**Diario personale**
“Per favore, solo 10 euro,” implorò il bambino, inginocchiato con la sua scatola da lustrascarpe davanti al dirigente. “È per la mamma…”
Edoardo Romano non era un uomo che si lasciasse interrompere facilmente. Le sue giornate erano scandite dalla precisione di un orologio svizzero: riunioni, acquisizioni, uffici di marmo pieni di risate educate e caffè costosi. Quella mattina dinverno, si era rifugiato nella sua caffetteria preferita a Milano per controllare le email prima della riunione decisiva che avrebbe sancito lacquisto di un altro competitor.
Non si accorse subito del bambinonon finché una piccola ombra non si posò accanto ai suoi scarponi lucidi.
“Mi scusi, signore,” disse una vocina flebile, quasi coperta dal vento e dalla neve. Edoardo alzò lo sguardo dal telefono, infastidito, e vide un ragazzino di non più di otto anni, avvolto in un cappotto troppo grande e con guanti sfilacciati.
“Qualsiasi cosa tu venda, non mi interessa,” rispose secco, tornando a fissare lo schermo.
Ma il bambino non si mosse. Si inginocchiò sul marciapiede innevato, tirando fuori una vecchia scatola da lustrascarpe.
“Per favore, signore. Solo 10 euro. Glieli lascio splendenti. La prego.”
Edoardo sollevò un sopracciglio. La città era piena di mendicanti, ma questo era insistentee stranamente educato.
“Perché proprio 10 euro?” chiese, quasi controvoglia.
Il bambino alzò lo sguardo, e Edoardo vide una disperazione cruda in quegli occhi troppo grandi per il suo volto magro. Le guance erano arrossate dal freddo, le labbra screpolate.
“È per la mamma, signore,” sussurrò. “È malata. Ha bisogno di medicine e non ho abbastanza.”
La gola di Edoardo si strinseuna reazione che detestò immediatamente. Si era insegnato a ignorare quei sentimenti. La pietà era per chi non sapeva badare al proprio portafoglio.
“Ci sono i centri di accoglienza. Le carità. Cercane uno,” borbottò, allontanandolo con un gesto.
Ma il bambino insistette. Tirò fuori un panno dalla scatola, le dita rosse e rigide.
“Per favore, signore, non chiedo lelemosina. Lavoro. Guardi, le sue scarpe sono impolverate. Gliele lascerò così lucide che tutti i suoi amici ricchi saranno invidiosi.”
Una risata fredda gli sfuggì. Era assurdo. Si guardò intorno: gli altri clienti sorseggiavano espresso dentro il bar, fingendo di non vedere quel dramma patetico. Una donna con un cappotto logoro sedeva contro il muro vicino, la testa china, abbracciandosi per il freddo. Edoardo tornò a fissare il bambino.
“Come ti chiami?” chiese, irritato con se stesso per averglielo domandato.
“Luca, signore.”
Edoardo sospirò. Guardò lorologio. Poteva perdere cinque minuti. Forse il bambino se ne sarebbe andato se avesse ottenuto quello che voleva.
“Va bene. Dieci euro. Ma devono essere perfetti.”
Gli occhi di Luca brillarono come luci di Natale. Si mise subito al lavoro, strofinando il cuoio con una maestria sorprendente. Il panno girava in cerchi rapidi e precisi. Canticchiava piano, forse per tenere in movimento le dita intirizzite. Edoardo osservò la testa scarmigliata del bambino, sentendo un groppo al petto nonostante tutto.
“Lo fai spesso?” chiese, con durezza.
Luca annuì senza alzare lo sguardo.
“Tutti i giorni, signore. Dopo scuola, quando posso. La mamma lavorava, ma si è ammalata. Non riesce più a stare in piedi. Devo trovarle le medicine oggi o… o…” La voce gli si spense.
Edoardo guardò la donna contro il muroil cappotto sottile, i capelli arruffati, lo sguardo basso. Non si era mossa, non chiedeva nulla. Era lì, come se il freddo lavesse trasformata in pietra.
“È tua madre?” chiese Edoardo.
Il panno di Luca si fermò. Annuì.
“Sì, signore. Ma non le parli. Non le piace chiedere aiuto.”
Quando finì, Luca si sedette sui talloni. Edoardo guardò le sue scarpeerano così lucide che vi si specchiava, occhi stanchi compresi.
“Non mentivi. Bel lavoro,” disse, tirando fuori il portafoglio. Estrae un biglietto da dieci, esitò, e ne aggiunse un altro. Gli tese i soldi, ma Luca scosse la testa.
“Un paio, signore. Ha detto dieci euro.”
Edoardo aggrottò le sopracciglia.
“Prendi i venti.”
Luca scosse ancora la testa, più deciso.
“La mamma dice di non prendere quello che non abbiamo guadagnato.”
Per un momento, Edoardo lo fissòquel ragazzino minuscolo nella neve, così magro che le ossa sembravano tintinnare sotto il cappotto, ma con la testa alta come un uomo due volte più grande.
“Tienili,” disse infine, ficcandogli i soldi nella mano inguantata. “Considera il resto per la prossima lucidata.”
Il volto di Luca si illuminò di un sorriso così grande che faceva male vederlo. Corse dalla madre, si inginocchiò accanto a lei e le mostrò i soldi. Lei alzò lo sguardo, gli occhi stanchi ma pieni di lacrime che cercava di trattenere.
Edoardo sentì un nodo al petto. Colpa, forse. O vergogna.
Raccolse le sue cose, ma quando si alzò, Luca tornò di corsa.
“Grazie, signore! Domani la cercose ha bisogno di una lucidata, gliela faccio gratis! Promesso!”
Prima che Edoardo potesse rispondere, il bambino corse di nuovo dalla madre, abbracciandola. La neve cadeva più fitta, coprendo la città di silenzio.
Edoardo rimase lì molto più del necessario, fissando le sue scarpe lucide e chiedendosi quando il mondo fosse diventato così freddo.
E per la prima volta in anni, luomo che aveva tutto si chiese se davvero avesse qualcosa.
Quella notte, Edoardo non riuscì a dormire nel suo attico con vista sulla città ghiacciata. Il letto era caldo. La cena, preparata da uno chef; il vino, servito in calice di cristallo. Avrebbe dovuto essere soddisfattoma gli occhi grandi di Luca lo perseguitavano ogni volta che chiudeva i suoi.
Allalba, la sala riunioni avrebbe dovuto essere lunica cosa importante. Un affare da un miliardo. Il suo lascito. Ma quando le porte dellascensore si aprirono la mattina dopo, la mente di Edoardo non era sui grafici e i numeri che lo aspettavano. Invece, si ritrovò nella stessa caffetteria dove aveva incontrato il bambino.
La neve cadeva ancora in fiocchi leggeri. La strada era desertatroppo presto per un lustrascarpe. Ma eccolo lì: Luca, inginocchiato accanto alla madre, cercando di convincerla a bere un sorso di caffè annacquato.
Edoardo si avvicinò. Luca lo vide per primo. Il suo viso si illuminò con lo stesso sorriso speranzoso. Si alzò di scatto, scrollando la neve dalle ginocchia.
“Signore! Oggi ho più lucidoil migliore della città, lo giuro! Le lucido di nuovo le scarpe? Gratis, come le ho detto!”
Edoardo guardò le sue scarpe. Non