Ostacolo Inaspettato

Il traffico
Le auto erano bloccate in file serrate, immobili da mezz’ora in entrambe le direzioni. I finestrini alzati, i climatizzatori accesi a piena potenza. Fuori, il caldo era insopportabile, più di trenta gradi, proprio come aveva previsto il meteo alla radio.

L’aria tremolava sopra l’asfalto, incandescente per il sole e il passaggio delle gomme. Nell’abitacolo della Fiat era fresco, ma restare fermi a fissare quella scena immobile, come un fotogramma bloccato, aveva ormai stancato.

Beatrice svitò il tappo della bottiglietta di plastica e bevve qualche sorso. Matteo notò che ne era rimasto meno di un terzo. Lei continuava a bere senza offrirgliela. No, lui avrebbe rifiutato, l’ultimo sorsetto gliel’avrebbe lasciato. Ma lei agiva come se lui non ci fosse.

“E questo quando finirà?” chiese Beatrice, irritata.

Erano le sue prime parole dopo aver lasciato la casa al mare. Il suo silenzio era peggio di un urlo. Avrebbe preferito che gridasse. Non litigavano mai, ma quando succedeva qualcosa, Beatrice taceva per ore, a volte giorni, facendo capire con ogni gesto che la colpa era sua. Matteo ammetteva, chiedeva scusa, ascoltava le sue rampogne monotone, e poi facevano pace.

“Che fai lì? Fai qualcosa!” Beatrice si scagliò di nuovo contro di lui, come se la colpa del traffico sul Grande Raccordo Anulare fosse sua.

Lui taceva. Non sapeva cosa dire o fare.

“E poi, perché siamo andati in quella stupida casa al mare? Tu ci vai, ma io? Per stare dall’altra parte del cancello mentre fai il tenero con tua figlia? Meglio fare shopping. O uscire con Michela, mangiare un gelato.” Si soffiò il naso.

“Ecco, adesso mi si è chiuso. Mancava solo prendermi un raffreddore per colpa di questo climatizzatore,” si lamentò ancora.

Matteo lo spense.

“Ma scherzi? Con questo sole, l’auto diventerà un forno in un minuto. Vuoi che ci cuociamo o soffochiamo?” sbottò Beatrice.

Matteo non ricordava che parlasse così tanto. Lo sorprendeva e lo metteva in allarme. Ma non disse nulla e riaccese il climatizzatore. Più avanti, tra le file di auto, un uomo camminava. Prima di raggiungere la Fiat, entrò in un’auto accanto.

“Hai visto? È arrivato da là. Forse sa perché siamo fermi,” ipotizzò Beatrice.

“Forse,” concordò Matteo.

“Allora che aspetti? Vai a chiedere,” disse lei, senza guardarlo.

“Chiedere cosa? Potremmo essere bloccati per chilometri. Pensi che in mezz’ora sia andato e tornato? Ne dubito.” Matteo la guardò e si sentì di nuovo in colpa.

“Dai, non possiamo restare qui per sempre. Prima o poi si sbloccherà. Tutti aspettano con calma. È il GRA, non una stradina secondaria. Mezza Roma è ferma qui.” Tacque. Anche Beatrice rimase in silenzio, fissando davanti a sé.

“Va bene.” Matteo scese dall’auto.

Si voltò a guardare la fila infinita di macchine, identiche a quelle davanti. L’uomo era salito su un’auto rossa. Bussò al finestrino, che si abbassò a metà.

“Scusi, ha visto cosa c’è più avanti? Sa perché siamo fermi?” chiese all’uomo al volante.

“Mi sembra che tutto il GRA sia bloccato. Nessuno sa niente. Forse un incidente o un attentato.”

Nulla di nuovo. Lo immaginava. Fuori, il caldo era opprimente come in una sauna. Mentre si chinava al finestrino, la camicia gli si appiccicò alla schiena, sudata e sgradevole. Tornò in auto. Alla radio non c’era traccia della causa del traffico.

