei ospitale.”
Entro sera, Sofia e Giulia avevano fatto le valigie, lanciando occhiate sprezzanti a Laura. Luca cercò di difendere sua madre con qualche parola incerta, ma Laura lo fissò freddamente.
“Se vuoi che questa famiglia funzioni, Luca, è meglio che ora tu stia dalla mia parte.”
Sei mesi dopo, Sofia chiamò per gli auguri del loro anniversario. Nella sua voce c’era una gentilezza nuova. Non dormì più da loro, non pretese mai la camera e, ogni tanto, elogiava i dolci di Laura quando faceva brevi visite. Non era più una regina ma un’ospite. E Laura, per la prima volta da molto tempo, sentì di essere finalmente rispettata.
A volte, per salvaguardare la propria pace, bisogna saper tracciare un confine. Anche con chi si ama.