Per il cane, tutto era diventato indifferente; stava per lasciare questo mondo crudele…

Il cane ormai non si curava più di nulla, era pronto a lasciare questo mondo crudele

Ginevra Bianchi viveva da molti anni in una casetta di pietra ai margini del borgo di San Pietro dAlba. Quando la gente le diceva che era sola, lei rispondeva con un sorriso: Ma come potrei esserlo? Ho una famiglia numerosa! Le donne del villaggio annuivano gentile, ma appena si voltava, si scambiavano sguardi e si pizzicavano la fronte. Che famiglia è quella? mormoravano. Nessun marito, nessun figlio, solo animali Eppure erano proprio questi quadrupedi e pennuti che Ginevra considerava i suoi cari. Non le importava il giudizio di chi pensava che gli animali servissero solo a un utilitarismo: mucca per il latte, gallina per le uova, cane per la guardia, gatto per i topi. Nella sua casa vivevano cinque gatti e quattro cani, tutti al caldo dentro, non nel fienile, e questo lasciava gli abitanti del villaggio perplessi.

Tra di loro parlavano del loro stupore, sapendo che discutere con la signora eccentrica era inutile. A ogni rimprovero Ginevra rideva: Voi non capite, le strade ne hanno avuto a sufficienza, a noi basta la quiete di casa.

Cinque anni prima la sua vita si spezzò in un solo giorno: perse il marito e il figlio. Stavano rientrando da una giornata di pesca quando sulla strada di campagna una gigantesca motrice carica di legna sfrecciò verso di loro. Dopo il trauma, Ginevra capì che restare nella dimora che le ricordava i cari era impossibile. Non sopportava più di percorrere le stesse vie, entrare nei negozi familiari, incrociare gli sguardi compassionevoli dei vicini.

Dopo sei mesi vendette la casa e, con il gatto Luna, si trasferì in una casupola ai confini del villaggio. Destate lavorava in giardino, dinverno trovò lavoro nella mensa del centro sociale. Poco a poco la sua famiglia si arricchì di nuovi abitanti: alcuni chiedevano lelemosina alla stazione, altri gironzolavano vicino alla mensa in cerca di cibo. Così riunì attorno a sé creature un tempo sole e ferite dalla vita. Il suo cuore caldo guarisce le loro vecchie ferite, e loro le rispondono con fedeltà e amore.

Nutriva tutti, anche quando era difficile. Sapendo che non poteva accogliere animali allinfinito, più volte si prometteva di non prenderne altri Ma un marzo si trasformò in un febbraio rigido: la neve pungente coprì le strade, e la notte il vento sibilava tagliente.

Quella sera Ginevra correva verso lultimo autobus per il suo villaggio. Due giorni di riposo la attendevano; dopo il turno entrò nei negozi, comprò provviste per sé e per gli animali e portò anche del cibo dalla mensa. Le borse pesanti le gravavano le braccia, ma camminava concentrata sul calore della casa. Il cuore, però, era più attento degli occhi: a pochi passi dallautobus si fermò improvvisamente e si voltò.

Sotto una panchina giaceva un cane. Lo guardava fisso, ma lo sguardo era spento, vetroso. Il corpo era coperto di neve, sembrava fosse rimasto lì per diverse ore. Gente passava, avvolta in sciarpe, e nessuno si fermava. Nessuno lha notato? corse nella mente di Ginevra.

Sentì il petto stringersi. Dimenticò lautobus e le promesse fatte a sé stessa, corse, lasciò le borse e allungò la mano. Il cane fece un lento battere di ciglia. Grazie al Cielo, sei viva! esclamò, sollevata. Alzati, piccolina

Lanimale non si mosse, ma non opponeva resistenza mentre lei lo sollevava delicatamente. Sembrava che il cane avesse già deciso di andare via da questo mondo crudele

Non ricordò più come fosse riuscita a trasportare due sacchi pesanti e a portare il cane in braccio fino allautostazione. Una volta dentro, si sistemò in un angolo della sala dattesa e iniziò a massaggiare e riscaldare il piccolo corpo, stringendo le zampe gelate tra le mani.

Coraggio, tesoro, ti rimetterai; dobbiamo ancora tornare a casa, sussurrò. Diventerai la nostra quinta cagnolina, per fare i conti.

Dal sacco tirò una fettina di polpettone e la porse allospite ghiacciata. Allinizio il cane si allontanò, ma, dopo essersi scaldato un po, il suo sguardo si ravvivò, le narici tremarono, e accettò il cibo.

Unora dopo Ginevra era già sulla soglia con la cagnolina, che chiamò Mila, alzando la mano per fermare unauto, perché lautobus era già partito. Con una stoffa improvvisò una specie di collare e guinzaglio, anche se non ne aveva veramente bisogno: Mila camminava al suo fianco, attaccata alle scarpe. Dopo dieci minuti una macchina si fermò.

Grazie di cuore! disse Ginevra. Non si preoccupi, prenderò la cagnolina in braccio, non sporcherà nulla. Non ho problemi, rispose il conducente. Che la metta sul sedile, è una buona compagna.

Mila, tremante, si strinse alla padrona, e le due si sistemarono sui suoi ginocchi. Così è più caldo, sorrise Ginevra.

Il conducente annuì, alzò il riscaldamento, e proseguì in silenzio. Ginevra, guardando i fiocchi di neve riflessi nei fari, abbracciava la nuova amica, mentre luomo lanciava occhiate furtive al profilo stanco ma sereno della passeggera. Capì di aver trovato una creatura da portare a casa.

Arrivati davanti alla casa, luomo aiutò a portare le borse. La neve davanti al cancello era alta così da doverla spingere con la spalla. I vecchi cardini arrendevano: il cancello cadde di traverso. Non importa, sospirò Ginevra. Era ora di sistemarlo.

Dal focolare scoppiò un allegro latrato e miagolio; la padrona corse alla porta. Sul cortile spuntò lintera banda a pelo e piuma. Allora, vi aspettavo! Ecco la nuova arrivata! presentò Mila, che sbucava da dietro le sue gambe.

I cani scodinzolavano, annusavano le borse che luomo teneva. Che freddo siamo a stare fuori, osservò Ginevra. Entrate, se la grande famiglia non vi spaventa. Vi offro un tè? Grazie, ma è già tardi, rispose il passante. Alimentate i vostri, hanno fame di carezze.

Il giorno seguente, verso mezzogiorno, Ginevra sentì bussare il cortile. Indossò il cappotto e uscì, trovando il conducente del giorno prima. Stava fissando nuovi cardini al cancello, con gli attrezzi sparsi accanto. Buongiorno! sorrise. Sono Vittorio, il ragazzo che ha rotto il cancello, sono venuto a ripararlo. Come si chiama? Mi chiamo Ginevra rispose lei.

La sua famiglia con la coda girò intorno allospite, annusando e scodinzolando. Luomo si sedette per accarezzarli. Ginevra, entra in casa, non congelare. Finisco subito e poi potremo bere un tè. Ho anche una torta in macchina e qualche dolcetto per la tua grande famiglia.

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