Per evitare la vergogna, accettò di vivere con un marito goffo… Ma quando lui le sussurrò la sua richiesta all’orecchio, lei si bloccò…

Per evitare la vergogna, accettò di vivere con un uomo gobbo… Ma quando lui sussurrò la sua richiesta allorecchio, lei si accovacciò…
Vasco, sei tu, amore mio?
Sì, mamma, sono io! Scusa se è così tardi…
La voce di sua madre, tremante di ansia e stanchezza, giunse dal buio dellingresso. Era lì, in un vecchio accappatoio, con una torcia in manocome se lavesse aspettato per tutta la vita.
Vasco, tesoro mio, dove sei stato fino a notte fonda? Il cielo è nero, le stelle brillano come occhi di animali selvatici…
Mamma, io e Dino stavamo studiando. Compiti, preparazione… Ho perso la nozione del tempo. Scusa per non averti avvertito. Dormi così male…
O forse eri con una ragazza? sospettò improvvisamente, strizzando gli occhi. Ti sei innamorato, eh?
Mamma, ma che sciocchezze! rise Vasco, togliendosi le scarpe. Non sono il tipo che le ragazze aspettano sotto il portone. E poi, chi vorrebbe megobbo, con le braccia lunghe come una scimmia e la testa piena di capelli come erba selvatica?
Ma nei suoi occhi balenò dolore. Non gli disse che vedeva in lui non un mostro, ma il figlio che aveva cresciuto nella miseria, nel freddo, nella solitudine.
Vasco non era certo un belluomo. Appena un metro e sessanta, curvo, con braccia lunghe quasi fino alle ginocchia. La testa grande, riccioli che spuntavano come tarassaco. Da bambino lo chiamavano “scimmietta”, “spirito del bosco”, “stranezza della natura”. Ma era cresciutoe diventato più di un semplice uomo.
Lui e sua madre, Elena Rossi, erano arrivati in quella frazione quando aveva solo dieci anni. Fuggiti dalla cittàdalla povertà, dalla vergogna: il padre in prigione, la madre abbandonata. Erano rimasti solo loro due. Due contro il mondo.
Quel tuo Vasco non è fatto per vivere, borbottava la vecchia Teresa, osservando il ragazzo gracile. Sparirà nel nulla, senza lasciare traccia.
Ma Vasco non scomparve. Si aggrappò alla vita come una radice alla roccia. Cresceva, respirava, lavorava. Ed Elenauna donna con un cuore dacciaio e mani rovinate dal fornofaceva il pane per tutto il paese. Dieci ore al giorno, anno dopo anno, finché anche lei non cedette.
Quando si ammalò, incapace di alzarsi, Vasco diventò figlio e figlia, medico e infermiere. Lavava i pavimenti, cucinava la minestra, leggeva ad alta voce vecchie riviste. E quando morìsilenziosa come il vento che lascia i campilui restò accanto alla bara, stringendo i pugni, in silenzio. Perché le lacrime erano finite.
Ma la gente non dimenticò. I vicini portarono cibo, gli diedero vestiti caldi. E poiimprovvisamenteiniziarono a venire da lui. Prima i ragazzi, appassionati di radio. Vasco lavorava alla stazione radioriparava apparecchi, sistemava antenne, saldava fili. Aveva mani doro, anche se goffe allapparenza.
Poi arrivarono le ragazze. Alliniziosolo per un tè con la marmellata. Poiper restare più a lungo. Ridere. Parlare.
E un giorno notò: una di loroAriannarimaneva sempre lultima.
Non hai fretta? chiese, quando tutti se nerano andati.
Non ho nessun posto dove andare, rispose lei piano, guardando il pavimento. La matrigna mi odia. Tre fratellirozzi, cattivi. Mio padre beve, e io sono di troppo. Vivo da unamica, ma neanche lì posso restare per sempre… Da teè tranquillo. Sereno. Qui non mi sento sola.
Vasco la guardòe per la prima volta capì che poteva essere necessario.
Resta con me, disse semplicemente. La stanza di mamma è vuota. Sarai la padrona di casa. E io… non chiederò nulla. Non una parola, non uno sguardo. Resta qui, basta.
La gente iniziò a parlare. Sussurrava alle spalle:
Ma come? Un gobbo e una bella ragazza? È ridicolo!
Ma il tempo passò. Arianna puliva, cucinava la minestra, sorrideva. E Vascolavorava, taceva, si prendeva cura di lei.
E quando partorì un figlio, il mondo si capovolse.
A chi somiglia? chiedevano in paese. A chi?
Ma il bambino, Davide, guardava Vasco e diceva: “Papà!”
E Vasco, che mai aveva pensato di diventare padre, sentì qualcosa di caldo aprirsi nel pettocome un piccolo sole.
Insegnò a Davide a riparare prese, pescare, leggere sillabando. E Arianna, guardandoli, diceva:
Dovresti trovare una donna, Vasco. Non sei solo.
Sei come una sorella per me, rispondeva lui. Prima ti farò sposare. Con un uomo buono. Poi… vedremo.
E quelluomo arrivò. Giovane, del paese vicino. Onesto. Lavoratore.
Fecero il matrimonio. Arianna partì.
Ma un giorno Vasco la incontrò per strada e le disse:
Voglio chiederti una cosa… Lasciami Davide.
Cosa? si stupì lei. Perché?…
Lo so, Arianna. Quando hai un figliotutto dentro cambia. Ma Davide… non è tuo figlio. Lo dimenticherai. Io… non potrei.
Non te lo darò!
Non te lo sto portando via, rispose piano. Vieni a trovarlo quando vuoi. Lascialo solo vivere con me.
Arianna rifletté un momento. Poi chiamò il bambino:
Davide! Vieni qui! Dimmi, con chi vuoi starecon me o con papà?
Il bambino corse, occhi lucenti:
Non possiamo stare tutti insieme come prima? Con te e papà?
No, disse tristemente Arianna.
Allora resto con papà! esclamò Davide. E tu, mamma, vieni a trovarmi!
Così fu.
Davide rimase. E Vasco, per la prima volta, diventò davvero un padre.
Ma un giorno Arianna tornò:
Ci trasferiamo in città. Porto via Davide.
Il bambino scoppiò in lacrime, abbracciò Vasco:
Non vado da nessuna parte! Resto con papà! Con papà resto!
Vasco… sussurrò Arianna, guardando a terra. Lui… non è tuo.
Lo so, rispose. Lho sempre saputo.
Scapperò comunque da papà! urlò Davide, soffocando nei singhiozzi.
E scappò davvero. Ancora e ancora.
Lo riportavanolui tornava.
Alla fine Arianna si arrese.
Sia come vuoi, disse. Ha fatto la sua scelta.
E iniziò una nuova storia.
La vicina Maria aveva perso il maritoubriacone, despota, un uomo terribile. Dio non le aveva dato figliperché in quella casa non cera amore.
Vasco iniziò a passare per il latte. Poiper aggiustare la recinzione, riparare il tetto. Poisolo per un tè. Parlare.
Si avvicinarono. Lentamente. Con cautela. Da adulti.
Arianna scriveva lettere. Disse che Davide aveva una sorellinaDiana.
Portala qui, scrisse Vasco. La famiglia deve stare insieme.
Un anno dopo arrivarono.
Davide non si staccava dalla sorellina. La teneva in braccio, le cantava ninne nanne, le insegnava a camminare.
Figliolo, implorava Arianna. Vivi con noi.

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