“Allora? Hai scoperto qualcosa?” chiese Beatrice, impaziente.

“No, è tutto bloccato più avanti. Forse tutto il GRA. Qualcuno dice che è un attentato.”

“Lo sapevo. E perché ti ho ascoltato e sono venuta con te?” gemette.

Matteo le diede ragione. Non avrebbe dovuto insistere. Sarebbe rimasto con sua figlia, come lei voleva, evitando il traffico. Sarebbe ripartito la sera, con il fresco, quando tutto si sarebbe sbloccato.

E tutto era iniziato così bene…

***

Il telefono squillò, svegliando Matteo. Senza guardare lo schermo, rispose.

“Papà, vieni?” la voce di Sofia.

“Ciao. Ti sei dimenticato che oggi è il compleanno di tua figlia?” Ora parlava l’ex moglie. “Scommetto che non hai nemmeno comprato un regalo,” la voce carica di rimprovero.

“No, non mi sono dimenticato, sto partendo ora,” disse frettolosamente, aprendo gli occhi. Il sole era già alto. Allontanò il telefono dall’orecchio: le nove e mezza.

Ricordava il compleanno fino alla sera prima. Ma poi era uscito con Beatrice e degli amici, e tutto gli era sfuggito di mente.

“Papà, non voglio regali, vieni solo tu, mi manchi!” urlò Sofia in sottofondo prima che la chiamata terminasse.

Si erano sposati quasi tredici anni prima. Dieci anni vissuti come cane e gatto, torturandosi a vicenda. Non era innamorato. Era capitato dopo una festa, svegliandosi accanto a una ragazza che a malapena riconosceva.

Un mese dopo, lei lo cercò all’università: “Sono incinta.” “Non è male,” pensò Matteo, e propose di sposarsi. I genitori erano scioccati, lo dissuadevano. Sua madre dubitava fosse figlio suo, voleva un test prima del matrimonio.

Lo fece solo dopo la nascita di Sofia. Era senza dubbio sua. Matteo se ne innamorò subito, appena la tenne in braccio in ospedale. Per questo sopportò i litigi con la moglie, le gelosie, le critiche. Avrebbe continuato, se non avesse incontrato Beatrice.

Altera, fredda, attraente come una dea greca, non urlava come l’ex moglie. Taceva, punendolo così. Il suo unico difetto. Girava per casa in short e top, provocandolo. Matteo chiedeva scusa anche senza colpa.

Si invidiava per averla al suo fianco.

Dopo la chiamata, Beatrice chiese cosa fosse successo. Le spiegò di essersi dimenticato del compleanno, di dover andare alla casa al mare dove Sofia e l’ex moglie passavano l’estate.

“Vuoi andartene? Adesso? E io resto qui sola tutto il giorno?” Beatrice fece il broncio, nuda, dirigendosi verso il bagno. La vista del suo corpo lo folgorò, la seguì.

“Vieni con me.” Matteo la guardò speranzoso.

“Mi porti dalla figlia e dall’ex moglie?”

“Beh, sì. Che c’è? Siamo divorziati…” si turbò un po’. Era sicuro che avrebbe rifiutato, quindi continuò. “È bellissimo là, il fiume, il bosco, facciamo il bagno…”

“Dici sul serio?”

“Certo. Muoviamoci.”

Comprarono un regalo e partirono. Come previsto, all’ultimo Beatrice ebbe paura e rimase in auto.

Sofia gli saltò al collo, lo strinse. Matteo sentì quanto le mancasse. Il tempo volò. Quando disse di dover partire, Sofia scoppiò in lacrime.

L’ex moglie, accanto, ascoltò le scuse sulla strada, il traffico, il lavoro il giorno dopo…

“Papà deve andare. C’è qualcuno in macchina cheMentre guidava via, sentì che quella pazza giornata lo aveva finalmente portato dove doveva essere, accanto a qualcuno che lo aspettava davvero.

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