«Pensavo che non saresti venuto…» — storia di un ritorno
Quando Andrea tornò a casa dal lavoro, gettò la borsa per terra, si tolse le scarpe e si diresse in cucina:
— C’è qualcosa per cena? — chiese, come al solito.
Fiorenza non si voltò neanche.
— Niente. Ma non importa. Oggi ho parlato con la padrona di casa. Le ho detto che ce ne andiamo alla fine del mese.
Andrea si bloccò.
— Cosa? Avevamo detto che non avevamo ancora trovato un’altra soluzione.
— E perché cercare? — si girò verso di lui con un sorriso. — Ci trasferiamo… da tua ex moglie, Eleonora.
Lui cadde sulla sedia, sbalordito.
— Fiorenza, ma sei impazzita?
— Assolutamente no. Lo hai detto tu che metà appartamento è ancora tuo. Risparmieremo, ho già trovato un asilo per Matteo lì vicino, e i negozi sono a due passi.
Andrea sentiva che il fiato gli mancava. Da tempo non si sentiva più padrone della propria vita. Il lavoro pagava meno, il progetto edile su cui aveva puntato tutto era rimandato, e i soldi scarseggiavano.
Con Fiorenza le cose andavano male da un bel po’. Lei era più giovane, esigente e abituata al lusso. Una volta, questo lo attraeva. Adesso lo sfiancava.
Esitò a lungo, ma alla fine chiamò Eleonora.
— Siamo nei guai. Ci servirebbe un posto per qualche mese.
— È casa tua anche questa, Andrea. Certo, venite pure — rispose lei, calma.
Quando arrivarono, Fiorenza si guardò intorno e storse il naso:
— Un po’ buio — borbottò, camminando per le stanze con le scarpe. — Ma va bene.
Eleonora sopportò tutto in silenzio. Ma quando si trattò della cucina, pose le regole:
— Si pulisce a turno. Ognuno fa da mangiare per sé. Frigo in comune, ma con gli spazi divisi.
Fiorenza sbuffò:
— Non siamo venuti qui per sottostare alle tue regole!
— E noi non vi abbiamo accolti in un albergo — replicò Eleonora, senza alzare la voce.
Il mese successivo fu un incubo. Fiorenza la prendeva in giro, insinuava che dovesse sloggiare. Ma Eleonora resisteva. Andrea taceva, perché sapeva: la colpa era tutta sua.
Una volta, Eleonora annunciò:
— Vado dai miei genitori. Mi riposerò. Vi prego solo, non rovinate la casa.
Fiorenza non riuscì a nascondere la soddisfazione. E il giorno dopo ricominciò:
— Ho ordinato un progetto per ristrutturare, scelto le piastrelle, serve il versamento…
Andrea perse le staffe:
— Ma sei fuori?! Non ne abbiamo mai parlato. Non ti darò un centesimo!
— E tu chi sei per decidere? — ribatté lei. — Da tempo non sei più un marito, solo un portafogli quasi vuoto.
La sera fece le valigie.
— Io e Matteo partiamo per Brescia. Se vorrai riprenderci, vieni pure. E porta i soldi.
Andrea tirò fuori la carta di credito e la gettò nella borsa.
— Vedrò mio figlio la domenica.
Quando la porta si chiuse, Andrea sentì, per la prima volta da anni, un senso di libertà. Si affacciò alla finestra e fissò a lungo il fiume.
Una settimana dopo, Eleonora tornò. In silenzio, come sempre. Lui sentì l’acqua scorrere in bagno e corse, dimenticandosi che in casa non era più solo.
— Scusa… — mormorò, quando la vide.
Lei andò in cucina, e lui, senza voltarsi, disse:
— Credo di amarti ancora.
— Anch’io, Andrea. Ma non si torna indietro. A meno di ricominciare da capo.
— Sono pronto — sussurrò.
— Pronto lui… — sorrise lei. — Immagino di doverti mantenere di nuovo. Allora, hai fame?
— Certo. Non mangio dalla mattina.
— Allora sbuccia le patate. Qui, tra l’altro, ognuno fa da sé…