*L’Ostacolo sulla Strada della Felicità*
Ginevra aveva appena chiuso con il ragazzo che, all’inizio, le sembrava perfetto. Si chiamavano Matteo e Ginevra. Insieme da quasi due anni, avevano perfino preso casa, ma più il tempo passava, più Ginevra capiva che con lui non sarebbe mai invecchiata. La pigrizia, il caos in casa, le scuse sul lavoro, e quel maledetto telefono sempre incollato tra le dita mentre se ne stava afflosciato sul divano: tutto la esasperava.
Quella sera, dopo un turno massacrante all’ospedale, decise: bastava. A casa, come al solito, il disordine regnava sovrano. Matteo, barba incolta e maglietta sformata, scorreva distrattamente i social.
«Matteo, prepara le valigie. È finita», disse lei, senza lasciare spazio a dubbi.
«Ma sei impazzita?! Cosa c’è che non va adesso?!», urlò lui, balzando in piedi.
«Non va *tutto*. Non ho intenzione di portarti sulle spalle per il resto della vita. Vattene.»
«Te ne pentirai. E dove vado a quest’ora?»
«Dai tuoi, dagli amici, non so. Ma qui non ci stai più.»
Sbatté la porta, promettendole che se ne sarebbe pentita. Ma Ginevra non ebbe un attimo di esitazione. *Una porta che si chiude è un’altra che si apre*, pensò, citando a memoria qualcuno. Si lasciò cadere sul divano e, per la prima volta da mesi, si sentì leggera.
I genitori, soprattutto la madre, esultarono.
«Finalmente ti sei sbarazzata di quel parassita! Hai ventisette anni, è ora di pensare al futuro», commentò sua madre, Beatrice, con tono sentenzioso.
Ginevra lo sapeva bene. Lavorava come infermiera al pronto soccorso: non esattamente un posto da sogno. Tra fratture, ferite e urla, tornava a casa stremata, solo per trovare altre faccende in attesa: cena, pulizie, e le lamentele di Matteo.
Dopo la rottura, la sua vita si semplificò: panino al kebabbino, doccia e nanna. Niente rimproveri, niente drammi.
Poi, qualche mese dopo, entrò in scena Davide. Aveva accompagnato un amico al pronto soccorso dopo un incidente, e l’aveva notata subito. Quel suo sguardo deciso lo aveva folgorato. Provò a parlarle, ma senza successo. Il giorno dopo, però, si presentò all’ospedale e l’aspettò. Alto, biondo, con un sorriso che ispirava fiducia: l’effetto fu immediato.
Da lì, tutto filò liscio. Si rivelò premuroso, sincero, capace di ascoltare. Lavorava con suo padre nel settore dei trasporti e trovava sempre il tempo per lei.
Dopo qualche mese, Ginevra presentò Davide ai genitori. Beatrice si irrigidì, il viso un misto tra lo shock e lo sgomento.
«Buongiorno, accomodatevi», disse gelida, guardando il giovane.
A cena, il padre provò a rompere il ghiaccio, mentre Beatrice rimase muta. Davide era a disagio, Ginevra confusa.
Poi venne fuori la verità: la madre di Davide era Alice, l’ex migliore amica di Beatrice, colei che le aveva soffiato il fidanzato ai tempi del liceo. Da allora, Beatrice serbava un odio viscerale per lei. Anche se si era sposata, aveva avuto Ginevra, e una vita dignitosa, continuava a credere che senza Alice tutto sarebbe stato diverso. Perciò, vedendo il figlio della sua nemica, non riuscì a nascondere il disgusto.
«O lui o io», le intimò Beatrice.
Ma Ginevra scelse l’amore. Raccontò tutto a Davide, che scrollò le spalle.
«Non siamo colpevoli del passato dei nostri genitori. Viviamo il presente.»
Lo stesso fece con sua madre, spiegandole chi fosse Ginevra. Alice rifletté un attimo, poi sorrise.
«Avete la vostra vita. Io non porto rancore. Siate felici.»
Si sposarono. I genitori parteciparono al matrimonio, ma stando agli antipodi. Beatrice non sorrise mai, Alice invece gioì sinceramente.
Passarono i mesi. Ginevra e Davide vivono ora per conto loro, alternando visite alle due famiglie. Tra i genitori, però, il silenzio persiste.
«Forse con un nipotino il ghiaccio si scioglierà», sussurrava Davide speranzoso.
Intanto, loro sono felici così. E solo ultimamente hanno scoperto che presto, in casa, risuonerà una risata in più…