Il figlio e la nuora cacciarono l’anziano padre dalla sua stessa casa. L’uomo anziano quasi congelava quando una zampa toccò il suo viso.
Vittorio sedeva su una panchina ghiacciata in un parco di Torino, rabbrividendo per il freddo pungente. Il vento ululava come una bestia affamata, la neve cadeva a fiocchi e la notte sembrava un abisso nero infinito. Guardava nel vuoto davanti a sé, incapace di comprendere come fosse finito per strada, lui che aveva costruito la sua casa con le proprie mani.
Solo poche ore prima si trovava tra le mura familiari che conosceva da una vita. Ma suo figlio, Giovanni, lo guardò con fredda indifferenza, come se di fronte a lui ci fosse uno sconosciuto.
— Papà, per noi e Chiara qui è diventato troppo stretto, — disse senza esitazioni. — E poi, non sei più giovane, starai meglio in una casa di riposo o in qualche stanza in affitto. Hai la pensione, no?
Chiara, la nuora, restava accanto a lui, annuendo silenziosamente, come se fosse la decisione più naturale del mondo.
— Ma… questa è la mia casa… — la voce di Vittorio tremava non per il freddo, ma per il dolore del tradimento che lo lacerava dentro.
— Tu stesso hai trasferito tutto a me, — Giovanni scrollò le spalle con una tale freddezza che Vittorio rimase senza fiato. — I documenti sono firmati, papà.
E in quel momento l’anziano capì: non gli era rimasto nulla.
Non discusse. L’orgoglio o la disperazione — qualcosa lo spinse semplicemente a voltarsi e ad andarsene, lasciando tutto ciò che gli era caro.
Ora sedeva nel buio, avvolto in un vecchio cappotto, e i suoi pensieri erano confusi: come era possibile che avesse avuto fiducia in suo figlio, lo avesse cresciuto, dato tutto, e alla fine fosse diventato superfluo? Il freddo gli penetrava le ossa, ma il dolore nell’anima era più grande.
Improvvisamente sentì un contatto.
Una calda zampa pelosa si posò delicatamente sulla sua mano intirizzita.
Davanti a lui c’era un cane — enorme, peloso, con occhi buoni, quasi umani. Guardò attentamente Vittorio, poi premette il naso umido sulla sua mano, come a dire: «Non sei solo».
— Da dove vieni, amico? — sussurrò l’anziano, cercando di trattenere le lacrime che minacciavano di sgorgare.
Il cane scodinzolò piano e tirò lievemente l’orlo del suo cappotto.
— Cosa vuoi fare? — si meravigliò Vittorio, ma nella sua voce non c’era più la disperazione di prima.
Il cane tirava caparbiamente e l’anziano, sospirando pesantemente, decise di seguirlo. Cosa aveva da perdere?
Camminarono per alcune strade coperte di neve, finché non si aprì una porta di una piccola casa davanti a loro. Sulla soglia si trovava una donna, avvolta in uno scialle caldo.
— Bruno! Dove sei stato, birbante?! — iniziò lei, ma vedendo l’anziano tremante, si fermò. — Dio mio… State male?
Vittorio voleva dire che ce l’avrebbe fatta, ma dalla gola gli uscì solo un sospiro rauco.
— Vi state congelando! Entrate subito! — afferrò la sua mano e, quasi di forza, lo trascinò dentro casa.
Vittorio si svegliò in una stanza calda. Nell’aria aleggiava il profumo di caffè appena fatto e qualcosa di dolce — probabilmente delle brioche alla cannella. Non capì subito dove si trovava, ma sentiva il calore diffondersi nel corpo, scacciando il freddo e la paura.
— Buongiorno, — risuonò una voce morbida.
Si girò. La donna che lo aveva salvato la notte precedente si trovava sulla soglia con un vassoio in mano.
— Mi chiamo Maria, — sorrise. — E voi?
— Vittorio…
— Ebbene, Vittorio, — il suo sorriso si allargò, — il mio Bruno raramente porta qualcuno a casa. Siete fortunato.
Lui rispose con un debole sorriso.
— Non so come ringraziarvi…
— Raccontatemi come siete finito in strada con questo gelo, — chiese, posando il vassoio sul tavolo.
Vittorio esitò. Ma negli occhi di Maria vide tanta sincera partecipazione che improvvisamente raccontò tutto: della casa, del figlio, di come era stato tradito da coloro per cui aveva vissuto.
Quando finì, nella stanza calò un silenzio pesante.
— Rimanete qui, — disse improvvisamente Maria.
Vittorio la guardò, colmo di stupore.
— Cosa?
— Vivo da sola, solo io e Bruno. Mi manca qualcuno accanto, e a voi serve una casa.
— Io… nemmeno so cosa dire…
— Dite «sì», — sorrise di nuovo, e Bruno, come per confermare, premette il naso sulla sua mano.
E in quel momento Vittorio capì: aveva trovato una nuova famiglia.
Dopo alcuni mesi, con l’aiuto di Maria, si rivolse al tribunale. I documenti che Giovanni gli aveva fatto firmare furono dichiarati nulli. La casa tornò a lui.
Ma Vittorio non ci ritornò.
— Quel posto non è più mio, — disse piano, guardando Maria. — Che se lo prendano pure.
— E giusto così, — annuì lei. — Perché la tua casa è ora qui.
Guardò Bruno, la cucina accogliente, la donna che gli aveva donato calore e speranza. La vita non era finita — stava appena iniziando, e per la prima volta da molti anni Vittorio sentì che poteva ancora essere felice.