Per Due Settimane un Gatto è Tornato alla Finestra: I Dipendenti Non Credevano ai Loro Occhi Quando Hanno Scoperto il Motivo

Per due settimane un gatto si presentò alla finestra. I dipendenti non potevano crederci quando scoprirono il motivo.

Nella sala dattesa irruppe Beatrice giovane, appena uscita dalla scuola professionale. Gli occhi le brillavano, le guance erano accese:

“Dottorina Valeria! È di nuovo qui! Ci crede?”

“Chi ‘lui’?” la direttrice del reparto si strofinò la fronte, stanca. Il turno di notte era stato pesante, e ora anche questo

“Il gatto! Grigio, con un orecchio bianco È lì da unora! E viene ogni giorno, ci pensa?”

“Cosa vuol dire ‘ogni giorno’?”

Valeria Rossi, responsabile della rianimazione, riordinò le cartelle prima del giro di visite. La nuova paziente della stanza quattro ancora non dava segni di ripresa. Quattordici giorni in coma dopo essere stata investita su un passaggio pedonale. Qualche pazzo aveva attraversato col rosso Come se non avessero già abbastanza problemi con i pazienti programmati!

Beatrice si sedette sul bordo della sedia:

“Sono già due settimane che viene. Alla finestra della stanza dove sta la signora Anna Maria. Si siede e guarda, guarda Gli inservienti lo scacciano, ma lui torna sempre. Lo abbiamo chiamato Il Turnista.”

Valeria fece una smorfia proprio quello che mancava, animali randagi in ospedale! Stava per sgridare linfermiera, ma il lavoro era troppo. Eppure, qualcosa nella voce di Beatrice la spinse ad alzarsi e avvicinarsi alla finestra.

Sul davanzale di una delle finestre, in effetti, cera un gatto. Grigio, con un orecchio bianco esattamente come aveva descritto Beatrice. Magro, ma chiaramente domestico: il pelo era arruffato, ma si vedeva che una volta era stato curato. Stava seduto in modo strano: dritto, non come fanno di solito i gatti, quasi una sentinella. E fissava, senza distogliere lo sguardo, la finestra della stanza dove giaceva la nuova paziente.

“Dio santo, che assurdità,” borbottò la direttrice. “Abbiamo una persona tra la vita e la morte, e noi qui a parlare di gatti”

Ma qualcosa in quella situazione la turbava. Forse il fatto che quel gatto tornasse ostinatamente, nonostante tutti i tentativi di scacciarlo? Che devozione! Non tutti gli esseri umani ne erano capaci.

“Che sappiamo di questa paziente?” chiese allimprovviso.

Beatrice scrollò le spalle:

“Quasi niente. Anna Maria Bianchi, cinquantadue anni. Vive da sola, a volte la visita la figlia. Lhanno investita su un passaggio pedonale, proprio vicino a casa”

“Quale casa?”

“Quel palazzo a cinque piani lì,” indicò linfermiera verso la finestra. “Quello grigio, oltre il recinto dellospedale.”

Valeria guardò di nuovo il gatto. Lui sembrò avvertire il suo sguardo girò la testa. Un brivido le corse lungo la schiena per lintensità di quegli occhi.

La risposta arrivò inaspettata quello stesso giorno, la figlia della paziente portò i documenti per la cartella clinica. Dalla cartella cadde una fotografia. Anna Maria vi era ritratta seduta su una poltrona, e tra le sue braccia un gatto grigio con un orecchio bianco.

“Questo” la voce di Valeria tremò. “Chi è?”

La figlia singhiozzò:

“È Micio, il gatto di mamma. Scomparso due anni fa scappò per strada quando gli idraulici lasciarono la porta aperta. Mamma affisse manifesti dappertutto, cercò in ogni cortile” Si asciugò le lacrime. “Sa, si è rifiutata perfino di traslocare. Diceva: ‘E se Micio tornasse? Come farebbe a trovarmi?'”

Valeria sentì un altro brivido. Quindi il gatto si era ritrovato, ma troppo tardi Forse era lì vicino quando la sua padrona fu investita e portata via dallambulanza. Seguendo lambulanza, aveva scoperto dovera. E come aveva trovato la finestra giusta? Forse aveva guardato in tutte

“Dove dove vive?” chiese Valeria.

“Qui, dietro lospedale. In quel palazzo grigio”

In quel momento, il silenzio del corridoio fu squarciato dal suono acuto dei monitor nella stanza di Anna Maria. Corsero Valeria, linfermiera, la figlia Il cardiofrequenzimetro mostrava i primi segni di risveglio. Del gatto, ovviamente, si dimenticarono tutti.

Quando Anna Maria aprì gli occhi per la prima volta, intorno a lei cera un viavai di medici. Luci accecanti, voci, il bip dei macchinari Tutto come in una nebbia.

“Mamma!” chiamò la figlia, Sofia. “Mamma, ci senti?”

Anna Maria tentò di annuire. Parlare era ancora impossibile la bocca era secca, la gola dolorante per i tubi.

“Piano, piano,” disse Valeria. “Non avere fretta. Sei stata bravissima”

Poco dopo, Sofia teneva la mano della madre e piangeva. Poi, improvvisamente, sorrise tra le lacrime:

“Mamma, ho una sorpresa per te! Non ci crederai Micio è tornato!”

Anna Maria trasalì, cercando di dire qualcosa. Nei suoi occhi cerano riconoscimento, stupore e gioia.

“Rimani tranquilla,” la trattenne dolcemente Valeria. “Non devi agitarti.”

“Immagina, mamma,” accarezzandole la mano, continuò Sofia, “ti ha trovata da solo! Veniva qui ogni giorno, si sedeva sotto la finestra I dottori lhanno notato. Quando ho portato la foto, lo hanno riconosciuto subito!”

Lacrime scorsero lungo il viso di Anna Maria.

“Lho portato a casa mia,” continuò Sofia. “Allinizio non voleva venire, voleva tornare allospedale. Ma ci siamo accordati lo porterò da te ogni giorno, appena potrò”

Quando Anna Maria fu trasferita in una stanza normale, Sofia arrivò con una borsa da cui provenivano miagolii di protesta.

“Non si possono portare animali qui!” sbottò uninserviente.

Ma Valeria fece un gesto di disappunto:

“Lasciatelo! Questo gatto si è guadagnato il diritto di stare qui più di molte persone.”

“Ma davvero” borbottò Beatrice, avvicinandosi. “Pensavamo fosse unallucinazione”

“Non era unallucinazione,” rispose piano Valeria. “A volte lamore è più forte di qualsiasi ostacolo, persino del tempo.”

“Micio, resisti ancora un po,” sussurrò Sofia, estraendo il gatto arruffato. “Stai per vedere mamma”

Il gatto si bloccò, annusò laria Poi si lanciò verso il letto un lampo di zampe.

“Attenta!” gridò Valeria, ma era troppo tardi.

Micio era già accanto al cuscino, strofinando il muso contro la padrona. Faceva le fusa così forte che sembrava si sentissero fino al corridoio. E lei piangeva e rideva insieme, accarezzandolo con mano tremante.

“Dio mio,” sussurrò Beatrice, asciugandosi furtiva una lacrima, “sembra una scena da film”

Da quel giorno, Sofia tornò ogni giorno. Con sorpresa, notò che Micio aveva imparato a riconoscere lora delle visite. Alle quattro in punto, iniziava a girare vicino alla porta miagolando insistentemente.

“Come fai a saperlo?” si meravigliava Sofia. “Sai leggere lorologio?”

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