Il paradiso culinario di Annabella
Quando io e Matteo entrammo nell’appartamento di Annabella, fui subito avvolta da un profumo così intenso che per un attimo dimenticai il motivo della nostra visita. Odori di carne appena sfornata, di dolci tiepidi e di spezie che sembravano danzare nell’aria. Mi fermai sulla soglia, chiusi gli occhi e respirai a fondo: era un aroma di casa, di festa e di qualcosa di magico. Quando poi guardai la tavola, rimasi senza parole. Vi erano piatti che avrebbero potuto essere esposti in un museo d’arte culinaria. Onestamente, non sapevo da dove cominciare: ammirare o afferrare un piatto.
Annabella, mia cara amica d’infanzia, era da sempre un’artista in cucina, ma quella sera superò se stessa. Eravamo lì per una cena “senza motivo”, solo per chiacchierare e passare la serata insieme. Mi aspettavo qualcosa di semplice: un’insalata, magari un pollo arrosto, del tè con biscotti. Ma quello che vidi fu uno spettacolo gastronomico. La tavola traboccava di prelibatezze: un arrosto di maiale con una crosta dorata di erbe aromatiche, patate al rosmarino, verdure disposte come un quadro, e una crostata con una superficie dorata che profumava di mele e cannella. E poi le salse: tre diverse, in minuscole coppette, ognuna un capolavoro.
“Annabella, ma vuoi aprire un ristorante?” esclamai, incapace di distogliere lo sguardo da tanta bellezza. Lei rise e scosse la mano: “Oh, Silvia, volevo solo coccolarvi un po’. Sedetevi, assaggeremo tutto!” Matteo, mio marito, solitamente poco loquace, stava già allungando la forchetta, ma lo fermai: “Aspetta, prima devo fare una foto per i social!” Annabella alzò gli occhi al cielo, ma si vedeva che era felice. Era così: cucinava con il cuore, poi fingeva che fosse niente.
Ci sedemmo e cominciò il vero banchetto. Assaggiai la carne: si scioglieva in bocca, con un tocco d’aglio e qualcos’altro che non riuscivo a identificare. “Annabella, che magia è questa?” chiesi, e lei sorrise: “L’ingrediente segreto è l’amore!” Risi, ma in fondo ci credetti. Perché altrimenti anche una semplice insalata di pomodori e cetrioli poteva diventare un’opera d’arte? Matteo, che di solito mangia in silenzio, sbottò: “Annabella, se cucini così ogni giorno, vengo a vivere da te”. Scoppiammo a ridere, ma notai che stava già pensando al bis.
Mentre mangiavamo, Annabella ci raccontò come aveva preparato ogni piatto. Aveva passato l’intera giornata in cucina, e alcuni piatti li aveva ereditati dalla nonna. “Questa crostata,” disse, “la nonna la faceva per ogni festa. Io ho solo aggiunto vaniglia e un po’ più di cannella”. Ascoltavo e pensavo: come fa ad avere tanta pazienza? Io, dopo un’ora in cucina, sono già stanca. Il mio piatto forte sono gli spaghetti al formaggio, e solo se il formaggio è già grattugiato. Ma lì, ogni boccone era una sinfonia di sapori, fatta con tanto amore che avrei voluto abbracciarla.
Ma la cosa più incredibile era l’atmosfera che Annabella aveva creato. Non solo il cibo, ma tutta la casa sembrava respirare calore. Sul tavolo c’era un piccolo vaso di fiori, le candele accese creavano una penombra accogliente, e dalle casse usciva una dolce melodia jazz. Mi resi conto che da tempo non mi sentivo così rilassata. Persino Matteo, che di solito dopo cena si immerge nel telefono, rideva e raccontava storie della sua giovinezza. Annabella aveva trasformato una serata qualunque in una festa.
Tra una fetta di crostata e una tazza di tisana, le chiesi: “Come fai a fare tutto? Lavoro, casa, e poi cene come questa!” Rimase un attimo pensierosa e rispose: “Sai, Silvia, per me cucinare è come meditare. Metto la musica, taglio le verdure, impasto: e i problemi svaniscono. E poi, quando vi vedo mangiare, capisco che ne vale la pena”. La guardai e pensai: vorrei avere un briciolo del suo talento e della sua pazienza. Forse allora imparerei a fare una torta invece di ordinare una pizza per ogni occasione.
Prima di andare via, Annabella ci diede un contenitore con gli avanzi della crostata e dell’arrosto. “Tenete,” disse, “la finirete a casa!” Provai a rifiutare, ma insistette: “Silvia, non discutere, l’ho fatto per voi”. Uscimmo con Matteo, e capii che quella serata non era stata solo sul cibo. Era stata sull’amicizia, sul calore, sul saper condividere. Annabella mi aveva ricordato quanto sia importante fermarsi a volte, ritrovarsi e godersi il momento.
Ora penso di doverla invitare a casa nostra. Ma sono già in panico: cosa le preparerò? I miei spaghetti non saranno mai al suo livello. Forse ordinerò sushi e fingerò di averlo fatto io? Scherzo, naturalmente. Forse le chiederò qualche ricetta e proverò a stupirla. Se non ci riesco, le dirò semplicemente: “Annabella, tu sei la regina della cucina, io sto ancora imparando”. E so già che riderà e dirà che quel che conta è la compagnia. Perché è così, lei.