Ostacolo sulla via della felicità

**Il peso alle spalle**

Mi sono lasciata con il ragazzo con cui pensavo di aver condiviso così tanto. Si chiamavano Marco e Giulia. Eravamo insieme da quasi due anni, avevamo persino deciso di vivere sotto lo stesso tetto. Ma più il tempo passava, più mi rendevo conto che no, con lui non potevo costruire un futuro. Mi irritava profondamente: la sua pigrizia, il caos in casa, le scuse infinite sul lavoro, il telefono perennemente accanto a lui sul divano.

Quella sera, tornando da un turno estenuante all’ospedale, ho deciso: basta. A casa, come al solito, regnava il disordine. Marco, con la barba incolta e una maglietta sgualcita, scorreva distrattamente i social.

“Marco, prepara le tue cose. È finita,” dissi senza esitazione.

“Ma sei impazzita? Cosa c’è che non va adesso?!” urlò, balzando in piedi.

“Non va più niente. Non voglio trascinarti dietro come un peso. Vattene.”

“Te ne pentirai. Dove vuoi che vada a quest’ora?”

“Dai tuoi genitori, da chi vuoi. Ma qui non rimani.”

Sbatté la porta, dicendo che me ne sarei pentita. Ma non tremai. “Ogni porta che si chiude è un’opportunità per aprirne un’altra,” ricordai tra me e me. Mi sedetti sul divano, libera, e per la prima volta da mesi sentii un peso sollevarsi dalle spalle.

I miei genitori, soprattutto mia madre, erano felici.

“Finalmente ti sei sbarazzata di quel parassita. Hai ventisette anni, è ora di pensare a una famiglia,” disse mia madre, Adriana, con tono sermonante.

Lo sapevo già. Lavoravo come infermiera al pronto soccorso. Non era certo un posto tranquillo: ogni giorno arrivavano persone in condizioni disperate. A volte ero così stanca che non riuscivo nemmeno a sollevare le braccia, e a casa mi aspettava… un’altra montagna di cose da fare: cena, pulizie, le lamentele di Marco.

Dopo la rottura, la mia vita diventò più semplice: un panino preso al volo, una doccia e via a letto. Niente rimproveri, niente drammi.

Poi, qualche mese dopo, arrivò lui, Luca. Aveva accompagnato un amico in ospedale dopo un incidente e mi aveva notata subito. Gli piaceva il mio sguardo. Provò a parlarmi, ma non ci riuscì. Il mattino dopo, però, tornò e mi aspettò all’uscita. Alto, biondo, con un sorriso dolce, mi piacque immediatamente.

Da l’inizio, tutto tra noi andò veloce. Era premuroso, sincero, sapeva ascoltare. Lavorava con suo padre nell’azienda di trasporti e aveva tempo e voglia di stare con me.

Dopo un paio di mesi, parlai ai miei genitori di Luca. Adriana si irrigidì, il viso diventò serio.

“Salve, accomodatevi,” disse freddamente quando lo vide.

A cena, mio padre cercò di essere gentile, ma mia madre rimase quasi in silenzio. Luca si sentiva a disagio, io ero confusa.

Più tardi scoprii la verità: la madre di Luca era Silvia, l’ex migliore amica di mia madre, che anni prima le aveva rubato il fidanzato. Da allora, Adriana la odiava. Anche se poi si era sposata, aveva avuto me, rimaneva convinta che la sua vita sarebbe potuta essere migliore. Perciò, vedendo il figlio della sua rivale, non riuscì a nascondere il disgusto.

“O lui o io,” mi impose Adriana.

Ma scelsi l’amore. Raccontai tutto a Luca. Lui scrollò le spalle:

“Non siamo responsabili del passato dei nostri genitori. Viviamo qui e ora.”

Ne parlò anche a sua madre, spiegandole chi ero. Silvia rifletté un attimo:

“Avete la vostra vita. Non serbo rancore. Siate felici.”

Ci sposammo. I genitori vennero al matrimonio, ma rimasero agli opposti della sala. Adriana non sorrise mai. Silvia, invece, era sinceramente felice.

Sono passati mesi. Io e Luca viviamo per conto nostro, visitiamo entrambe le famiglie. Ma tra i nostri genitori, ancora silenzio.

“Forse con un nipote il ghiaccio si scioglierà,” dice speranzoso Luca.

Intanto, siamo felici insieme. E abbiamo appena scoperto che presto, in casa nostra, si sentiranno risate di bambino.

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