Partita, perché stanca di essere una moglie “scomoda

Eh, allora, senti questa storia…

“Me ne sono andata perché ero stanca di essere la moglie ‘scomoda'”

— Caterina, hai un attimo? — sospirò Gabriele, mentre sua moglie continuava a correre avanti e indietro tra la cucina e il tavolo, preparando antipasti e insalate per gli ospiti che sarebbero arrivati tra poco.

— Certo, Gabriele, che c’è? — si girò lei, asciugandosi le mani sul grembiule.

— Ecco, di nuovo… “Gabriele”. Ti ho chiesto mille volte di non storpiare il nome, suona terribile. E poi quelle tue cadenze, quelle parole… insomma, sembri ancora in campagna. Qui a Milano non si parla così.

— Ma io non nascondo da dove vengo. Da noi è normale parlare così. C’è chi mangia le doppie, chi allunga le vocali… che male c’è se ti chiamo “Gabri”? Peggio di “Caterina”?

— Non capisci. Stasera è una cena importante, i miei amici sono persone di un certo livello. Tu… scusami, ma non sei allo stesso livello.

Caterina si bloccò. Un brivido freddo le attraversò la schiena.

— E in cosa non sarei “allo stesso livello”? Le unghie non abbastanza laccate? Troppo semplice per discutere di investimenti e startup? Ma le tue amiche, Elena e Giulia, perfino Federica con Sara… mica sono imprenditrici! Noi ci sediamo a parte, ridiamo dei meme e mostriamo foto dei bambini. Qual è il problema?

— Non lo capiresti. Loro vengono da buone famiglie. Tu invece… — Gabriele esitò. — Mi metti in imbarazzo con gli altri.

— In imbarazzo? Quando ti accompagnavo in ospedale, allora andavo bene? Quando tornavamo dalla campagna con la macchina piena di conserve fatte dai miei genitori, allora ero utile? Ma se devi ricevere ospiti, divento “fuori luogo”? — strappò il grembiule e si diresse verso la camera da letto.

— Caterina, aspetta, non fare così… — iniziò lui, ma la porta già sbatteva.

Non sapeva che lei aveva sentito ogni parola. Appena lo sentì uscire, Caterina si sedette sul letto, nascondendo il viso tra le mani. Rabbia e dolore le serravano la gola. Quante volte l’avevano avvertita? “Ragazza di paese, non fa per un imprenditore milanese…” Ma lei aveva creduto. Nel loro amore. Nella sua bontà. Eppure, fino a quel momento, non gliene aveva mai dato motivo.

Si erano conosciuti all’ultimo anno di università. Lei studiava per diventare bibliotecaria, lui economia. Lui era timido, riservato, un po’ goffo. Le altre ragazze lo chiamavano “secchione” e ridevano di lui. Ma Caterina si era intenerita — odiava chi giudicava senza motivo.

Poi, in biblioteca, si erano rivisti. Lui balbettava, si agitava, e lei, con calma, gli aveva detto: “Fai un respiro e parla piano”. Era iniziato tutto così. Poi, appuntamenti, lunghe chiacchierate, sostegno. Lui era fiorito accanto a lei. Dopo un paio d’anni, il matrimonio, che persino i parenti più scettici avevano approvato.

E ora… tutto questo?

— Allora, quando eri nessuno, andavo bene. Ora che sei diventato “importante”, sono solo un peso? — pensò amaramente, tirando fuori la valigia.

Chiamò sua sorella, spiegò tutto in poche parole. Le propose subito di andare da lei. Il marito e i nipoti sarebbero stati felici di averla.

— E adesso cosa fai? — chiese la sorella.

— Torno dai miei. C’è un posto libero in biblioteca. Mi cercherò un appartamentino. Le robe le manderò dopo con un trasporto. L’importante è andare via.

Il telefono squillò. Sul display: Gabriele.

— Dove diavolo sei?! Gli ospiti arrivano tra due ore e qui non c’è né cena né padrona di casa!

— Tesoro, se sono troppo semplice per sedermi al tavolo con i tuoi “eletti”, immagino che qualcuno più raffinato dovrà prepararvi da mangiare. Quindi arrangiati. Me ne sono andata.

— Caterina, sei impazzita?!

— No. Sto uscendo dalla TUA vita. Domani chiederò il divorzio.

Rifiutò la chiamata e, senza perdere tempo, aprì i social. Scrisse un post breve ma diretto, su come in una sera si può passare da moglie amata a “vergogna della famiglia”.

Le prime a rispondere furono le mogli e le fidanzate dei suoi amici. Tutte dalla parte di Caterina. Poi, iniziò il finimondo. Persino gli amici di Gabriele le scrissero: “Caspita, non mi aspettavo questo da Gabriele”. Lui, invece, le mandò un messaggio furioso: “Grazie a te, ho litigato con tutti”.

Pensava davvero che le sue parole non avrebbero ferito nessuno? Che quelle donne, cresciute in piccoli paesi, non si sarebbero riconosciute in quel “troppo semplice”?

— L’hai fatto apposta? Volevi rovinarmi la vita?

— Te la sei rovinata da solo quando hai detto che non ero abbastanza per sedermi accanto a te. Quando hai smesso di rispettarmi. Mi conoscevi poco, Gabriele.

— E chi ti vorrebbe, una come te?

— Allora perché hai chiesto al giudice più tempo per riconciliarci?

Lui non rispose.

— È davvero un peccato che per una stupidaggine tu abbia distrutto la nostra famiglia.

— Se per te l’umiliazione è una “stupidaggine”, allora sei un tiranno o un idiota. E con gente così non ci sto.

Caterina camminava verso casa di sua sorella. Suo padre le avrebbe aiutato a trovare un appartamento. Il lavoro c’era. E l’amore… l’amore lo avrebbe incontrato di nuovo. L’importante era aver capito che gratitudine e rispetto valgono tanto quanto i sentimenti.

Rate article
Add a comment

;-) :| :x :twisted: :smile: :shock: :sad: :roll: :razz: :oops: :o :mrgreen: :lol: :idea: :grin: :evil: :cry: :cool: :arrow: :???: :?: :!:

7 − 4 =

Partita, perché stanca di essere una moglie “scomoda